L’AGCOM ha pubblicato nei giorni scorsi lo schema di delibera, sottoposto a consultazione pubblica, con cui l’Autorità intende introdurre alcune novità nel regolamento dei contratti di telefonia, per recepire le novità previste dal codice delle comunicazioni ma anche per regolamentare la possibilità per gli operatori di aumentare i prezzi delle offerte in base all’andamento dell’inflazione.
Come già raccontato, lo scorso 11 Aprile 2023, attraverso un comunicato stampa, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) aveva annunciato di aver avviato una consultazione pubblica riguardo il procedimento di revisione del Regolamento per la fornitura di servizi di comunicazioni elettroniche, in particolare, nell’ambito dei contratti tra gli operatori di telefonia e gli utenti finali, attualmente regolamentato dalla Delibera 519/15/CONS.
Dopo alcuni giorni dal comunicato stampa, lo scorso 28 Aprile 2023 l’Autorità ha pubblicato la delibera 89/23/CONS (ecco il documento completo), risalente allo scorso 4 Aprile 2023 in seguito alla riunione del Consiglio AGCOM, recante “Avvio del procedimento e della consultazione pubblica inerente alla modifica del regolamento recante disposizioni a tutela degli utenti in materia di contratti relativi alla fornitura di servizi di comunicazioni elettroniche”.
Il termine previsto per la conclusione del procedimento è pari a un totale di 120 giorni, di cui 45 dedicati alla consultazione pubblica, a decorrere dalla pubblicazione della delibera sul sito ufficiale dell’Autorità.
La bozza del Regolamento (ecco il documento completo) sui contratti di telefonia, allegato alla delibera con cui è stata avviata la consultazione pubblica, riguarda i consumatori, le microimprese, le piccole imprese e le organizzazioni senza scopo di lucro.
Nell’Allegato C (ecco il documento completo) al provvedimento di avvio della consultazione è stata riportata la sintesi delle proposte degli operatori, per quanto attiene alle modifiche proposte.
Principalmente l’obiettivo è quello di recepire le novità introdotte, in diversi ambiti, dal nuovo Codice delle Comunicazioni Elettroniche.
Nello specifico, come veniva comunicato da AGCOM, si tratta di misure in materia di:
Tra le altre norme oggetto della consultazione dell’Autorità, inoltre, è previsto l’obbligo per gli operatori di riportare, nelle proposte contrattuali, i termini entro cui si dà avvio alla procedura per l’attivazione dei servizi voce e Internet, a seguito della conclusione del contratto.
Lo stesso contratto, secondo il nuovo Regolamento, dovrà riportare il riferimento agli indennizzi spettanti ai consumatori in caso di mancato rispetto, da parte dei fornitori, degli obblighi in materia di migrazioni e portabilità del numero.
La normativa, poi, disciplina anche le offerte che comprendono, nella stessa proposta contrattuale, uno o più servizi di comunicazione elettronica e apparecchiature terminali.
Inoltre, tra le varie misure in consultazione, come già accennato nella bozza di Regolamento ve ne sono diverse dedicate all’adeguamento del canone dei contratti sulla base dell’indice dei prezzi al consumo, ossia in base all’andamento dell’inflazione, in modo da regolamentare le clausole già introdotte negli ultimi mesi da alcuni operatori.
In particolare, nello schema di regolamento sottoposto a consultazione dall’AGCOM, alla questione dell’indicizzazione dei prezzi all’inflazione è stato dedicato l’Articolo 8-quater, denominato “Contratti con previsione di adeguamento all’indice dei prezzi al consumo”.
Infatti, secondo quanto affermato nella delibera di avvio del procedimento, con l’occasione l’Autorità ha ritenuto opportuno, anche alla luce dell’attività di vigilanza svolta e delle sollecitazioni per un intervento da parte di operatori e associazioni dei consumatori, affrontare in modo sistematico, nel procedimento e nel proposto schema di Regolamento, il tema dei contratti con indicizzazione a parametri che tengono conto dell’andamento dell’inflazione.
