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WINDTRE, TAR respinge ricorso su multa AGCOM per i costi di recesso delle offerte Business

In seguito al ricorso presentato dall’operatore, il TAR del Lazio ha confermato la multa che l’AGCOM aveva inflitto a WINDTRE nel 2021 relativamente alle sue offerte di telefonia per i clienti Business, in particolare per aver ostacolato il diritto di recesso e per la scarsa trasparenza, respingendo le contestazioni mosse da WINDTRE.

Lo scorso 16 Aprile 2025, oltre alla sentenza che ha respinto il ricorso sulla sanzione a WINDTRE per mancato invio dell’informativa annuale, è stata pubblicata anche la sentenza del TAR del Lazio in merito al ricorso presentato nel 2021 da WINDTRE (ecco il documento completo), in seguito alla decisione presa nella Camera di Consiglio del 7 Marzo 2025.

Dunque, WINDTRE aveva presentato ricorso al TAR chiedendo l’annullamento della delibera AGCOM 120/21/CONS, pubblicata il 13 Maggio 2021, con cui l’operatore era stato sanzionato con una multa pari a 896mila euro, per ostacoli al diritto di recesso e mancanza di trasparenza su alcune offerte dedicate alla clientela Business.

Infatti, dopo una serie di verifiche di ufficio svolte il 24 Giugno 2020 e il 1° Settembre 2020, tramite consultazione del sito WINDTRE Business, l’Autorità aveva ravvisato ostacoli all’esercizio del diritto di recesso da offerte business di rete fissa e rete mobile, per addebito di spese non giustificate, e mancanza di trasparenza relativamente alle spese di disattivazione delle offerte business di rete fissa.

Con il suo ricorso al TAR, WINDTRE ha richiesto anche l’annullamento di ogni altro atto presupposto, fra cui in particolare la Comunicazione dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni del 21 Dicembre 2018, nella parte in cui si esclude “la restituzione (parziale o integrale che sia) dello sconto concesso […] sui contributi una tantum […]” e afferma che “gli sconti che possono essere chiesti in restituzione a seguito del recesso […] sono solo quelli relativi a importi periodici previsti nell’offerta, la cui entità varia nel corso della durata contrattuale”.

Inoltre, l’operatore chiedeva la censura anche della delibera AGCOM 487/18/CONS del 16 Ottobre 2018, e relativi allegati, nella parte in cui si afferma che il valore del contratto ex art. 1, co. 3-ter, del d.l. 31 maggio 2007, n. 7 e s.m.i. non possa mai discostarsi dalla nozione di prezzo implicito determinata avuto riguardo alla sola media dei canoni previsti nell’offerta promozionale.

Perché il TAR del Lazio ha respinto il ricorso di WINDTRE

Nel corso del procedimento, è intervenuto ad opponendum l’operatore Iliad Italia. A questo proposito, per giustificare il suo interesse nell’opporsi al ricorso di WINDTRE, Iliad ha affermato di essere interessata ad evitare che un suo concorrente applichi costi di recesso in violazione degli obblighi vigenti e tali da “vincolare indebitamente gli utenti alle proprie offerte” e, infine, ostacolarne il passaggio ad altri operatori. Ciò determina ad avviso di Iliad un “significativo pregiudizio alla posizione di mercato della stessa spa, a cui tali utenti potrebbero avere interesse a passare”.

Nel dettaglio, con il suo ricorso WINDTRE ha presentato i seguenti motivi con cui contesta la delibera con cui ha ricevuto la sanzione dall’AGCOM:

