Cos’è Sparkle, la società di TIM che gestisce una fetta importante delle comunicazioni globali, su cui il Governo vuole intervenire?

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Il 31 luglio 2017 il Ministro Calenda notificava alla Presidenza del Consiglio l’avvio di un’istruttoria mirata ad accertare l’obbligo di notifica da parte di Vivendi, socio con il 23,94% delle quote azionarie, della posizione ritenuta di controllo assunta su TIM per atti, operazioni e/o delibere adottati dal socio francese.

Carlo Calenda, Ministro Sviluppo Economico

Vivendi, sin dal comunicato del 4 agosto avrebbe contestato l’esistenza della questione del controllo di TIM ai sensi dell’art.2359 del codice civile, in quanto nella riunione del Consiglio di Amministrazione del 27 luglio era si era discusso esclusivamente del profilo della direzione e del coordinamento.

L’acquisizione della direzione e del coordinamento di TIM, avrebbe permesso alla società francese, tra le tante cose, di candidare per il Consiglio di Amministrazione un dirigente apicale proveniente da Vivendi, Amos Genish, rimpiazzando il posto vacante di Flavio Cattaneo e di completare la joint venture tra TIM  e Canal+ per ampliare l’offerta nel mercato dei contenuti.

Nonostante la risposta di Vivendi data tramite l’Autorité des Marches Financiers, richiesta dalla Consob (Commissione Nazionale per la Società e la Borsa) per chiarire la propria posizione, quest’ultima avrebbe dimostrato le dieci fattispecie che provavano il controllo di Tim da parte dei francesi (dall’esclusiva iniziativa di Vivendi a proporre la risoluzione del contratto di Cattaneo, alla nomina di Amos Genish come direttore operativo). Dopo pochi giorni, esattamente nella metà di settembre, Vivendi ha dichiarato il proprio controllo sulle attività di Sparkle e Telsy.

Le due società svolgono un importante ruolo nell’ambito della sicurezza, anche nazionale, tanto da essere state al centro della discussione del Governo nella definizione del comportamento da avere nei confronti di Vivendi e TIM, per evitare che il controllo per mano straniera di queste due attività, qualora accertato, potesse generare elevati pericoli.

Indiscrezioni riportano che soprattutto il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni il 13 settembre avrebbe sostenuto in una riunione del Copasir (Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica), organo che esercita un controllo sui servizi segreti italiani, la strategicità di Sparkle. Quest’ultima definizione è più attinente ad un profilo politico, piuttosto che giuridico, come sostenuto da Franco Debenedetti, Presidente dell’istituto Bruno Leoni e figlio di papà Carlo, ex presidente Olivetti.

Sparkle è la rete internazionale, il sistema di infrastrutture internazionale, che permette il trasferimento delle comunicazioni voce e traffico dati in più di ben 50 paesi. Con i suoi apparati e server disposti in 37 Paesi del mondo e i suoi 560.000 chilometri di rete, di cui 450.000 costituiti da cavi sottomarini, Sparkle interconnette Europa, Nord Africa, Medio Oriente e le Americhe. Il tutto sotto la proprietà di TIM, a sua volta, da agosto, sempre più condizionata dalla direzione e dal coordinamento di Vivendi. La particolarità di Sparkle (e anche di Telsy), è che essa è la piattaforma cloud da cui passano anche i dati sensibili delle comunicazioni intergovernative e dei servizi di sicurezza (e quindi anche dei servizi segreti) degli Stati coinvolti, e che è assicurata da un sistema di ridondanza che permette di garantire una piattaforma alternativa qualora vi sia un’interruzione del sistema. TIM Sparkle è il decimo operatore internazionale per la portata del traffico trasferito e settimo per la qualità dei dati.

Il suo “quartier generale” è in Sicilia, da dove partono le reti di connessione in tutti i punti cardinali. La delicata importanza di Sparkle si percepisce anche quando si pensa che l’80% del traffico dati dal Mediterraneo verso le Americhe passa dalla sua rete e quando si pensa che i grandi marchi della comunicazione e dell’informazione (Facebook, Google) si servono della sua infrastruttura. La rete internazionale di cavi di TIM rappresenta inoltre uno snodo importante per gli altri colossi della comunicazione mondiale.

Questi presupposti avrebbero giustificato l’intervento del Governo italiano nelle decisioni relative alla società, in quanto una posizione più prevalente dei francesi di Vivendi avrebbe potuto pregiudicare il controllo nazionale di Sparkle. Come però ha sostenuto Franco Debenedetti, se il Governo italiano intervenisse concretamente sul suo pezzo di Sparkle ogni Stato potrebbe invocare la stategicità della propria parte di rete, procedendo alla protezione anche sotto il profilo giuridico della stessa.

Il 16 ottobre 2017 TIM ha ricevuto il provvedimento con cui il Governo ha azionato le misure previste dal decreto legge 21/2012 (golden power), condizionando la società italiana in alcune decisioni di governance, cioè di assetti delle cariche societarie.

In particolare è stato imposto a TIM un termine di 90 giorni, con scadenza per il 16 gennaio 2018, per adeguare le proprie deleghe e i propri incarichi societari alle misure del Governo in materia di assegnazione delle funzioni relative alle attività aziendali rilevanti per la sicurezza nazionale nelle socità di TIM, Sparkle e Telsy. Tali incarichi dovranno essere attribuiti a un cittadino italiano, munito di Nulla Osta di Sicurezza, e ritenuto per tale incarico idoneo dal Governo. Un’unità organizzativa dovrà intervenire nelle questioni che riguardano le attività strategiche e la rete di TIM e la sua direzione sarà affidata ad un funzionario indicato dal Dipartimento delle informazioni per la sicurezza della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Tale Organizzazione della Sicurezza entrerebbe attivamente nella gestione delle attività di TIM nelle sue decisioni e in quelle di Sparkle e Telsy. Meno probabile sembra essere uno scorporo di Sparkle, in linea con la volontà del governo Gentiloni di non dar luogo ad una Golden Power punitiva, bensì correttiva.

A fine dicembre TIM avrebbe presentato il piano di riorganizzazione delle deleghe societarie delle attività aziendali rilevanti per la sicurezza nazionale, ma sembrerebbe che esso non sia del tutto corrispondente con le richieste del governo. A ciò si aggiunge il fatto che, nonostante la determinazione con cui l’esecutivo ha avviato l’istruttoria ad agosto 2017, a Palazzo Chigi non è stato ancora istituito il comitato di monitoraggio che dovrebbe valutare la proposta di TIM, compromettendone l’eventuale ricorso da parte della società, i cui termini sono prossimi alla scadenza. Grave e incerta sarebbe quindi l’ipotesi in cui ad occuparsi di tale questione fosse il prossimo governo, che verrà nominato dopo le elezioni parlamentari del 4 Marzo 2017.

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