Secondo quando dichiarato dal IlSole24ore.com., Tim ha depositato il piano di adeguamento alle misure imposte dal Governo con un decreto ministeriale del Ministero dello Sviluppo Economico il 16 ottobre 2017. In particolare, tali misure, come ricordato precedentemente, riguardavano prima di tutto provvedimenti in materia di governance, cioè di di incarichi e gestione aziendale.Entro 90 giorni TIM, e le società controllate totalitarie Sparkle e Telsy dovevano adeguarsi a quanto stabilito dal governo con l’attribuzione della delega per le funzioni relative alle attività aziendali rilevanti per la sicurezza nazionale a un consigliere di amministrazione che fosse italiano, munito di Nulla Osta di Sicurezza e ritenuto idoneo per l’incarico dal Governo.
Oltre a questo requisito, la delega per le attività rilevanti avrebbe dovuto comprendere la responsabilità di un’unità organizzativa, prevista per partecipare alle decisioni sulle attività strategiche, a sua volta posta a capo di un funzionario alla sicurezza da scegliere all’interno di una terna di nominativi proposti dal Dipartimento per la Sicurezza della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Il piano individuato da TIM per attuare tali misure sarebbe stato presentato a fine dicembre 2017, ma ignote sono effettivamente i contenuti della proposta. Sembrerebbe che TIM avesse individuato le aree sensibili della gestione delle attività aziendali di Sparkle (la società che gestisce il traffico dei dati con i suoi 560.000 chilometri di rete), Telsy (la società che fornisce software e infrastrutture per la protezione dei dati anche ad enti militari e governativi) e della stessa TIM. Si tratterebbe tuttavia di misure che non inciderebbero sul business e che non avrebbero alcun onere economico per la società; un piano non del tutto coerente con le richieste del governo.
Se TIM ha però rispettato i termini per la presentazione della proposta che dovrebbe garantire una maggiore tutela degli interessi nazionali, dall’altra parte a palazzo Chigi non sarebbe stato ancora istituito il comitato di monitoraggio che dovrebbe valutare il piano. Il decorso di ulteriore tempo avrebbe conseguenze inibitorie sul diritto di ricorso di TIM contro i decreti del governo.
D’altra parte TIM avrebbe fatto decorrere i 60 giorni per l’impugnazione al Tar del decreto del 16 ottobre, proprio per rinunciare ad ulteriori contrasti con l’esecutivo e se quest’ultimo dovesse ritardare a dare una risposta potrebbero scadere anche i termini per il ricorso al Presidente della Repubblica, la cui scadenza è fissata al 13 febbraio.
Diversa è la questione sul secondo decreto del golden power, la cui notifica è stata comunicata da TIM il 2 novembre 2017. Tale decreto, riferito all’art.2 del decreto legge n.21 del 15 marzo 2012, impone alcune misura per i piani di investimento, manutenzione e sviluppo sulle reti di TIM, al fine di preservarne l’integrità e la funzionalità. TIM dovrà inoltre comunicare qualsiasi decisione che abbia a che fare con la sicurezza, la disponibilità e il funzionamento delle reti. I tempi relativi al provvedimento sono più lunghi (per essi il ricorso al Tar è ancora possibile).
Stando però agli ultimi sviluppi dei rapporti tra la società e il governo e al nuovo approccio dell’amministratore delegato Amos Genish potrebbe essere plausibile la ricerca di una soluzione consensuale per l’esercizio dei poteri speciali che così prontamente il governo, e in particolare il ministro Calenda, ha voluto azionare sin da agosto 2017. All’impetuosa iniziativa, tuttavia, deve corrispondere adesso un’altrettanto pronta risposta.
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