Dopo la sospensione della sentenza del TAR per l’accesso, da parte di Fastweb, agli atti relativi ai suoi clienti coinvolti dal procedimento del Garante Privacy contro TIM per chiamate indesiderate, giunge la sospensione del CdS anche per Iliad, che aveva visto accolto il ricorso per accedere agli atti.
Anche Iliad si era infatti interessata al procedimento del Garante Privacy contro TIM per violazioni in materia di trattamento dei dati personali. L’operatore aveva fatto ricorso contro il parere negativo del Garante (che non aveva permesso di visionare i documenti, a differenza di quanto fatto con Fastweb) e aveva ottenuto dal TAR il via libera e l’accesso, limitato, agli elenchi di numerazioni mobili di Iliad utilizzati da TIM per gli illeciti contatti commerciali.
Lo scopo di Iliad, dichiarato al Garante Privacy e ribadito di fronte al TAR del Lazio, era quello di curare e difendere i propri diritti nei confronti di TIM. Il Tribunale aveva effettivamente riconosciuto tale diritto, ma adesso giunge la sospensione da parte del Consiglio di Stato su richiesta di TIM, esattamente come accaduto per Fastweb.
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Il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere l’esecutività della sentenza dopo aver ricevuto istanza di misure cautelari monocratiche proposta da parte di TIM.
Senza entrare ancora del merito del procedimento, il CdS ha effettivamente evidenziato che la richiesta va accolta per ragioni di estrema gravità ed urgenza dal momento che, consentendo invece al contrario l’esecuzione della sentenza, Iliad potrebbe accedere agli atti e dunque verrebbe vanificato irrimediabilmente il senso dell’appello di TIM, che si basa appunto sulla tutela della riservatezza dei documenti legati al procedimento sanzionatorio.
Per queste ragioni, come fatto con Fastweb, il Consiglio di Stato ha momentaneamente sospeso l’esecutività della sentenza del TAR che concedeva a Iliad l’accesso agli atti e ha fissato la camera di consiglio per la discussione della sentenza in data 17 Dicembre 2020.
Si ricorda che il caso è legato alla sanzione da 27 milioni di euro contro TIM per condotte scorrette. Come evidenziava il Garante Privacy, dal Gennaio del 2017 ai primi mesi del 2019 erano pervenute centinaia di segnalazioni relative, in particolare, alla ricezione di chiamate promozionali indesiderate effettuate senza consenso o nonostante l’iscrizione delle utenze telefoniche nel Registro pubblico delle opposizioni, oppure ancora malgrado il fatto che le persone contattate avessero espresso alla società la volontà di non ricevere telefonate promozionali.
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