L’articolo pubblicato lo scorso 16 ottobre 2017 su “La Repubblica” relativamente all’ingresso di Ho. Mobile in Italia ha messo in evidenza ciò che sicuramente Xavier Niel e tutta la dirigenza di Iliad hanno tenuto sott’occhio nel programmare la strategia in Italia: l’Arpu.
L’Arpu, “Average Revenu Per Unit“, cioè ricavo medio per unità, è appunto quanto l’operatore telefonico medio ricava da ciascun cliente sulla base del servizio che viene offerto a quest’ultimo. Dire di avere il 15% di Arpu significherebbe incassare in media il 15% del prezzo del prodotto venduto all’utente.
Come MondoMobileWeb aveva già anticipato, nella presentazione della prima rilevazione semestrale del 2017 in versione inglese, era apparsa una slide in cui la società francese descriveva il mercato Italiano proprio partendo dalla crescita registrata dell’Arpu nel secondo trimestre del 2017 rispetto allo stesso periodo del 2016:
Dal grafico risultava come in Italia l’Arpu, si dimostrasse tranne che per Wind Tre, in crescita per Vodafone e Tim, nonostante la riduzione del prezzo dei servizi e la scelta, almeno teorica di ridurre i ricavi. Tuttavia il ricavo medio in rialzo per Tim e per Vodafone si potrebbe spiegare con il ricorso ad altri mezzi con i quali è stato possibile aumentare le entrate. Sarebbe stato questo quindi l’apporto delle rimodulazioni o dell’introduzione di servizi aggiuntivi a pagamento, ecc. La Iliad SA stessa aveva denunciato la mancanza di trasparenza nel mercato italiano in virtù di questa tendenza anomala.
C’è però anche da dire che l’Arpu in Italia, confrontato con quello degli altri Paesi del mondo, non sembrerebbe dei più alti. In una ricerca del 2015 da parte del sito “Statista.com” (seppur tale momento sembri lontano in virtù dell’instabilità e della mobilità del mercato della telefonia in Italia), l’Arpu medio degli operatori italiani nel terzo trimestre del 2015 risultava penultimo fra i 22 paesi al mondo presi in considerazione. In termini reali, negli Stati Uniti in quel trimestre gli operatori telefonici statunitensi hanno guadagnato il triplo di quanto hanno incassato gli operatori italiani. Superiore al 14.25% italiano sarebbero stati anche gli Arpu della Gran Bretagna (25.67%), della Francia (22.11%) e della Spagna (18.82). In Italia quindi il mercato sembra estremamente concorrenziale, tanto da mostrare dei margini molto bassi.
La convenienza delle offerte telefoniche in Italia è emersa anche da uno studio del marzo 2016 del sito sostariffe.it, dove è risultato che l’Italia è il sesto paese per convenienza rispetto al costo delle offerte telefoniche su 22 Paesi europei analizzati. Lo studio si è basato sulle tariffe più economiche che includevano il traffico internet in alcuni Paesi d’Europa. Secondo la ricerca nel marzo 2016 in Italia un gigabyte costava 5,56 euro, mentre più alti erano i prezzi nel resto d’Europa. Ad avere offerte più convenienti sono Paesi come Francia, Polonia, Finlandia.
In Italia nel 2015, secondo i dati di “affariitaliani.it“, ha rappresentato il 2,6% della spesa delle famiglie. Il peso del numero delle Sim sul numero dei residenti è del 155%, un dato che si colloca dietro a quelli della Russia (175%) e della Svezia (164%), ma che supera quanto fatto registrare da Olanda, Germania, Francia, Gran Bretagna e addirittura degli Stati Uniti (128%). Ciò che giustifica in parte questi dati è la bassa propensione ad utilizzare la rete fissa da parte degli italiani, un peso che si riduce sempre più rispetto agli altri Paesi.
Considerando la competitività registrata già negli anni precedenti da parte del mercato italiano, si può immaginare come l’ulteriore abbattimento che i prezzi hanno mostrato negli ultimi mesi abbia contribuito ad aumentare la competitività del mercato italiano, un contesto dove sia i prezzi e sia i margini degli operatori sono esigui. In un clima del genere ci si chiede come possa ulteriormente influire l’arrivo di Iliad, in un mercato dove pare non esserci “trippa per gatti”.
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