TIM: respinto il ricorso sull’esclusione dalla gara per progetti di passaporti e PSE elettronici
Il TAR del Lazio si è pronunciato su un ricorso di TIM contro l’esclusione dalla procedura dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato per l’affidamento della fornitura e dei servizi connessi all’infrastruttura periferica di passaporto elettronico, permesso di soggiorno elettronico e carta d’identità elettronica all’estero.
L’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato aveva indetto una gara tramite procedura aperta con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, suddivisa in due lotti, per l’affidamento della fornitura di tali servizi.
Nel dettaglio, il primo lotto da cui è stata esclusa TIM riguardava la fornitura e i servizi connessi alle postazioni di lavoro relative ai progetti di Passaporti Elettronici per le sedi di emissione in Italia e i Permessi di Soggiorno Elettronici; il secondo lotto riguardava invece la fornitura e i servizi connessi alle Postazioni di Lavoro relative al progetto riguardante la Carta d’Identità Elettronica per le Sedi di emissione all’estero.
A sua volta, il lotto 1 oggetto del contenzioso aveva un valore di 74.195.988 euro e si componeva di sei diverse prestazioni per i progetti dei passaporti elettronici e permessi di soggiorno elettronici, tra fornitura hardware e software, servizi di avviamento, di supporto, di formazione, fornitura di consumabili e servizi di ritiro e smaltimento.
TIM era stata esclusa (nel suo raggruppamento temporaneo RTI con Italware, IBM Italia e DEDEM) dalla gara in quanto la sua offerta economica per i servizi di supporto relativa ai permessi di soggiorno elettronici era stata ritenuta difforme rispetto al regolamento della Gara.
TIM avrebbe infatti “offerto un prezzo unitario pari a 79,17 euro per ciascuna PdL e, quindi, superiore alla base d’asta unitaria fissata in 72,06 euro”.
L’azienda ha allora impugnato l’esclusione, definendola illegittima in quanto adottata in violazione della disciplina di gara poiché “l’articolo 16 del Disciplinare non prevedeva alcuna sanzione espulsiva per l’ipotesi di rialzo rispetto alla base d’asta unitaria di una singola voce del prezzo”.
Secondo TIM, infatti, l’articolo 16 che ritiene inammissibili le offerte economiche che superino l’importo totale a base d’asta e i relativi importi parziali, si riferisce alla base d’asta dell’offerta economica complessiva.
Inoltre, secondo TIM, se anche si interpretasse l’articolo in questione nel senso di prevedere la clausola di esclusione attivata dalla stazione appaltante, questa sarebbe illegittima in quanto fondata su una clausola del Disciplinare che non trova riscontro nel Codice dei contratti pubblici.
L’azienda ha dunque basato il suo ricorso sulla presunta illegittimità dell’esclusione, ma il TAR non è dello stesso avviso.
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Come evidenzia il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione seconda, nella sua sentenza numero 08462/2020, la circostanza secondo cui per l’offerta in aumento non sia prevista in modo espresso o formale la sanzione dell’esclusione non è dirimente per ritenere violato o meno il principio di tassatività delle cause di esclusione.
Infatti, anche per i contratti pubblici la formula prescelta dalla legge di gara per prevedere la causa di esclusione può essere la più varia. Nella gara in questione, era stata prevista dall’articolo 16 la pena di esclusione per l’indicazione di prezzi unitari in aumento rispetto a quelli posti a base d’asta:
“L’articolo 16 del disciplinare stabilisce che nel documento “Dettaglio Offerta Economica” devono essere specificati i prezzi unitari in euro per ogni voce con un massimo di due cifre decimali ed inferiori ai rispettivi importi d’asta; il documento deve essere compilato a pena di esclusione, in modo conforme al modello disponibile sul Sistema e senza apportare alcuna modifica. I partecipanti quindi dovevano indicare nell’offerta economica e in particolare nel Dettaglio Offerta economica, a pena di esclusione, un prezzo unitario non superiore alle soglie unitarie massime ivi previste.”
Il TAR evidenzia inoltre che la gara prevedeva una doppia competizione tra gli operatori, sia sotto il profilo tecnico che economico, con una prevalenza della componente tecnica dovuta al fatto che nel punteggio complessivo da attribuire all’offerta è previsto un tetto massimo per il punteggio economico entro il limite del 30%.
In questo contesto, l’importo a basa d’asta riveste secondo il TAR un ruolo fondamentale, perché fissa il limite estremo al di sopra del quale non è possibile offrire e contestualmente stabilisce anche il limite all’interno del quale dovrà svolgersi la competizione in relazione alla componente tecnica.
Quindi, il superamento della soglia, che ha causato l’esclusione di TIM, si risolve “nell’inesorabile violazione del principio di imparzialità e di tutela della par condicio, alterando di fatto il confronto concorrenziale sui profili tecnici dell’offerta”.
Ciò perché “il mancato rispetto della soglia massima di offerta consentirà, infatti, al concorrente di mettere a disposizione della stazione appaltante un “prodotto” ad un prezzo superiore alla soglia e quindi verosimilmente un “prodotto” superiore (anche) dal punto di vista tecnico rispetto ad un omologo “prodotto” che, avendo un costo inferiore, è obiettivamente posizionato in un segmento di mercato meno performante”.
Per questa ragione, il TAR ha ritenuto che il ricorso non è fondato e che l’esclusione sia stata legittima, in quanto originata dall’interpretazione corretta del quadro normativo di riferimento.
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