Tale approccio è stato ritenuto quello “maggiormente efficace ed efficiente” in quanto consente di fornire al mercato indicazioni di base univoche, acquisire le valutazioni di tutti i soggetti interessati nel corso della consultazione, e adottare, a valle del procedimento, una regolamentazione che “contemperi tutte le esigenze in gioco”.
Prima che fosse pubblicata la delibera con tutti i dettagli delle nuove norme sottoposte a consultazione pubblica, in seguito al comunicato stampa dell’AGCOM l’Associazione ADUC si era detta contraria alle nuove regole proposte dall’Autorità relative all’indicizzazione dei prezzi all’inflazione.
Nell’ambito del capitolo relativo alle clausole sull’inflazione, con una comunicazione del 3 Novembre 2022, TIM aveva informato l’Autorità, nonché l’Antitrust (AGCM), in merito all’intenzione di introdurre, nelle condizioni generali di contratto praticate agli utenti finali, un meccanismo di adeguamento annuale dei prezzi dei propri servizi all’andamento dell’inflazione rilevato dall’ISTAT.
Successivamente, TIM ha ufficializzato l’introduzione dell’indicizzazione dei prezzi all’inflazione a partire dal 27 Novembre 2022.
TIM aveva motivato l’iniziativa all’AGCOM facendo riferimento “all’incremento costante degli investimenti e allo stesso tempo al tasso di inflazione strutturale che si colloca tra il 3 e il 4%”.
Il contesto di generale aumento dei prezzi, cui si associa un aumento dei costi delle componenti principali dei servizi di telecomunicazioni, tra cui l’energia elettrica, ha quindi condotto TIM ad individuare un meccanismo di indicizzazione, da applicare ai contratti retail, pari all’IPCA aumentato di un mark up che tiene conto dell’evoluzione dei prezzi del settore.
Si ricorda infatti che, per le offerte TIM impattate, il costo mensile aumenterà ogni anno in misura pari all’indice di inflazione (Indice dei Prezzi al Consumo, IPCA) rilevato dall’ISTAT, non tenendo conto di eventuali valori negativi. Inoltre, il meccanismo di TIM prevede che il valore dell’inflazione venga maggiorato di un coefficiente fisso pari al 3,5%.
L’aumento complessivo annuo, dato dalla somma dell’IPCA e del coefficiente di maggiorazione del 3,5%, non potrà comunque superare il valore del 10%. TIM applicherà la prima variazione annuale del costo mensile delle offerte coinvolte a partire dal 1° Aprile 2024, basandosi sul valore dell’IPCA rilevato per l’anno solare 2023, che come detto sarà aumentato del 3,5%.
Inoltre, nella comunicazione inviata all’AGCOM, TIM ha anche svolto un excursus preliminare su quanto avviene anche in altri paesi dell’Unione europea, segnatamente UK e Spagna, dove gli operatori BT e Vodafone hanno già introdotto meccanismi di indicizzazione dei prezzi delle offerte. Inoltre l’operatore ha fornito all’Autorità ulteriori informazioni e documenti relativi all’attuazione concreta della manovra.
Per quanto riguarda WINDTRE, l’altro operatore che attualmente ha introdotto delle clausole per l’indicizzazione dei prezzi all’inflazione, con una nota del 22 Novembre 2022 l’operatore telefonico ha informato l’Autorità in merito all’avvio di una “campagna informativa volta a notificare, per il momento solo a una quota parte della customer base, una variazione unilaterale, ai sensi dell’art. 98 septiesdecies, comma 5, del Codice delle comunicazioni elettroniche, delle condizioni contrattuali delle offerte sottoscritte dai clienti“, con l’obiettivo, nel corso del 2023, di estendere detta notifica all’intera clientela attiva con WINDTRE.
Si ricorda che il meccanismo di indicizzazione dei prezzi all’inflazione di WINDTRE è stato inserito dall’operatore nelle Condizioni Generali di Contratto, sia di rete fissa che di rete mobile, sottoscritte dai nuovi clienti dal 21 Novembre 2022, e viene applicato anche ai già clienti WINDTRE che dal 21 Novembre 2022 richiedono volontariamente di cambiare la loro offerta tariffaria.
