L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha pubblicato il nuovo Focus Bilanci per gli anni 2015-2019, che analizza la redditività, l’occupazione e il livello di investimenti delle principali aziende del settore delle telecomunicazioni per fornire una panoramica sul loro stato di salute.
Il periodo considerato in quest’analisi è quello che va dal 2015 al 2019, rispetto al precedente Focus che si fermava al 2018.
Gli operatori presi in esame (i cui dati sono ricavati dai bilanci d’esercizio) sono Blg TLC, Brennercomm, BT Italia, Compagnia Italia Mobile, CloudItalia, Colt Technology Services, Daily Telecom Mobile, Digi Italy, Eolo, Fastweb, Go Internet, Iliad, Infracom Italia, Intred, KPNQwest Italia, Linkem, Lycamobile, Mc-Link, Open Fiber, Orange Business Italy, Poste Mobile, Qcom, Retelit, TI Sparkle, TIM, Tiscali Italia, TWT, Unidata, Verizon Italia, Vodafone Italia, Welcome Italia, Wind Tre.
Partendo con l’andamento aggregato dei ricavi, si nota una flessione nel biennio 2018-2019 del -7% circa a livello cumulato, dopo il triennio precedente caratterizzato da una stabilizzazione dei ricavi.
Nel 2019, il valore totale di ricavi stimato da AGCOM è di 29,4 miliardi di euro, in calo del -5,8% rispetto al 2015, per una contrazione media annua del -1,5%.
In questo contesto, TIM ha mostrato per gran parte dell’intervallo temporale considerato una riduzione dei ricavi meno accentuata rispetto alla media delle altre imprese tlc, ma nel 2019 la riduzione si è intensificata e TIM ha perso il -5,5% nel 2019 rispetto alla media del -2,1% degli altri operatori.
In basso il grafico in cui viene indicato a parte l’andamento di TIM.
Per quanto riguarda invece l’EBITDA, il margine lordo si mostra in aumento del +6,2% nell’intero periodo esaminato, dal 2015 al 2019, e del +4,1% nell’ultimo anno, mentre il margine netto è cresciuto del +9,1% nell’ultimo anno anche grazie alle performances di TIM nel 2019.
La redditività netta a livello cumulato è incrementata anche a causa del venire meno degli effetti negativi derivanti dagli oneri da fusione di WindTre.
I dati sul margine lordo e netto mostrano una recente inversione di tendenza rispetto al periodo compreso tra il 2009 e il 2015, in cui il settore delle telecomunicazioni aveva vissuto una progressiva flessione.
L’AGCOM evidenzia comunque che il settore delle comunicazioni elettroniche nell’intero periodo che va dal 2009 al 2019 ha registrato complessivamente un utile netto aggregato di -335 miliardi di euro a fronte di oltre 375 miliardi di euro di ricavi. Tale evidenza, secondo l’Autorità, conferma “il rilevante ruolo svolto dagli investimenti in infrastrutture fisiche e in asset immateriali nel settore”.
Sul fronte dell’occupazione, invece, gli addetti delle principali imprese del settore delle telecomunicazioni si sono ridotti di circa 6900 unità, per un taglio di oltre il -10% nel complesso. Nel 2019, la riduzione è stata di circa 3000 unità lavorative dirette, prevalentemente a causa della ben nota riduzione degli organici avviata da TIM e Vodafone.
La riduzione è stata solo in parte controbilanciata dai nuovi posti di lavoro creati dagli operatori FWA (per circa 70 unità), da WindTre (79 unità) e da Open Fiber (116 unità) a cui si aggiunge Iliad con i suoi 400 lavoratori a fine 2019.
Si evidenzia che tutti i dati riportati si fermano all’anno scorso e dunque non tengono in considerazione le eventuali variazioni avvenute nel corso del 2020. In basso l’aggiornamento sull’occupazione.
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Passando agli investimenti, secondo quanto esposto dall’AGCOM il ricorso al patrimonio netto delle principali imprese del settore delle telecomunicazioni è risultato in lieve calo, del -0,8%. Per TIM, il ricorso ai mezzi propri risulta comunque più elevato rispetto alla media degli altri operatori, ad esclusione del biennio 2015-2016, mentre nel 2019 si è registrato un calo in tutto il comparto, soprattutto per l’ex monopolista.
La remunerazione dei mezzi propri, vale a dire il rapporto tra il risultato d’esercizio e il patrimonio netto, risulta nel complesso negativa nonostante il risultato positivo di TIM (+1,2%), mentre analizzando solo il 2019 l’intero comparto mostra risultati positivi.
Concentrando invece l’analisi sugli investimenti, si nota che quelli delle principali imprese operanti nel settore delle telecomunicazioni sono stati, solo nel 2019, pari a 7 miliardi di euro, ancora in crescita di 200 milioni di euro rispetto all’anno precedente (se non si considerano i costi delle frequenze nell’Asta 5G del 2018).
Anche il rapporto tra investimenti e ricavi è incrementato nel 2019, assestandosi a quota 23,8% per l’intero comparto, mentre con riferimento all’intero periodo considerato, che va dal 2015 al 2019, e includendo anche i costi per le licenze 5G, la media è del 26,3%.
In basso il grafico dedicato.
Infine, analizzando il flusso finanziario generato dall’attività operativa (che include risultato d’esercizio, ammortamenti e variazione del capitale circolante), si nota come in rapporto ai ricavi lo stesso sia stato mediamente pari al 27,2%, con TIM sempre superiore rispetto alle altre imprese, soprattutto nell’ultimo anno (33,5% di TIM contro il 25,9% della media degli altri operatori).
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