È giunta quest’oggi, 19 Gennaio 2021, una sanzione dell’AGCOM nei confronti di TIM per la modifica contrattuale legata al cambiamento delle condizioni del Piano Base, con un costo fisso di 1,99 euro al mese per alcuni clienti in assenza di offerte attive.
La storia risale esattamente a un anno fa, quando a Gennaio 2020 TIM aveva informato della rimodulazione alcuni clienti. L’AGCOM aveva avviato le prime verifiche di ufficio e a Giugno 2020 aveva trasmesso a TIM una nota con alcune richieste di documentazioni e informazioni.
Sulla base delle informazioni fornite, l’AGCOM ha potuto constatare che TIM ha addebitato a una vasta platea di clienti intestatari di SIM con piani a consumo un costo fisso mensile in virtù di una pretesa modifica contrattuale, ponendo in essere una vera e propria “novazione” del contratto sotto il profilo oggettivo e introducendo una condizione contrattuale ex novo che ne ha mutato radicalmente la natura. I piani dei clienti coinvolti, infatti, tramite la modifica unilaterale sono passati dall’essere a consumo a essere piani a costo fisso mensile.
Per questa ragione, l’AGCOM ha avviato un procedimento sanzionatorio. TIM si è difesa con diverse argomentazioni, inclusa l’incompetenza dell’Autorità sulla questione, ma l’AGCOM ha evidenziato che la ratio degli obblighi informativi previsti dall’articolo 70 del Codice delle Comunicazioni Elettroniche consiste proprio nel garantire agli utenti il diritto di ottenere informazioni chiare, complete e trasparenti al fine di poter meglio orientarsi in un mercato concorrenziale e operare scelte consapevoli.
Nel caso specifico, TIM non ha esercitato il suo jus variandi modificando le condizioni di un suo servizio, ovvero non ha effettuato una modifica volta ad adeguare le condizioni contrattuali già accettate dai destinatari, ma ha proceduto a modificare sostanzialmente il contratto prepagato sottoscritto dagli utenti, che era caratterizzato dal pieno controllo della spesa tramite la fruizione di servizi a consumo.
In altri termini, secondo l’Autorità, in linea generale la facoltà di modificare unilateralmente un contratto incontra “il limite insito nella stessa funzione modificativa”, tale che non si possa “porre in essere una nuova obbligazione, perché in tal caso andrebbe oltre la modifica, comportando, come la fattispecie in esame, la costruzione di una nuova prestazione e l’oggettivo stravolgimento dell’identità del rapporto contrattuale principale”.
Inoltre, nelle sue difese TIM aveva presentato il costo fisso come un “canone di accesso ai servizi”, ma secondo l’Autorità tale voce non risultava contemplata in nessuno dei paini impattati dalla modifica unilaterale e nascerebbe invece dall’esigenza di limitare i contesti di utilizzi impropri dei servizi a consumo per usi diversi rispetto alla telefonia, come indicato dall’operatore.
Tuttavia, anche in caso di presunti utilizzi impropri, TIM avrebbe potuto avvalersi, continua l’AGCOM, di quanto previsto dalle sue stesse Condizioni Generali all’articolo 6,1, che permette di sospendere il servizio.
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Secondo l’Autorità, dunque, TIM avrebbe tenuto una condotta difforme dal quadro normativo e regolamentare vigente; inoltre, la violazione in questione è stata ritenuta di grave entità e di durata media, a causa del rilevante vantaggio economico conseguito dall’operatore.
Infine, non sono state attuate misure atte ad eliminare o attenuare le conseguenze della violazione, al netto di alcune iniziative volte a garantire una più completa trasparenza delle informazioni.
Per questo motivo, con la delibera odierna (ecco il documento completo) l’AGCOM ha ingiunto a TIM il pagamento di una sanzione dell’importo di 928.000 euro.
Si ricorda che la rimodulazione di TIM è entrata in vigore il 29 Febbraio 2020, con un costo di 1,99 euro al mese IVA inclusa per alcuni piani base a consumo non più in commercializzazione, che viene applicato solo in assenza di un’offerta con almeno minuti o Giga sulla propria SIM.
Come ricordato anche dall’Autorità, TIM ha proposto ad alcuni clienti l’attivazione di un’offerta compensativa con un bundle che comprendeva anche traffico dati. Inoltre, i clienti potevano cambiare il loro piano impattato per evitare di sostenere costi aggiuntivi.
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