Con la Delibera n. 133/18/CONS l’AGCOM ha diffidato TIM a rispettare gli obblighi di fornitura dei servizi di accesso wholesale, ponendo pronto rimedio alle criticità dei suoi sistemi di delivery.
Stando ai dati presentati dall’AGCOM, TIM deve rimodulare la data di attesa consegna degli ordini degli altri operatori autorizzati. Tra gli altri obblighi regolamentari in capo a TIM, già da tempo figurava anche il rispetto dei KPO (key performance objectives) fissati dall’Autorità. Inoltre, una delibera del 2015 aveva fissato un piano di migrazione alla nuova catena di delivery, chiamata NCD, al fine di migliorare le performances del sistema di provisioning rispetto al modello precedentemente utilizzato, il CRM.
Così facendo, TIM era tenuta a rafforzare le garanzie di parità di trattamento relativa in particolare alla gestione commerciale degli ordini, alla semplificazione delle causali di scarto e alla razionalizzazione delle modalità di gestione delle giacenze.
Per il passaggio definitivo all’NCD, era stato istituito un Tavolo Tecnico di confronto tra gli operatori, che si è riunito in diverse occasioni dal Febbraio del 2017 al Febbraio del 2018.
I risultati sono stati poco felici per TIM: gli operatori hanno evidenziato un’ancora troppo elevata percentuale di ordini scaduti, sebbene il trend sia in diminuzione grazie al nuovo standard adottato.
In particolare per alcuni servizi come il bitstream e il VULA le performances sono strettamente negative, con picchi di ordini scaduti pari al 27%. Stando ai dati esposti da Wind Tre, poi, il 36% degli ordini ULL (l’accesso disaggregato alla rete locale) sono andati oltre la data di attesa consegna.
Nella sua delibera, l’Autorità ha allegato diverse tabelle che analizzano gli ordini rifiutati o non realizzabili. Stando ai dati, si conclude che la migrazione alla NCD ha fatto rilevare numerose criticità dovute alle modalità di implementazione del sistema. Il principale problema è quello del peggioramento della giacenza oltre la data di attesa consegna, i cui risultati si pongono in totale difformità rispetto al requisito prioritario della nuova catena.
Tutti questi elementi hanno spinto l’autorità a diffidare TIM per far sì che la società riesca quantomeno a portare i valori osservati della NCD ai livelli della vecchia catena dell’ultimo quadrimestre del 2017, che presentava valori nettamente migliori.
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