  • Falsa applicazione dell’art. 1, co. 3-ter della l. n. 7/2007 non escludendo la norma dalla nozione di “valore del contratto” il corrispettivo dovuto a titolo di contributo di attivazione. Eccesso di potere per irragionevolezza, travisamento dei fatti e contraddittorietà della motivazione per avere l’AGCOM ritenuto che la Società avrebbe preventivamente rinunciato al pagamento del contributo di attivazione. Eccesso di potere per illogicità della motivazione in quanto l’AGCOM ha escluso il contributo di attivazione dal calcolo del “valore del contratto”, pur ammettendo che per altri servizi sia possibile richiedere la restituzione pro quota in caso di recesso anticipato. Falsa applicazione dell’art. 1, co. 4, della l. n. 7/2007, degli artt. 70 e 71 del d.lgs. n. 259/2003 non rientrando nelle prerogative dall’AGCOM il potere di sostituirsi alla volontà negoziale delle parti per determinare il contenuto di clausole contrattuali;
  • Falsa applicazione dell’art. 71 del d.lgs. n. 259/2003 e dell’art. 4, co. 1, della delibera AGCOM 252/16/CONS per avere ritenuto insufficiente a fornire indicazioni esaustive e chiare il rinvio alla nozione di “canone medio”. Eccesso di potere per difetto di proporzionalità e manifesta ingiustizia della motivazione non avendo la Società celato alcuna informazione fondamentale ai clienti per ricostruire i termini economici delle offerte.

WINDTRE chiedeva inoltre la riduzione della misura della sanzione pecuniaria al minimo edittale, affermando che la decisione dell’Autorità di irrogare una sanzione pari quasi al massimo edittale è “sproporzionata ed ingiusta”.

Nella sentenza, entrando nel merito della vicenda, il TAR spiega che il ricorso di WINDTRE deve essere respinto, riportando le motivazioni.

Per quanto riguarda il primo motivo di ricorso presentato da WINDTRE, questo secondo il TAR del Lazio è infondato.

Dopo aver descritto il quadro normativo unionale e nazionale, il Tribunale afferma che la violazione è stata legittimamente contestata dall’AGCOM, vista la regola che vieta di addebitare al cliente che recede in anticipo costi non previsti ed anzi esclusi dalla legge.

Il TAR ricorda infatti il principio secondo il quale, nel caso di recesso da un contratto, il cliente non deve versare alcuna “penale”, poiché gli unici importi addebitabili all’utente in caso di recesso sono quelli “giustificati” dai costi sostenuti dall’operatore.

Dal punto di vista fattuale, afferma il TAR del Lazio, la violazione commessa da WINDTRE risulta accertata e sostanzialmente ammessa dalla società.

L’Autorità ha documentato che, con riferimento alle offerte Business di rete fissa e mobile, WINDTRE, in caso di recesso anticipato, addebitava integralmente l’importo relativo al contributo di attivazione non imputato in fase di sottoscrizione dell’offerta e ciò risultava sul sito per i nuovi clienti e per i nuovi clienti in portabilità.

Con riferimento alle offerte di rete fissa dedicate sempre alla clientela Business, non risultavano in modo chiaro le spese di recesso effettivamente richieste a titolo di disattivazione o trasferimento dell’utenza, indicate genericamente come “importo pari al valore minimo tra il valore del canone medio mensile ed i costi reali sostenuti da Wind per la gestione della pratica”, contrariamente a quanto disposto dalla normativa vigente, in base al quale le spese di recesso devono essere rese note al momento della pubblicizzazione dell’offerta.

Per quanto concerne il secondo motivo di ricorso, anche questo per il TAR è infondato, dato che gli atti impugnati sono esenti dai contestati vizi di proporzionalità, mentre appare corretta e logica la conclusione della violazione da parte di WINDTRE del principio di trasparenza e chiarezza nei rapporti contrattuali con gli utenti.

Per quanto riguarda la domanda subordinata volta all’esercizio di un potere riduttivo della sanzione pecuniaria impugnata, anche questa non può essere accolta dal TAR del Lazio.

In conclusione, per il Tribunale il ricorso deve essere respinto, per l’infondatezza delle contestazioni e la coerenza dei provvedimenti gravati rispetto al quadro normativo di settore, che sono stati ritenuti proporzionati ai fatti contestati ed accertati a carico di WINDTRE.

Dunque, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quarta) ha respinto il ricorso di WINDTREcondannando l’operatore ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), che liquida in euro 3000 euro, oltre accessori di legge se dovuti. In più, il TAR del Lazio ha compensato le spese di lite rispetto all’interveniente Iliad Italia.

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