Tramite un lungo post su Facebook di pochi giorni fa, Brian Acton ha dichiarato di voler abbandonare WhatsApp di cui è stato il co-fondatore: “é qualcosa a cui ho pensato per un po’ di tempo, e ora è giunto il momento di focalizzare questa idea ed eseguirla.”
Il quarantacinquenne proveniente dal Michigan si è laureato alla Stanford University, e ha lavorato in celebri aziende internazionali come Rockwell International, Adobe Systems, Apple Inc., e Yahoo!, dove ha conosciuto Jan Koum (attuale Ceo di WhatsApp), col quale avrebbe dato vita ad una delle applicazioni più utilizzate su scala globale, WhatsApp appunto.
L’app di messaggistica istantanea, che consente di inviare non solo messaggi di testo ma anche contenuti multimediali, nonché chiamate vocali via Internet senza l’ausilio di gestori telefonici, viene utilizzata ogni mese da circa un miliardo di persone nel mondo, ed è in continua crescita in paesi quali Russia, Messico, Brasile e India.
Creato nel 2009, WhatsApp compie il grande salto nel 2014, quando Koum e Acton accettano di venderla a Facebook Inc. per 16 miliardi di dollari, poi divenuti 19 a trattativa conclusa. Ad oggi, citando il Sole24Ore, si stima che ammonterebbe a 6,5 miliardi il patrimonio netto per Acton in seguito alla cessione dell’azienda.
Una decisione, quella di Acton, giunta dopo ben 8 anni di collaborazione con Koum, dettata dalla sua vena filantropica e dalla voglia di dedicarsi al lancio di una fondazione propria. L’intenzione sarebbe infatti quella di lanciare una ong, quindi “un’organizzazione senza scopo di lucro che si concentrerà su no profit, tecnologia e comunicazione”, come lo stesso programmatore statunitense ha affermato.
Non sappiamo con certezza se altre motivazioni si celano dietro a questa presa di posizione. Si vocifera che la società di Mark Zuckenberg abbia intenzione di monetizzare WhatsApp creando dei pacchetti business a pagamento per le imprese, col fine di agevolare quest’ultime nella gestione dei contatti coi propri clienti tramite l’app. Questo significherebbe inserire possibili spazi pubblicitari, una visione che si discosta da quella di Acton, che racconta “quando ci siamo messi a tavolino per avviare la nostra azienda, volevamo fare qualcosa che non fosse semplicemente un altro punto di smistamento di pubblicità.” Se così dovesse rivelarsi, riportiamo un pensiero espresso dagli stessi fondatori di WhatsApp anni fa: “La pubblicità non è solo un’interruzione dell’estetica, è un insulto alla vostra intelligenza e un’interruzione dei vostri pensieri.” E fino ad ora, Acton ha mantenuto la parola data.
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