La settimana di Piazza Affari si è chiusa in negativo a causa dell’annuncio del presidente degli Stati Uniti di Donald Trump di aumentare i dazi doganali sull’alluminio e sull’acciaio, così come è accaduto a TIM, che a fine giornata di venerdì 2 marzo 2018 ha chiuso con un -2,05% dopo, però, aver raggiunto quota 0,7416 euro durante la giornata, a quanto pare grazie all’upgrade degli analisti di Bernstein.
Secondo quanto riportato da Milano Finanza, la banca tedesca ha infatti valutato il titolo di TIM a un target price, cioè il prezzo del titolo atteso, a 0,9, complici una serie di fattori che avrebbero inciso positivamente sul marchio. Bernstein ha infatti portato la valutazione di TIM da market perform, che consiglia all’investitore di mantenere in portafoglio il simbolo, a outperform, criterio che consiglia di acquistarlo.
Il primo elemento favorevole alla crescita del titolo sarebbe stato la nuova fase dei rapporti con le istituzioni governative che la direzione ha inaugurato. Oltre al dialogo ripreso, a contribuire è stato infatti il consenso di TIM alla neutralità della rete, questione smentita nei mesi precedenti. A ciò si aggiungono i progetti futuri, l’importanza che costituisce la joint venture con Canal+ nell’arricchire il potenziale dell’offerta che TIM proporrà ai propri clienti e il nuovo piano industriale 2018-20 che dovrà essere approvato dal Consiglio di Amministrazione di martedì 6 marzo 2018.
Ottimistiche anche le previsioni sugli effetti dell’ingresso di Iliad, giudicate meno direttamente dirompenti sul mercato della telefonia, in virtù del largo anticipo che i concorrenti hanno avuto per prepararsi all’attacco.
Tale impatto secondo Bernstein non dovrebbe essere troppo negativo per TIM e Vodafone, dotate di reti più isolate di maggiore qualità, diversamente da quanto potrebbe rischiare Wind Tre. Le elevate perdite previste sui ricavi da parte dei concorrenti potrebbero essere frutto di una stima esagerata secondo il broker tedesco.
Limitata dovrebbe essere anche l’azione che nel mercato all’ingrosso Openfiber sta portando avanti con l’accrescimento della sua presenza sia nelle aree urbane e sia nelle aree rurali. La minaccia competitiva non sarebbe così scontata.
Quarto fattore è stato infine il free cash flow, la differenza tra flussi in entrata per gestione operativa e flussi in uscita per investimenti, che ammonta al 10%, a fronte di un scambio al di sotto dello sconto storico del settore e dello sconto storico Italia.
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