Tim: i rappresentanti sindacali Solari e Faraoni si esprimono dopo il Capital Market Day
A seguito del Capital Market Day di Tim, avvenuto ieri 7 luglio 2022, alcuni rappresentati sindacali hanno espresso la propria opinione in merito al nuovo piano strategico dell’azienda, che prevede la separazione degli asset di rete fissa (NetCo) da quelli dei servizi (ServiceCo).
L’intento della società è stato già motivo di scioperi nazionali da parte dei lavoratori del Gruppo Tim: il primo è avvenuto lo scorso 23 febbraio 2022, mentre quello più recente è stato il 21 giugno 2022. Entrambi gli eventi sono stati definiti come un modo difendere la tenuta occupazionale dell’azienda e il futuro del Paese.
Di seguito, le parole del segretario generale della Slc Cgil, Fabrizio Solari:
La prospettiva della rete unica è una proposta che il sindacato avanzò già tre anni fa. Quindi per noi il problema oggi non è la rete unica, ma lo scempio che si sta compiendo su Tim.
Si sta cancellando una delle poche grandi aziende rimaste nel nostro Paese creando una gravissima asimmetria rispetto a quanto avviene nel resto d’Europa, dove gli ex “incumbent” nazionali, verticalmente integrati, pensano a un processo di consolidamento per crescere e competere nel mondo globalizzato.
Lo spezzatino di Tim rischia di generare, invece, una società della rete più simile all’Anas che a una moderna impresa di telecomunicazioni, mentre il segmento servizi, visto il carico di debiti e di costi generali che avrà in dote, dovrà affrontare una competizione difficilmente sostenibile nell’asfittico mercato nazionale, con il forte rischio di pesanti ricadute occupazionali.
La ragione addotta per la separazione è che genererebbe valore, ma a suo tempo la moltiplicazione dei pani e dei pesci richiese un miracolo. Davvero, quindi, non si capisce il motivo per il quale, con l’attuale capitalizzazione di borsa, per comprare l’intera Tim basterebbero 4 miliardi, mentre Cassa Depositi e Prestiti e soci per comprarne solo un pezzo (la rete) dovrebbero sborsare tra i 20 e i 30 miliardi. Visto che nell’operazione è impegnata un’azienda pubblica mi aspetto che il governo voglia fare chiarezza.
Questo, invece, il commento di Alessandro Faraoni, segretario generale della Fistel Cisl:
Dopo la presentazione dell’amministratore delegato di Tim, Pietro Labriola, siamo ancor più convinti che serve chiarezza da parte di tutti gli attori. Fermo restando la netta contrarietà al progetto, siamo ancor più preoccupati della poca chiarezza per il futuro delle lavoratrici e lavoratori di una grande azienda come Tim.
Serve un progetto chiaro, non solo riguardo all’aspetto finanziario, che faccia comprendere alle parti sociali come azienda e Governo intendano gestire perimetro occupazionale, investimenti nella NetCo e nella ServiceCo e quale tipo di riqualificazione per i dipendenti.
Senza chiarezza non si va da nessuna parte ma soprattutto si rischia di allontanarsi da un progetto comune per salvaguardare un’azienda come Tim che rappresenta un asset importante anche per il settore delle tlc, il quale rischia di uscire con le ossa rotte e senza possibilità di futuro.
Il silenzio e l’improvvisazione di un Governo assente e distratto rischiano di trasformare in cenere un’azienda e un settore che, per storia ed importanza, non meritano il disinteresse generale della politica.
In attesa di nuovi eventuali risvolti in merito alla vicenda, si ricorda, infine, che sempre nella giornata di ieri la compagine composta da TIM, Leonardo, Cassa Depositi e Prestiti (CDP, attraverso la controllata CDP Equity) e Sogei, in qualità di soggetto promotore, ha esercitato il diritto di prelazione nell’ambito della gara europea per l’affidamento, mediante un contratto di partenariato pubblico privato, della realizzazione e gestione del Polo Strategico Nazionale (PSN).
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