Nel caso di WINDTRE, l’adeguamento dei prezzi avverrà solo a partire da Gennaio 2024 e sarà effettuato in caso di variazione annua positiva dell’indice nazionale dei prezzi al consumo FOI (Famiglie di Operai e Impiegati) rilevata da ISTAT nel mese di Ottobre dell’anno precedente.
In questo caso, l’operatore potrà così aumentare il prezzo mensile dell’offerta di un importo percentuale pari alla variazione dell’indice ISTAT o comunque pari almeno al 5%, nel caso in cui la variazione fosse inferiore al 5%, e l’adeguamento sarà effettuato entro il primo trimestre di ciascun anno.
In sede di audizione con l’AGCOM, WINDTRE ha ribadito che nel corso dell’ultimo anno ha più volte sottoposto all’attenzione dell’Autorità “l’esigenza di allineare i prezzi retail all’inflazione in una modalità più agevole di quella tradizionalmente prevista, proprio perché questo adeguamento di prezzo non è configurabile come un incremento di prezzo, ma come un riallineamento dei valori del servizio alla perdita del potere di acquisto”.
Secondo WINDTRE, le componenti tecniche acquistate sul mercato wholesale per generare i servizi corrispondenti risentono, infatti, dell’adeguamento dei prezzi che sul mercato retail, a valle, non si riescono a recuperare.
Nell’ambito dell’attività istruttoria, l’AGCOM ha sentito alcune associazioni dei consumatori che avevano inviato i propri rilievi sulla manovra e chiesto di essere sentiti.
Lo scorso 23 Dicembre 2022 si è svolta l’audizione delle Associazioni dei Consumatori Adiconsum, Adoc, Cittadananzattiva, Federconsumatori, U.Di.Con.. Il 17 Gennaio 2023 si è svolta invece l’audizione della Lega Consumatori.
Una delle criticità evidenziate dalle Associazioni è rappresentato, secondo le stesse, dalla presenza di “mark up arbitrari”.
Le Associazioni dei consumatori hanno evidenziato “l’arbitrarietà di previsto markup del 3,5% e del 5%, rispettivamente per TIM e Wind Tre”, non essendo legato all’aumento dell’indice dei prezzi, oltre allo svincolo di tale meccanismo di aumento dalle garanzie previste in caso di esercizio dello ius variandi, ossia il diritto di recedere senza penali né costi di disattivazione.
Una ulteriore argomentazione posta dalle Associazioni riguarda il fatto che tale meccanismo “andrebbe ad alimentare la spirale inflazionistica”. È stata evidenziato poi il rischio di una “condotta omogenea del mercato”.
Per quanto riguarda il contesto normativo europeo relativo all’indicizzazione dei prezzi all’inflazione delle offerte di telefonia, nel documento della delibera AGCOM con cui è stata avviata la consultazione viene citata la sentenza della Corte (Quarta Sezione) del 26 Novembre 2015 nella causa C-326/14 relativamente all’operatore austriaco A1 Telekom.
Nel caso di specie, e come emerge dalla decisione di rinvio e dalla questione posta, la clausola controversa contenuta nelle condizioni generali dell’operatore A1 Telekom Austria prevede un adeguamento delle tariffe in base a un indice annuale oggettivo dei prezzi al consumo stabilito da un istituto pubblico, vale a dire l’Istituto austriaco di statistica.
La Corte europea ha quindi dichiarato che “una modifica delle tariffe di una prestazione di servizi relativi alle reti o di servizi di comunicazione elettronica, derivante dall’applicazione di una clausola di adeguamento delle tariffe contenuta nelle condizioni generali di contratto applicate da un’impresa che fornisce tali servizi, clausola che prevede un tale adeguamento in base a un indice oggettivo dei prezzi al consumo stabilito da un istituto pubblico, non costituisce una ‘modifica delle condizioni contrattuali’ che, ai sensi di tale disposizione, conferisce all’abbonato il diritto di recedere dal contratto senza penali”.
