Tim: i sindacati scrivono a Draghi sul futuro dell’azienda e del settore TLC
Nella giornata di oggi, 14 febbraio 2022, i sindacati Cgil, SLC Cgil, Cisl, Fistel Cisl, Uil e Uilcom Uil hanno inviato una lettera unitaria al Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana, Mario Draghi, in merito al futuro assetto di Tim, a livello societario, industriale e occupazionale.
In merito alla stessa questione, lo scorso 10 febbraio 2022, i sindacati avevano incontrato proprio l’Amministratore Delegato di Tim, Pietro Labriola, manifestando, successivamente, la volontà di scioperare contro la possibilità di uno “spezzatino” industriale.
Di seguito, il contenuto completo della lettera unitaria inviata dai sindacati al Presidente Mario Draghi:
Egregio Presidente,
Siamo con la presente ad evidenziarLe la nostra fortissima preoccupazione in merito al futuro assetto societario del Gruppo TIM, degli attuali livelli occupazionali e del suo futuro industriale. Futuro che non può non interessare il generale assetto del mercato TLC del Paese.
Il 2 dicembre 2021 incontrando i Ministri Giorgetti e Colao abbiamo avuto modo di esporre le nostre ragioni sulla necessità di scongiurare uno “spezzatino” delle attività del Gruppo TIM, un’azione che mal si confarebbe con gli importanti interessi strategici e di sviluppo del Paese e che lascerebbe potenzialmente sul campo migliaia di esuberi. I Ministri ci avevano assicurato, vista la rilevanza e la complessità della situazione, non solo il loro impegno ma anche di realizzare un celere aggiornamento sulla evoluzione del contesto riconvocandoci a breve, purtroppo ciò non è avvenuto.
Il 22 dicembre 2021 scorso Ella in conferenza stampa fu estremamente efficace sostenendo che “Ci sono tre cose da tutelare nel futuro assetto societario di Tim: l’occupazione, la rete e la tecnologia. Noi dobbiamo vedere cosa sta succedendo perché ancora non è chiaro, ma la configurazione societaria a cui si dovrà pervenire deve raggiungere questi obiettivi”.
Il 26 gennaio 2022 scorso il nuovo AD Dott. Labriola ha illustrato al CDA di TIM le linee guida del piano industriale 2022-2024, che presenterà al Consiglio il prossimo 2 marzo 2022.
In tale occasione il Consiglio ha deciso di dare mandato all’Amministratore Delegato di approfondire possibili opzioni strategiche mirate a massimizzare la creazione di valore per gli azionisti, con specifico riferimento agli asset infrastrutturali del Gruppo, anche attraverso soluzioni che comportino il superamento dell’integrazione verticale.
Contestualmente continua ad “aleggiare” la manifestazione di interesse indicativa e non vincolante inviata da KKR.
Nell’incontro svoltosi il 10 febbraio 2022 con le scriventi sigle sindacali, l’Amministratore Delegato di Tim non è ancora stato in grado di fugare i dubbi circa la decisione di cessione della Rete. Ha anzi evidenziato gli evidenti, a suo dire, vantaggi dell’operazione in termini di recupero di competitività commerciale dell’azienda.
Per quanto ci riguarda questa eventualità continua ad essere sbagliata sotto ogni profilo. In Europa di fatto solo la Danimarca ha deciso di scorporare la rete dall’ex monopolista. I più grandi Paesi del continente continuano a vedere negli ex incumbent delle aziende di sistema, capaci di competere sui mercati esteri, anche in una ottica di aggregazione europea come risposta alla competizione dei colossi asiatici ed americani, ed essere punto di riferimento interno, sebbene in un contesto di libero mercato.
Basta vedere con obiettività cosa è invece accaduto nel nostro Paese nell’ultimo trentennio per capire che evidentemente è il modello scelto ad essere sbagliato. Un settore che ovunque rappresenta un volano di crescita e sviluppo tecnologico è ridotto in Italia a bruciare 12 miliardi di ricavi negli ultimi undici anni. Una dinamica che ha aggravato gli effetti dei ritardi sul superamento del digital divide e si è drammaticamente riverberata sull’occupazione del settore, in costante diminuzione da decenni.
Non è con la costruzione di tante piccole reti in fibra che l’Italia si doterà di una infrastruttura inclusiva, aperta, capace di garantire a tutte ed a tutti il diritto alla connettività.
Ad oggi Sig. Primo Ministro, a distanza di due mesi, non abbiamo avuto riscontri ufficiali da parte dei componenti del Governo. L’atteggiamento interlocutorio delle Istituzioni ed una decisa accelerazione dell’azienda che stringe i tempi per arrivare al più presto ad un piano industriale, non fanno che aumentare le nostre preoccupazioni ed il disagio degli oltre 42.000 lavoratrici e lavoratori occupati nel Gruppo TIM e degli altrettanti dell’indotto, angosciati dal loro futuro occupazionale.
I tempi sono strettissimi. Il 2 marzo 2022 il CDA di TIM potrebbe approvare il nuovo piano industriale che darebbe il via allo smembramento del Gruppo. Nel frattempo tutte le aziende del settore sono pervase da riassetti che potrebbero portare ad un vero e proprio stravolgimento.
Sono in gioco, Signor Primo Ministro, circa 40.000 posti di lavoro nel prossimo anno fra i maggiori player del settore ed il composito mondo degli appalti (istallazioni telefoniche, call center, information tecnology).
Apprezzando la Sua importante presa di posizione dello scorso 22 dicembre, Illustrissimo Presidente del Consiglio dei Ministri, ci rivolgiamo quindi a Lei, per dipanare questa complicata situazione per il bene del Paese e delle lavoratrici e dei lavoratori occupati nel Gruppo TIM e nel settore, considerando il ruolo di protagonista che ha lo Stato in questa vicenda essendo il secondo azionista del Gruppo TIM ed il primo in OPEN FIBER, ambedue coinvolte nel percorso di realizzazione della RETE UNICA. Per tutte queste ragioni Le chiediamo di voler favorire l’apertura di un tavolo complessivo presso la Presidenza del Consiglio.
Grazie! Distinti saluti.
Sostanzialmente, dunque, i sindacati, continuano ad essere contro la possibilità di uno scorporo, poiché non ritengono che questa sia la soluzione più idonea ai problemi di Tim, del Gruppo e del settore TLC.
La missiva, in particolare, ha l’intento di richiamare l’attenzione del Governo sull’argomento in tempi brevi, considerando che, il prossimo 2 marzo 2022, il CDA di Tim potrebbe approvare il nuovo Piano Industriale 2022/2024, con potenziali conseguenze sul piano occupazionale per lavoratori e lavoratrici del settore (circa 40 mila posti di lavoro).
La richiesta, quindi, è che lo Stato, coinvolto direttamente nelle vicende (in quanto secondo azionista del Gruppo Tim e primo in Open Fiber) intervenga per favorire l’apertura di un tavolo complessivo presso la Presidenza del Consiglio.
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