Il Consiglio di Stato ha valutato l’appello di TIM sul caso della delibera dell’AGCOM contro il meccanismo di Ricarica+. L’operatore aveva richiesto già l’annullamento al TAR, senza successo.
La diffida dell’AGCOM era giunta con delibera numero 498/19/CONS nei confronti di TIM in seguito al procedimento avviato a causa delle numerose segnalazioni di utenti e associazioni sulla modifica dei tagli di ricarica da 5 e 10 euro con l’introduzione del costo di 1 euro.
Al termine delle sue attività, l’Autorità aveva ricostruito il quadro legislativo vigente (citando anche il cosiddetto Decreto Bersani sulla trasparenza delle tariffe), ritenendo che fosse particolarmente rilevante la pratica che consisteva nel non offrire più i tagli di ricarica standard di importo pari a 5 e 10 euro, tramite determinati canali di vendita, se non sotto forma di offerta.
Nello specifico, l’Autorità riteneva che l’operazione commerciale non fornisse informazioni corrette e incidesse sulle categorie degli utenti economicamente più deboli che avrebbero voluto semplicemente acquistare una ricarica “effettiva” di cinque o dieci euro.
Valutando il meccanismo di Ricarica+ e le competenze dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, il TAR Lazio aveva ritenuto che la diffida dell’Autorità fosse legittimamente orientata al rispetto delle disposizioni di legge relative al divieto di costi fissi di ricarica e alla tutela della trasparenza e dell’uguaglianza di accesso al mercato delle telecomunicazioni.
Così, il ricorso di TIM per l’annullamento della delibera era stato rigettato.
Il Consiglio di Stato, che si è espresso con sentenza pubblicata il 1° Ottobre 2021, ha però ribaltato le prospettive.
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Infatti, l’appello di TIM sulla delibera AGCOM contro Ricarica+ è stato accolto poiché, secondo il Consiglio di Stato, alla luce di quanto affermato dalla Corte di Giustizia, la regola generale vuole che la competenza in caso di pratica commerciale scorretta spetti all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, dunque all’AGCM, e non all’AGCOM.
A tal proposito, si evidenzia che l’Antitrust aveva già contestato la scarsa informazione sulle modalità di funzionamento di Ricarica+ e l’AGCOM era intervenuta in ottemperanza al dovere di vigilanza sul divieto di introduzione di costi fissi di ricarica, fissato dal Decreto Bersani.
Secondo la sentenza del TAR, le misure correttive avviate dalle due Autorità non sarebbero sovrapponibili ma ben distinte.
Il Consiglio di Stato, con la sua recente sentenza, ha invece chiaramente ribadito che la competenza delle altre autorità di settore diverse dall’AGCM, inclusa l’AGCOM, è residuale e ricorre “soltanto quando la disciplina di settore regoli aspetti specifici delle pratiche che rendono le due discipline incompatibili”.
Nel caso della Ricarica+ di TIM, la competenza è esclusivamente dell’Antitrust, poiché la condotta contestata dalle due autorità è invece la medesima, e consiste nell’avere effettuato un’offerta commerciale che prevede una ricarica effettiva di 4 o 9 euro a fronte dell’acquisto di un taglio dal prezzo di 5 o 10 euro rispettivamente (e con l’aggiunta di altri servizi come minuti illimitati e giga illimitati per 24 ore, voucher per il cinema e partecipazione a concorsi a premi).
Dunque, è valido per l’AGCOM un divieto di iniziare un secondo procedimento dopo quello dell’Antitrust, poiché l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni non dispone di competenza per adottare provvedimenti nel settore delle pratiche commerciali scorrette.
In altri termini, come si legge dalla sentenza del Consiglio di Stato (ecco il documento completo), l’AGCOM non poteva avviare il suo procedimento non tanto perché sul medesimo fatto si era già pronunciata l’Antitrust, ma perché non disponeva della competenza necessaria.
Per questa ragione, la sentenza definitiva del Consiglio di Stato sul caso della Ricarica+ di TIM ha visto annullare la delibera dell’AGCOM contenente la diffida all’operatore.
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