In base invece al quadro normativo italiano, nello schema di regolamento in consultazione viene proposto che gli operatori riconoscano il diritto di recesso senza costi solo per i clienti già in customer base a cui verrà comunicata la modifica contrattuale.
L’AGCOM ritiene, infatti, che per la customer base una modifica contrattuale che trasformi un contratto non indicizzato in uno indicizzato debba essere oggetto di “consapevole accettazione da parte della clientela coinvolta” e, pertanto, non sia applicabile lo ius variandi.
In merito alle clausole introdotte da TIM e WINDTRE, l’Autorità ritiene che qualora la modifica delle tariffe venga effettuata come allo stato comunicato dagli operatori, essa risulta qualificabile come modifica delle condizioni contrattuali, ai sensi del Codice delle comunicazioni elettroniche, art. 98-septiesdecies, comma 5 e, pertanto, deve essere soggetta allo ius variandi.
Questo poiché, come riportato nelle valutazioni dell’AGCOM, il meccanismo di adeguamento tariffario, come descritto da WINDTRE e TIM, non risulta essere basato, avuto ad esempio riguardo all’introduzione di un mark up rispettivamente del 5% e del 3,5% anche in caso di valore inferiore a tale valore (e quindi anche negativo) dell’indice utilizzato (ISTAT o FOI), su un metodo di indicizzazione “chiaro, preciso e accessibile al pubblico” oltre che derivante da decisioni e meccanismi propri della sfera pubblica.
L’introduzione di un mark up eventuale che si applica nel corso del periodo contrattuale (non all’inizio) a cui si aggiunge la variazione pubblica, secondo l’AGCOM “non risponde ai canoni di trasparenza e confrontabilità delle offerte”.
Dunque, secondo l’AGCOM, solo laddove l’incremento del canone derivi da clausola che prevede un tale adeguamento in base a un indice “oggettivo dei prezzi al consumo stabilito da un istituto pubblico”, non costituisce una modifica delle condizioni contrattuali.
Alla luce di ciò, l’Autorità ritiene opportuno che l’utilizzo di contratti con meccanismi di indicizzazione quali quelli proposti da TIM e WINDTRE debbano essere disciplinati al fine di “evitare la compressione dei diritti degli utenti finali”.
Di seguito si riportano i 12 commi che compongono l’Articolo 8-quater relativamente all’adeguamento dei prezzi in base all’inflazione del nuovo regolamento dei contratti di telefonia proposto dall’AGCOM:
1. La proposta di modifica, da parte dell’operatore, delle condizioni contrattuali al fine di prevedere un adeguamento periodico all’indice dei prezzi al consumo, in caso di contratti che non prevedono già tale meccanismo, può essere attuata solo dopo esplicita accettazione, in forma scritta, da parte dell’utente finale. In caso di non accettazione della modifica contrattuale da parte dell’utente restano in vigore le condizioni contrattuali già previste.
2. Per i contratti con previsione di adeguamento all’indice dei prezzi al consumo a cui l’utente finale ha aderito, se e solo se la successiva modifica delle tariffe, connesse alla prestazione di servizi di comunicazione elettronica, è dipendente da un indice oggettivo dei prezzi al consumo stabilito da un istituto pubblico, questa non costituisce una modifica delle condizioni contrattuali che conferisce all’utente il diritto di recedere dal contratto senza penali ai sensi dell’articolo 6 comma 2.
3. Ai fini di cui al comma 2, le condizioni contrattuali prevedono che l’operatore ha il diritto di incrementare le tariffe in misura corrispondente all’aumento dell’indice annuale dei prezzi al consumo ed è, al contempo, obbligato a ripercuotere le riduzioni di tale indice, diminuendo le tariffe in misura corrispondente alla riduzione. L’operatore informa i clienti per iscritto di tali adeguamenti.
4. I contratti di cui al comma 2 non possono prevedere alcun correttivo rispetto all’applicazione integrale dell’indice di adeguamento pubblico, incluso l’applicazione di soglie rispetto all’indice o mark up aggiunti nel corso del periodo contrattuale.
