Telecomunicazioni

Call center: dalla guerra dei prezzi ai processi di trasformazione e sviluppo

Il mercato relativo ai call center è in fase di stallo perché le aziende si stanno letteralmente scontrando in una guerra dei prezzi, con diverse conseguenze negative come l’abbassamento della qualità del servizio e la diminuzione di investimenti nel settore, impedendo così di raggiungere i livelli di contact center evoluti dove è il servizio offerto a fare la differenza, non le basse tariffe. Ma grazie a nuove regole, il settore sta piano piano rialzandosi.

E’ un mercato che tende sempre di più alla concentrazione (le prime 10 aziende per fatturato coprono il 56% dei ricavi), così diventa difficile, per tante imprese, mantenere i minimi contrattuali stabiliti dalla legge.

Laura Di Raimondo, direttore Asstel, spiega in un’intervista pubblicata sul quotidiano “La Repubblica“, che i call center stanno attraversando un processo di trasformazione e di sviluppo grazie all’introduzione di diverse novità come i contratti collettivi con i quali è stato stabilito un compenso minimo orario e uno specifico piano sanitario per coloro che lavorano nei call center.

A giugno Asstel (che conta come associate le principali aziende di call center) ha firmato un protocollo con l’Anpal (nuova agenzia per le politiche attive del lavoro) che prevede percorsi di riqualificazione dei lavoratori per cogliere le opportunità offerte dal digitale e combattere la crisi, molto frequente in tale settore.

Infatti, i lavoratori licenziati dai call center sono di difficile ricollocazione, dal momento che il lavoro è ritenuto poco qualificato (più della metà dei circa 80000 impiegati in Italia non va oltre il diploma di scuola media superiore). L’età è concentrata in una fascia tra i 40 ed i 50 anni, per la quale non sono previsti incentivi né all’assunzione né all’impiego. Quindi, quello dei call center non è più un lavoro dedicato ai giovani o alle mamme part-time in cerca di un’ occupazione occasionale, al contrario è diventato un posto di lavoro stabile che fa crescere il costo del lavoro a causa dell’anzianità dei dipendenti.

Dal governo sono arrivati vari contributi per favorire una valorizzazione dei servizi e dei lavoratori. Infatti dall’1° Aprile 2017 una nuova norma impone agli operatori di precisare da dove stanno chiamando; e, nel momento in cui essi chiamano da un paese extraeuropeo, il cliente ha il diritto di farsi ricontattare o far trasferire la chiamata a un consulente telefonico situato nell’ UE. Inoltre, il Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, ha proposto di sottoscrivere un protocollo con il quale le principali aziende, che fanno uso di call center in outsourcing, si impegnano a limitare la delocalizzazione.

La richiesta è stata accolta finora da 13 grandi utilizzatori dei servizi call center: Eni, Enel, Sky, Mediaset, Tim, Vodafone, Wind Tre, Fastweb, Intesa San Paolo, Unicredit, Poste Italiane, Ntv e Trenitalia. Dall’altro lato, i sindacati hanno proposto di superare il sistema di gare al minuto di conversazione in favore di altre modalità,  per non comprimere i salari ed evitare un eccesso di telefonate moleste.

Carlo Calenda, Ministro dello Sviluppo Economico

Un esempio di innovazione è l’azienda Comdata Group che è cresciuta grazie alla loro capacità di organizzazione del lavoro e agli investimenti sulla formazione. Adriano Mureddu, chied human resources officer di Comdata Group, afferma che i servizi continueranno a crescere, trainati dall’e-commerce che sarà sempre più al centro del nostro ecosistema. Antonio Turroni, Presidente di Covisian, è convinto che bisogna puntare sulla formazione degli operatori per valorizzarli a 360 gradi, migliorando la capacità di fidelizzare i clienti e la consulenza, che diventerà sempre più importante in questo settore. Il presidente di Assocontact, Paolo Sarzana, denuncia il fatto che ci sia ancora un “mondo sommerso” che utilizza contratti diversi da quello delle comunicazioni, con minimi orari dimezzati, come il contratto Assocal.

Ma la cosa più importante è che qualcosa sta cambiando, a cominciare dalle grandi aziende, le quali stanno iniziando a compiere i primi passi verso l’e-commerce e lo sviluppo economico, senza tralasciare formazione e consulenza.

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