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Vodafone: multa di 500 mila euro dal Garante Privacy per operato scorretto di call center esterni

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Oggi, 28 Novembre 2022, Il Garante per la Protezione dei Dati Personali ha reso noto di aver sanzionato Vodafone Italia per 500 mila euro, in seguito al reclamo presentato da un’anziana signora che ha assistito al trasferimento, contro la sua volontà, della propria utenza telefonica da un altro operatore a Vodafone.

La sanzione, comminata all’operatore, è stata calcolata tenendo conto dell’attenuante di aver provveduto all’annullamento del contratto contestato, nonché dell’aggravante di aver commesso, nei tre anni precedenti, altre violazioni nel settore del telemarketing.

Oltre al pagamento della multa, Vodafone dovrà anche impegnarsi nel controllo del corretto operato dei call center esterni utilizzati per campagne di telemarketing, specialmente nel momento dell’acquisizione del consenso per finalità pubblicitarie e nella registrazione vocale dei contratti.

In seguito al reclamo, l’Autorità ha chiesto a Vodafone le proprie osservazioni relative all’accaduto, ricevendo la risposta della società con nota risalente al 5 Agosto 2021, che ha fatto presente quanto segue:

“Relativamente all’acquisizione del consenso, precedente al contatto del Partner Vodafone che ha perfezionato la vendita tramite Vocal Recording, dalle evidenze ricevute dallo stesso Partner, risulta che la Signora XX, in data 5 Novembre 2020 alle 13:33 abbia effettuato con il suo numero fisso […] una chiamata verso l’IVR avente numero 08119043605, all’epoca appartenente al sub fornitore Wocs del Partner PROMARKETING SHPK.

Conseguentemente la Signora XX, avendo prestato il proprio consenso al ricontatto, veniva ricontattata in recall dallo stesso Partner che finalizzava poi l’attivazione del contratto Tutto Facile Fisso tramite registrazione vocale che, in data odierna, la Scrivente ha provveduto ad inviare al Signor XX. Il contatto alla Signora XX è stato pertanto effettuato a fronte del consenso acquisito attraverso il precedente contatto inbound effettuato dalla stessa. Il rilascio del consenso commerciale veniva confermato dalla Signora XX anche in fase di registrazione vocale; poi revocato da Vodafone in data 24 Febbraio 2021, su richiesta della cliente.

Infine, per quanto concerne la correttezza del numero di Carta d’Identità, si fa presente che il numero del documento presente sui sistemi di Vodafone è lo stesso […] che la Signora XX forniva in fase di registrazione vocale effettuata a novembre 2020.”

In aggiunta, successivamente alla replica della reclamante, che ha contestato la legittimità di una presunta chiamata diretta ai call center di Vodafone, l’operatore ha comunicato la propria “disponibilità a ricevere dalla signora XX elementi oggettivi in merito all’assenza di chiamate dalla linea […] a lei intestata verso l’IVR del Partner commerciale (e.g. dettaglio del traffico uscente del mese di novembre 2020). Ciò in quanto Vodafone ha ricevuto dal proprio Partner commerciale e fornito nel proprio riscontro all’Autorità il print screen della chiamata in entrata ricevuta dalla linea […] verso l’IVR del Partner commerciale, pertanto ne ha preso atto e, in mancanza di evidenze contrarie, non può che confermare e ribadire quanto già esplicitato nel proprio riscontro del 7 Agosto 2021“.

Terminato lo scambio di missive delle parti, l’Ufficio del Garante ha quindi provveduto a inviare una nuova richiesta di informazioni a Vodafone, per l’acquisizione della registrazione della conversazione telefonica avvenuta tra l’anziana utente e l’operatore del call center di Vodafone.

In riscontro alla richiesta, la società ha proceduto all’invio della suddetta registrazione, sottolineando come, nel corso della telefonata “la signora XX, nell’ambito della vocalizzazione del contratto, confermava all’operatore gli estremi del proprio documento d’identità, del codice fiscale e del codice di migrazione della linea […], precedentemente forniti, e prestava altresì il consenso per finalità commerciali di cui l’operatore indicava la modalità di revoca in qualunque momento contattando il Servizio Clienti Vodafone. Consenso poi revocato da Vodafone in data 24 Febbraio 2021, su richiesta della cliente“.