5. L’applicazione dell’adeguamento di cui al comma 3 non può avvenire, in prima applicazione, prima di 12 mesi dall’adesione contrattuale.
6. In caso l’indice dei prezzi al consumo sia positivo o negativo, l’operatore provvede a pubblicare sul sito proprio web l’entità dell’aumento o della diminuzione due mesi prima della sua entrata in vigore. Il valore dell’aumento o della diminuzione è comunicato all’utente per iscritto o su supporto durevole, almeno un mese prima della loro entrata in vigore, ad esempio attraverso un avviso sulla fattura emessa periodicamente.
7. In caso di adeguamento superiore al 5% del canone l’utente finale può richiedere all’operatore di passare a un’offerta di analoghe caratteristiche che non preveda il meccanismo di adeguamento.
8. Le comunicazioni prima del contratto e nel contratto che riguardano l’adeguamento di cui al presente provvedimento devono essere caratterizzate dalla massima trasparenza e comprensibilità in relazione all’indice di adeguamento utilizzato, al mese di applicazione della variazione, alle modalità di comunicazione della variazione.
9. Le informazioni ai consumatori sulla presenza di eventuali clausole di indicizzazione vanno incluse nella descrizione delle offerte commerciali insieme alle condizioni economiche base delle stesse e poste in evidenza su tutti i canali di comunicazione, garantendo adeguata evidenza sui canali utilizzati e, in particolare, che: a) sul sito web tale clausola sia inserita chiaramente nella schermata principale della descrizione dell’offerta e relative condizioni economiche (con stesso font) e nelle pagine di dettaglio successive, b) negli stores tale clausola sia inserita chiaramente nella brochure e in tutti i materiali pubblicitari di descrizione delle condizioni economiche di offerta (con stesso font), c) nella vendita via canali telemarketing tale clausola sia comunicata insieme alla descrizione economica dell’offerta prima di procedere alla richiesta dei documenti e adesione del cliente all’offerta, d) non sia solo indicata la presenza di “adeguamenti” ma sia fornita una chiara descrizione del meccanismo di adeguamento, incluso l’indice utilizzato e la periodicità degli adeguamenti.
10. In tutti i casi, la eventuale clausola di indicizzazione va indicata chiaramente nella sintesi contrattuale che deve essere espressamente accettata dal cliente.
11. Nel caso di proposta di modifica delle condizioni generali di contratto da parte dell’operatore, che prevedono l’inserimento di clausole di adeguamento all’inflazione ai sensi del comma 1 del presente articolo per i clienti esistenti, l’operatore, nella comunicazione al cliente delle modifiche, deve chiaramente indicare l’inserimento di tali clausole, una chiara descrizione del meccanismo di adeguamento, incluso l’indice utilizzato.
12. Nel caso di proposte di modifica delle condizioni generali di contratto ai sensi del comma 1 del presente articolo da parte dell’operatore nei confronti di clienti esistenti, l’operatore è tenuto a non proporre, nella stessa comunicazione, ulteriori alternative all’utente finale.
La nuova normativa, dunque, prevede ad esempio che gli operatori di telefonia possono, una volta prevista l’indicizzazione nel contratto, di modificare le tariffe solamente in misura corrispondente alla variazione dell’indice annuale dei prezzi al consumo.
Gli operatori, inoltre, saranno obbligati ad informare i clienti di tali modifiche, che possono avvenire, in prima applicazione, solo dopo 12 mesi dall’adesione contrattuale.
Come indicato nell’articolato, l’AGCOM propone, a “maggior tutela dell’utente finale e considerata l’indeterminazione dell’indice di inflazione”, che in caso di adeguamento superiore al 5% del canone il cliente possa richiedere all’operatore di passare a un’offerta di analoghe caratteristiche che non preveda il meccanismo di adeguamento.
L’AGCOM ha sottolineato infine che la misura prevista al comma 12 va, di fatto, a disciplinare le fattispecie che sono, tra l’altro, state oggetto di attenzione da parte dell’AGCM in merito alla possibilità, in caso di comunicazione di modifica contrattuale, di prevedere una alternativa al recesso, che comunque deve essere previsto.
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