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L’Unione Europea vuole l’aumento, in Italia, dell’IVA al 13% e 24%

Mercoledì 22 Febbraio 2017 la Commissione Europea ha pubblicato la nuova Relazione per paese relativa all’Italia. Nel capitolo 4 paragrafo 1 “Le Priorità di Riforma: Finanze Pubbliche e Tassazione” chiede l’aumento dell’aliquota IVA ridotta dal 10% al 13% e l’aliquota IVA ordinaria dal 22% al 24%.

Claudio Pucci, vicepresidente di Unimpresa, dichiara: “L’Unione europea vuole imporre subito all’Italia l’innalzamento delle aliquote Iva. La richiesta è arrivata al governo italiano e si inquadra in una manovra, studiata nei dettagli dai tecnici di Bruxelles, volta allo spostamento del carico fiscale dal lavoro ai consumi. Il caldeggiato inasprimento dell’Imposta sul valore aggiunto, pertanto, è slegato dall’eventuale azionamento delle clausole di salvaguardia previste dalle leggi di stabilità e di bilancio approvare negli scorsi anni. Ma a nostro giudizio, l’Italia non deve dar seguito a questa pretesa e respingerla fortemente: si tratterebbe di un’altra stangata di tasse che rischierebbe di massacrare la ripresa economica. Il progetto prevede di utilizzare il maggior gettito derivante dall’incremento delle aliquote Iva come risorse per crediti di imposta sui redditi più bassi. Le stesse simulazioni della Commissione, però, mostrano come gli stipendi avrebbero benefici assai contenuti a fronte di sicuri aumenti dei prezzi che finirebbero col fiaccare i consumi e dunque di mettere una zavorra alla crescita del Paese. Riteniamo pertanto fondamentale che l’esecutivo guidato da Paolo Gentiloni non di seguito a questa ennesima, assurda imposizione dell’Unione europea”.

Secondo la Relazione della Commissione Europea: “Anche le recenti misure in materia di pensioni vanno nella direzione sbagliata. Nel periodo 2007-2011 il livello della spesa pensionistica in percentuale del PIL è aumentato notevolmente, prima che la riforma Fornero contribuisse al suo rallentamento. A seguito delle riforme pensionistiche adottate a partire dal 2004 e, in particolare, della riforma Fornero, l’età media di pensionamento passerà da 60 a 68 anni entro il 2050, con la conseguenza che la spesa pensionistica cumulata risulterà inferiore del 60% del PIL nel lungo termine (ministero dell’Economia e delle finanze, 2016a). Tuttavia, il bilancio 2017 prevede misure che segnano una parziale inversione di rotta rispetto alla riforma Fornero: vengono aumentate le pensioni minime, viene consentito il prepensionamento per specifiche categorie di lavoratori (su base volontaria mediante un prestito bancario sostenuto da un credito d’imposta o sotto forma di misure di assistenza sociale per i lavoratori in stato di bisogno introdotte in via sperimentale), e alcune penalizzazioni già introdotte per compensare gli incentivi al prepensionamento previsti dal vecchio generoso sistema retributivo vengono abrogate a partire dal 2018. Tali misure sono destinate a far aumentare la già elevata spesa pensionistica italiana

Ricordiamo che la legge italiana di Stabilità 2015 aveva già previsto l’aumento ogni anno delle aliquote IVA come clausole di salvaguardia, ma ogni anno, in ogni manovra di fine anno tutto viene rinviato. Anche nella legge di Bilancio 2017 comunque è previsto come clausola di salvaguardia l’aumento dell’aliquota ordinaria 25% e l’aliquota ridotta 13%, ma adesso la Commissione Europea chiede di aumentare direttamente le aliquote. Se succederà, questo comporterà un aumento dei costi, anche delle tariffe telefoniche come è successo negli anni passati.

Documento Ufficiale: Relazione per paese relativa all’Italia 2017

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