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TIM, chiamate indesiderate: il CdS ha deciso sulla richiesta di Fastweb per l’accesso agli atti

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Il Consiglio di Stato si è espresso in merito al caso legato all’accesso ai documenti da parte di Fastweb per il procedimento del Garante Privacy sulle telefonate indesiderate di TIM, che aveva portato a una sanzione da oltre 27 milioni di euro.

Come evidenziava il Garante Privacy, dal Gennaio del 2017 ai primi mesi del 2019 erano pervenute centinaia di segnalazioni relative, in particolare, alla ricezione di chiamate promozionali indesiderate effettuate senza consenso o nonostante l’iscrizione delle utenze telefoniche nel Registro pubblico delle opposizioni, oppure ancora malgrado il fatto che le persone contattate avessero espresso alla società la volontà di non ricevere telefonate promozionali.

In seguito al procedimento, Fastweb ha richiesto di ottenere l’accesso ai documenti dei suoi clienti coinvolti. Il Garante Privacy e successivamente il TAR hanno accolto l’accesso ai dati, ma il CdS aveva confermato la sospensione cautelare richiesta da TIM fissando la data della trattazione.

Con sentenza pubblicata oggi, 8 Febbraio 2021, (ecco il documento completo), il CdS ha adesso deciso sulla questione dell’accesso agli atti che TIM riteneva di non dovere concedere per il rispetto del suo interesse alla riservatezza.

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Anche secondo il Consiglio di Stato, non esiste alcuna previsione normativa che ponga un divieto generale all’accesso di terzi ai documenti acquisiti nell’ambito di procedimenti amministrativi sanzionatori.

In relazione a tali procedimenti, inoltre, occorre aver riguardo alla relazione esistente tra il documento amministrativo e la necessità dell’istante di curare o difendere i propri interessi giuridici.

Dunque, nel caso di Fastweb, la necessità della conoscenza del documento determinerebbe “il nesso di strumentalità tra il diritto all’accesso e la situazione giuridica finale, nel senso che l’ostensione del documento dev’essere valutata, sulla base base di un giudizio prognostico ex ante, come il tramite per acquisire gli elementi di prova in ordine ai fatti (principali e secondari) integranti la fattispecie costitutiva della situazione giuridica finale controversa”.

In quest’ottica, il provvedimento del Garante Privacy, poi confermato dal TAR, che accoglieva parzialmente l’istanza di accesso di Fastweb, rispetta i principi dell’accesso difensivo, considerando i rapporti intercorrenti tra le due aziende (sia nella fornitura del servizio WLR che per l’incidenza pregiudizievole delle condotte di TIM sul portafoglio clienti di Fastweb).

Inoltre, il Garante Privacy avrebbe anche bilanciato l’interesse all’accesso difensivo di Fastweb con quello della riservatezza di TIM, accogliendo l’istanza solo limitatamente alle utenze telefoniche dei clienti Fastweb tramite comunicazione del numero telefonico, del codice fiscale dell’intestatario e di data di attivazione.

Per questo motivo, il Consiglio di Stato si è definitivamente pronunciato sull’appello di TIM, respingendolo, e permettendo a Fastweb l’accesso ai dati dopo la sospensione cautelare inizialmente concessa.

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