L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha avviato un’istruttoria nei confronti di WindTre per alcune possibili condotte a danno dei rivenditori, operate tramite “clausole e condizioni economicamente insostenibili”, come evidenziato da una segnalazione di un’azienda con diversi punti vendita. Non si è fatta attendere la risposta di WINDTRE.
Ecco la risposta ufficiale da parte dell’operatore:
WindTre disconosce le presunte condotte e specifica che le lamentele descritte nel fascicolo sono state avanzate da un singolo rivenditore e che le stesse trovano, al contrario, la propria reale motivazione in una fisiologica riorganizzazione della rete di vendita.
Il caso è stato aperto dunque dopo una segnalazione di un rivenditore che aveva operato dapprima con il brand 3 Italia (H3G) e in seguito con WindTre, fino alla cessazione della collaborazione nel 2018.
Secondo l’azienda a conduzione familiare, a seguito della fusione per la nascita dell’operatore Wind Tre il rapporto contrattuale sarebbe andato deteriorandosi fino al recesso a causa delle condotte poste da WindTre nei confronti “dell’intero canale distributivo dei rivenditori”.
I fatti segnalati sono stati valutati dall’Antitrust, che ha così deciso di avviare un’istruttoria visto il numero di potenziali rivenditori coinvolti.
In primo luogo, dalla documentazione fornita, è emerso che i contratti prevedevano un obbligo di esclusiva del rivenditore nei confronti di WindTre in ragione di “stringenti obblighi sulla tipologia di arredi e del materiale che il rivenditore può usare nei propri locali”.
Inoltre, i contratti tra WindTre e rivenditori avrebbero previsto il meccanismo di reverse charge secondo cui il costo dell’IVA veniva di fatto sostenuto dal rivenditore, il meccanismo degli storni pro rata e una serie di modifiche unilaterali che avrebbero peggiorato la remunerazione economica del rivenditore.
L’azienda che ha inviato la segnalazione ha fornito dettagli sul meccanismo di Reverse Charge, che l’AGCM ha valutato ai fini della sua decisione pubblicata nel Bollettino di questa settimana.
Tale meccanismo sarebbe stato applicato almeno dai primi mesi del 2011 e come premessa necessitava dell’acquisto, da parte del rivenditore, di apparecchi telefonici e SIM da WindTre, senza pagare l’IVA in base alla legislazione vigente.
Il rivenditore non poteva infatti reperire liberamente sul mercato i telefoni perché il sistema di attivazione della SIM non avrebbe altrimenti riconosciuto il cellulare, impedendo l’attivazione del contratto di telefonia.
Le SIM venivano offerte poi sul mercato al dettaglio, non necessariamente in abbinamento con il telefono, ma al momento della vendita il rivenditore emetteva uno scontrino al consumatore finale che paga l’IVA sui beni acquistati, senza tuttavia incassare alcun importo.
Infatti, contestualmente alla vendita al consumatore finale, scattava per l’intero importo indicato nello scontrino, comprensivo di IVA, la cessione del credito a WindTre.
In altri termini, le rate versate mensilmente dal consumatore finale venivano incassate direttamente da WindTre e non dal rivenditore, soggetto al pagamento dell’IVA inclusa nelle stesse.
Così facendo, il consumatore pagava il costo dell’IVA, ma questo veniva incassato da WindTre, mentre l’onere tributario di versamento rimaneva in capo al rivenditore, essendo il soggetto emittente lo scontrino.
Secondo quanto segnalato, WindTre non avrebbe poi fornito a compensazione la liquidità necessaria a far fronte agli oneri fiscali sull’IVA.
Con riferimento, invece, al meccanismo degli storni pro rata, tale prassi contrattuale riguardava la vendita di dispositivi cellulari con la rateizzazione al consumatore finale degli importi del prezzo di vendita.
Precisamente, WindTre pagava mensilmente le commissioni per i clienti acquisiti, ma con la stessa cadenza temporale conteggiava anche i clienti che avevano interrotto il rapporto senza completare il pagamento rateizzato.
Così facendo, in caso di recesso da parte dei clienti finali, indipendentemente dalle penalità applicate, WindTre stornava la quota di commissione connessa alle rate dagli importi dovuti al rivenditore.
Secondo quanto riportato, il meccanismo operava indipendentemente dalla causa che portava il cliente a cambiare gestore e veniva applicato anche nei casi in cui WindTre recuperava il cliente in altro modo, ad esempio tramite offerte winback proposte tramite call center.
A questi due meccanismi si sarebbero susseguite nel tempo diverse modifiche unilaterali relative al piano compensi, almeno cinque solo nel 2016 e altre due nel 2017.
Infine, è stato segnalato il “recesso ingiustificato” da parte di WindTre reso noto con tre separate comunicazioni a tutti i punti vendita dell’azienda segnalante. Nessuna delle comunicazioni inviate aveva riportato una motivazione o inadempimento contrattuale da parte del rivenditore.
L’Antitrust, vista la segnalazione, ha citato l’articolo 9 della Legge 192/1998 che vieta l’abuso, da parte di una o più imprese, dello stato di dipendenza economica e qualifica come abusive le condotte come imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose o discriminatorie e l’interruzione arbitraria delle relazioni commerciali in atto.
Secondo l’Autorità potrebbe sussistere nel caso in questione un rapporto di dipendenza economica tra WindTre e l’azienda segnalante alla luce degli elementi descritti. L’operatore italiano potrebbe dunque avere imposto ai propri rivenditori una serie di condizioni e obblighi ingiustificatamente gravosi che potrebbero aver compromesso i relativi margini di redditività.
Per queste ragioni, ritenuto che le condotte di WindTre potrebbero configurare un abuso di dipendenza economica rilevante per la tutela della concorrenza e del mercato, l’AGCM ha avviato l’istruttoria nei confronti dell’operatore. Il procedimento dovrà concludersi entro il 31 Dicembre 2022.
Articolo pubblicato alle 18:04 del 23 Novembre 2021. Aggiornamento alle 18:27 del 23 Novembre 2021.
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