Nel corso dell’ultima giornata dedicata al Festival dell’Economia di Trento (tenutosi dal 2 al 5 giugno 2022), l’Amministratore Delegato di Tim, Pietro Labriola, ha rilasciato un’intervista in cui si è espresso in merito al tema “PNRR e tecnologie di nuova generazione: il ruolo delle TLC per l’economia del futuro“, indicando anche quelle che, secondo lui, saranno le tempistiche necessarie per la realizzazione del progetto rete unica.
A detta dell’AD di Tim, l’emergenza sanitaria da Covid-19 ha sottolineato come le telecomunicazioni siano un bene di prima necessità, in quanto assicurano servizi che fanno parte della quotidianità (in due anni, il traffico dati è raddoppiato sulla rete fissa e triplicato sulla rete mobile).
Proprio per questo, Labriola ritiene imprescindibile la creazione di una politica industriale per le Telco, auspicando che il dialogo con Istituzioni, sindacati e operatori porti a misure in grado di sostenere un settore considerato strategico per l’economia e la ripresa del Paese.
Durante l’intervista rilasciata a Marigia Mangano del quotidiano Il Sole 24 Ore, l’Amministratore Delegato di Tim ha spiegato i motivi per cui, nonostante l’accelerazione nell’uso dei servizi digitali e l’arrivo del 5G sul mercato, i conti del settore TLC continuino a segnare rosso.
Ciò, per Pietro Labriola, è dovuto alla presenza in Italia di 4 diversi operatori telefonici (un numero ritenuto troppo elevato rispetto alla domanda potenziale), con conseguente “guerra dei prezzi“, che ha portato il Paese ad essere tra quelli con i costi più bassi d’Europa e ha impedito al settore di investire in qualità e sviluppo.
In merito alla questione, Labriola vede due “traiettorie“: la prima riguarda la ricerca di sinergie tra gli operatori per puntare al consolidamento, mentre la seconda fa riferimento alla strategia di Tim, volta alla soddisfazione del cliente, attraverso qualità dei servizi, comunicazione efficace e prezzo adeguato.
Relativamente al PNRR, Pietro Labriola ha ricordato i 50 miliardi di euro stanziati per la transizione digitale, oltre agli investimenti effettuati da Tim per supportare la strategia del Governo (investimenti in ambito PNRR vicini a circa 4 miliardi di euro), al fine di creare opportunità per la crescita del settore TLC e per la trasformazione digitale del Paese.
Sul 5G, invece, Labriola ha specificato che i costi di investimento degli operatori per questa tecnologia sono particolarmente elevati e che esistono alcune aree in cui investimenti di questo genere sarebbero difficilmente sostenibili. In ogni caso, la rete di quinta generazione, secondo l’esponente di Tim, non va ritenuta come una tecnologia sostitutiva della fibra ottica bensì complementare, con la caratteristica di abilitare servizi di nuova generazione.
L’Amministratore Delegato ha anche motivato la scelta di Tim di separare la gestione delle infrastrutture di rete dai servizi. Il riassetto del Gruppo, infatti, dovrebbe portare a un miglior bilanciamento tra costi e benefici specifici delle due attività, con più libertà di manovra per il commerciale e maggior prevedibilità e stabilità dei ritorni per il wholesale.
Alla luce di ciò, si è fatto riferimento a uno studio di McKinsey, che evidenzia come cambi la percezione del mercato finanziario verso gruppi verticalmente integrati rispetto a gruppi focalizzati su singole attività. Il perché, è stato motivato da Labriola in questo modo:
Il tema cruciale dello studio citato, che è anche uno dei cardini del nostro piano industriale, è che le singole attività hanno bisogno di tempi e strategie differenti. Rendere più visibile andamento e prospettive dei vari business è una chiave per far sì che il mercato li valuti in maniera corretta.
Il nostro progetto di separazione è basato su considerazioni industriali e ha l’obiettivo di creare entità autonome, più efficaci e competitive di quanto non lo siano restando integrate in un’unica società.
L’integrazione verticale, e non mi riferisco soltanto all’Italia, è diventata anacronistica: i nostri concorrenti sul fisso hanno una struttura di costo tutta market driven e con investimenti infrastrutturali molto più limitati dei nostri in quanto si basano prevalentemente sull’acquisto di servizi all’ingrosso della nostra rete.
Al contrario, noi fino ad oggi abbiamo dovuto tenere conto del mercato retail ma anche delle esigenze del mercato wholesale, senza certezze sul ritorno degli investimenti a causa di una pressione regolamentare senza eguali in Europa.
La firma del MoU è un primo passo di un progetto coraggioso e in linea con quanto detto perché ciò che si sta vagliando è la realizzazione di una rete unica in fibra nazionale.
Si ricorda, a tal proposito, che lo scorso 29 maggio 2022, CDP Equity KKR, Macquarie, Open Fiber e Tim hanno sottoscritto un protocollo di intesa non vincolante (Memorandum of Understanding, MoU) relativo al progetto di integrazione tra le reti di Tim e Open Fiber.
L’obiettivo è quello di avviare un processo volto alla creazione di un solo operatore delle reti di telecomunicazioni, non verticalmente integrato, controllato da CDPE e partecipato da Macquarie e KKR, per accelerare la diffusione della fibra ottica e delle infrastrutture VHCN (Very High Capacity Networks) sull’intero territorio nazionale.
Labriola è dell’opinione che il progetto sulla rete unica verrà completato in 12 o 18 mesi. È bene specificare, però, che con la sottoscrizione del Memorandum of Understanding (MoU) non vincolante, le parti coinvolte si sono impegnate a negoziare in via esclusiva e in buona fede i termini e condizioni dell’operazione, con l’obiettivo di addivenire alla firma di eventuali accordi vincolanti entro il 31 ottobre 2022.
Inoltre, la sottoscrizione di tali accordi sarà portata all’approvazione dei rispettivi organi deliberanti e soggetta all’ottenimento delle necessarie autorizzazioni (incluse quelle in materia di Antitrust) da parte delle Autorità italiane ed europee competenti.
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