Tra le violazioni accertate dall’Autorità in seguito al procedimento istruttorio, vi sono quindi quelle legate all’acquisizione del consenso per finalità di marketing. È emerso infatti come l’anziana abbia reso alla società il suo consenso il giorno dopo il contatto promozionale, in seguito a una presunta telefonata effettuata dalla stessa reclamante, sconfessata dall’anziana e dagli esiti dell’istruttoria.

Nel corso dell’istruttoria, Vodafone si è difesa affermando che l’utente aveva contattato volontariamente un call center albanese per farsi proporre un contratto alternativo, confermando lei stessa di volerlo sottoscrivere direttamente al telefono tramite i cosiddetti vocal order.

Il Garante, riascoltando la registrazione del colloquio con il call center, ha comunque accertato come non sia stata fornita un’informativa adeguata sul trattamento dei dati della reclamante, aggravato inoltre dalla velocità di 63 parole in 16 secondi con cui è stata letta al telefono.

In aggiunta, pare che il contratto per il trasferimento dell’utenza sia stato proposto all’anziana alla velocità di 200 parole al minuto per una durata di 6 minuti, risultando ugualmente incomprensibile, nonostante i ripetuti ascolti da parte dell’Autorità.

All’interno del provvedimento, quindi, il Garante Privacy ha contestato a Vodafone di aver violato, tramite la società albanese, i principi di correttezza e trasparenza previsti dal Gdpr in relazione alla conclusione di un contratto per servizi telefonici.

Tuttavia, secondo Vodafone, l’operatore del call center ha proceduto alla registrazione del vocal order solo dopo aver illustrato le varie offerte all’anziana utente e in seguito al riscontro, da parte sua, di un orientamento favorevole alla conclusione del contratto e all’acquisizione dalla stessa dei dati necessari, fra i quali anche gli estremi del documento di riconoscimento.

A questo proposito, la società ha spiegato che il vocal order contiene i dati che vengono acquisiti nella parte della telefonata non soggetta a registrazione, e che tali dati non potrebbero essere già presenti nei sistemi Vodafone, in quanto diverse informazioni, quali il codice di migrazione, sono a conoscenza solo dell’intestatario del contratto.

In sede di audizione Vodafone ha inoltre evidenziato come, effettivamente, nel caso sollevato dalla ultraottantenne emerge una discrepanza fra quanto indicato nel cartellino della chiamata, che sarebbe stata effettuata il 5 Novembre 2020, e il vocal order della vendita, nel quale l’operatore indica la data del 4 Novembre 2020.

Per questa ragione Vodafone aveva richiesto alla reclamante la documentazione in ordine al traffico telefonico in uscita, in modo da acquisire un elemento idoneo a fare chiarezza sulla questione, appurando se eventualmente fosse stato formato un cartellino di chiamata falso e chiederne conto direttamente al teleseller.

Anche la circostanza secondo la quale la chiamata sia avvenuta nell’ambito della campagna “Vodafone Outbound“, non prova, a detta della società, che essa non possa essere stata preceduta da una chiamata della reclamante per prestare il proprio consenso al ricontatto.

Per l’operatore rosso la denominazione “Vodafone Outbound” indica che la società, a seguito della richiesta di contatto in inbound, abbia correttamente proceduto in outbound nel tentativo di ricontattare l’interessata, in modo da esporre l’offerta di interesse e che quindi, abbia riportato la medesima dicitura nel sistema.

In ogni caso, Vodafone ha tenuto a precisare la massima collaborazione, da parte sua, con il Garante Privacy, anche attraverso la produzione del vocal order relativo alla vendita, con l’intento di offrire all’Autorità il supporto documentale necessario a una compiuta valutazione della vicenda.

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