C’era una volta Blu, l’ex quarto operatore di telefonia mobile. Il nome di BLU pare fosse stato suggerito dall’ex presidente della repubblica Francesco Cossiga che era più che un semplice conoscente di Giancarlo Elia Valori, il futuro presidente della società.
Il progetto Blu SpA, vede infatti la partecipazione di grandi marchi e grandi personalità. Tra le società che controllano il futuro quarto operatore spiccano con il 32% delle quote Società Autostrade, che nel frattempo viene privatizzata quasi completamente dal Gruppo Benetton, con il 9% Mediaset, BNL, Caltagirone (gruppo editoriale che controlla “Il Messaggero“, ecc).
Ai grandi nomi che ci celavano dietro questi grandi protagonisti dell’economia italiana si aggiungeva il ruolo di esperto del settore di British Telecom.
Il consorzio Blu faceva capo al presidente Valori, famoso per le sue amicizie internazionali con Israele e con l’Argentina e che lo portarono addirittura ad avere un ruolo diplomatico non indifferente quando dovette giocare la carta dell’amicizia con il dittatore coreano Kim Il Sung nella liberazione di alcuni ostaggi francesi sequestrati dall’ayatollah Khomeini alla fine degli anni ottanta.
Valori era anche colui che fu assolto dalle indagini per lo scandalo P2 (di cui fu membro per un breve periodo) e dei relativi traffici di armi, ma anche colui che resistette a capo di Società Autostrade anche dopo la privatizzazione.
Blu era quindi la colonia di magnati dal grande calibro all’interno del mercato della telefonia, una volta che quest’ultimo divenne liberalizzato dal 1997.
La campagna pubblicità di Blu illustrava la nascita di quella creatura che doveva essere “il futuro che non c’era“.
Uno dei primi spot fu proprio quello in cui lo spermatozoo blu si distaccava dal resto degli spermatozoi bianchi per andare a fecondare l’ovulo che avrebbe generato il nuovo marchio.
Nel Maggio del 2000, quando Blu divenne attivo come quarto operatore di servizi Gsm, le parole dell’amministratore delegato Enrico Casini ponevano nella lotta con gli altri operatori per l’acquisizione della nuova tecnologia Umts la nuova linea di partenza in cui la società avrebbe potuto concorrere alla pari soprattutto per fornire Internet nel mercato della telefonia.
La compagnia nel frattempo aveva raggiunto i 430000 clienti nel settembre 2000. Il parto in sé non aveva riportato complicazioni quindi.
Il bando per le cinque licenze Umts presentava sei concorrenti. Ciò che però si verificò ad ottobre del 2000 fu imprevedibile: Blu si ritirò dal bando. Le cause ufficiali di tale decisione sarebbero relative ai saldi negativi di British Telecom, che intanto aveva investito in altri paesi, ma anche alla sconvenienza valutata da Benetton nell’investire in un nuovo operatore, data la possibilità di concorrere insieme a Pirelli, Banca Intesa e Unicredito, nell’acquisire la quota di maggioranza del 22,54% che Olivetti deteneva in Telecom Italia.
Blu venne indagata quindi per turbativa d’asta con l’accusa di aver favorito gli altri concorrenti, visto il futuro ingresso di Benetton in Telecom.
La Commissione Europea però limitava l’operazione a causa dell’impossibilità di detenere contemporaneamente le quote di entrambe le società.
Intanto il vero sgarbo avvenne da parte di Mediaset che decise di svincolarsi dalla situazione divenuta problematica cedendo il suo 9% delle quote a British Telecom.
La rinuncia alle licenze Umts non poteva che rappresentare l’epilogo per Blu, data l’opportunità di concorrere sin dall’inizio con le nuove innovazioni tecnologiche disponibili per tutti nel mercato della telefonia.
Pur superando il milione di utenti nel marzo del 2001, Blu si ritrovò ad essere un contenitore vuoto e senza prospettiva di essere riempito, nonché anche l’operatore con le tariffe classiche più alte d’Europa.
Tra la scarsa fiducia nel futuro di Blu, mancate promesse d’acquisto da parte di altri colossi telefonici (gli spagnoli di Telefonica in primis) e tentativi da parte dei soci di scaricarsi l’un l’altro la proprietà totale della società, alla fine la soluzione fu quella di spezzettarne il patrimonio e cederlo ai vari concorrenti.
Lo spettro delle frequenze e i dipendenti di Blu furono redistribuiti infatti a Omnitel, TIM, Wind e H3G. I clienti ebbero però un futuro più incerto considerando che tutti confluirono in Wind, pena la perdita dei crediti ancora in essere.
Di Blu non rimane che una brutta esperienza, un tentativo fallito di consorziarsi da parte di chi si occupava di affari, ma forse non aveva fatto i conti bene in tasca. D’altronde erano comunque i tempi dell’esplosione della telefonia e l’euforia per gli imprenditori abbondava.
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