Disinformazione mediatica, un fenomeno sempre più diffuso secondo Agcom
Disinformazione, filter bubble, echo chambers, e bombardamento mediatico: il mondo odierno dell’informazione si caratterizza di mille e più sfaccettature che complicano il processo di reperimento e di interpretazione delle informazioni stesse da parte degli utenti, creando una spaccatura tra questi ultimi, secondo quanto riportato dall’ultima analisi svolta da Agcom.
Il suddetto rapporto di Agcom, eseguito grazie alla collaborazione di Gfk, mette in evidenza la realtà duale che caratterizza il consumo informativo dei nostri tempi: da un lato, una cospicua fetta di minorenni si informa tramite un’unica fonte (generalmente social), mentre dall’altro lato, vi è una minoranza più colta che confronta più fonti e mezzi mediatici per avere una conoscenza più completa, o comunque quanto più vicina alla verità dei fatti. Tale “sete” di conoscenza, però, non sempre porta a un percorso semplice da seguire, né tanto meno da comprendere: nonostante l’informazione a portata di mano, consultabile quando e dove vogliamo (grazie a canali quali Internet, radio, quotidiani, e tv), la ricerca di più fonti può dimostrarsi spesso contraddittoria e difficile da apprendere.
Citando il Corriere della Sera:
“Colpisce, ad esempio, che, pur in un ambito di crescita di Internet e delle fonti cosiddette “algoritmiche” (motori di ricerca e social network), la tv resti il mezzo con la maggiore valenza informativa. Ma ancor più che i quotidiani, benché consultati per informarsi tutti i giorni da meno del 20% degli individui del campione (14000 persone), guadagnano terreno se si considera una frequenza di lettura meno ravvicinata nel tempo, raggiungendo livelli di accesso non molto distanti da quelli di Internet e della radio”.
Avere più possibilità di accesso all’informazione, questa sorta di “cross-medialità”, può causare l’effetto opposto, cioè una “frammentazione di tempi, di ascolto e di contenuti”. Ciò significa che il nostro modo di fruire le informazioni è più superficiale e disattento, causando alti livelli di disinformazione appunto, nonostante l’esposizione al mare magnum di notizie. Non solo: sempre più diffuso è il fenomeno delle echo chambers e del bubble filters: il primo riguarda quei circoli virtuali di persone che si rivolgono solo a chi la pensa come loro; il secondo, invece, concerne il mondo della pubblicità online: si tratta di tutte quelle inserzioni e suggerimenti di pagine che figurano in base ai gusti, alla posizione e alle ricerche svolte dall’internauta, che vengono di volta in volta “registrate” nel corso della sua navigazione su Internet. Questi fattori non possono che portare l’utente finale a rifugiarsi in una sorta di comfort zone, in cui l’evoluzione dei propri interessi e la propria crescita formativa non sono ammessi.
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