Tempi di cambiamenti per l’elettronica di consumo: se un tempo, si metteva piede nei punti vendita di noti marchi come Mediaworld, Euronics, Unieuro e Trony, per ricevere consulenza ed acquistare, oggi, invece, basta qualche click per comprare smartphone e altri dispositivi elettronici direttamente da casa. Il sito tra i più consultati è quello di Amazon che sta letteralmente ribaltando l’intero settore.
A pagarne maggiormente le conseguenze sembrerebbe Trony e, nello specifico, uno dei suoi associati, la Dps (che ne gestisce 36 punti vendita) capitanata dall’imprenditore pugliese Piccini, che ha richiesto il concordato preventivo. Ci sarebbero 400 posti di lavoro a rischio (secondo i sindacati, 650), ma le cose non starebbero esattamente così, come sostiene Stefano Belingheri, direttore generale del gruppo Gre, titolare del marchio e della centrale d’acquisto che fornisce i negozi Trony: “Abbiamo acquistato pagine a pagamento su tre dei maggiori quotidiani italiani per spiegare che Trony non sta andando a rotoli. È una fake news lanciata sul web senza alcuna verifica“.
L’amministratore delegato di Trony precisa che “Il fallimento è di Dps, non nostro. Non dimentichiamo che l’elettronica di consumo è un mercato che vale ancora 14,5 miliardi di euro“. Non sarà Trony ad essere in fallimento, ma perdere un associato a capo di 36 pdv non è comunque rincuorante.
Ma c’è un altro protagonista nella vicenda, un marchio 100% italiano, che sta seguendo da vicino la crisi di Dps Group, di cui è disposto a rilevare alcuni dei suoi punti vendita: Unieuro. Quest’ultimo sta seguendo una direzione controcorrente: la sua strategia è di puntare sull’e-commerce, come dichiara lo stesso ad Giancarlo Nicosanti Monterastelli: “Purtroppo il settore non è stato al passo con le abitudini di acquisto dei consumatori e l’e-commerce non è necessariamente una minaccia, anzi. Ciò che sta avvenendo è una selezione naturale tra chi accetta il cambiamento come un’opportunità e chi lo subisce, finendo per soccombere”. E precisa: “Il nostro obiettivo è replicare ciò che Best Buy ha fatto negli Stati Uniti, capillarità e un canale di vendita online sono l’unica risposta possibile“.
Non se la passa tanto bene neanche il brand tedesco Mediaworld dai 115 punti vendita, che ha chiuso i conti in rosso, ha spostato la sede da Bergamo ad un paesino della Brianza, e ha annunciato 180 esuberi, dopo aver chiuso due punti vevendi a Milano e Grosseto. Euronics, invece, ha perso 2 dei 12 imprenditori che usavano il suo marchio, e i punti vendita di Lazio e Abruzzo se li è portati a casa Unieuro.
Per non parlare dei dipendenti appesi ad un filo di incertezza, che ammonterebbero ad un totale di 1500, stando alle parole di Alessio Labio della Filcam-Cgil. Chissà come si comporterà il Ministero dello Sviluppo Economico.
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