L’AGCOM ha pubblicato la sua relazione annuale per il 2019, concentrandosi anche sugli scenari nei mercati delle telecomunicazioni, da cui emergono i dati dell’ultimo anno sulla telefonia fissa e mobile.
Il 2019 è stato un anno caratterizzato da una decisa flessione dei ricavi, per il -4,4% circa, mentre sono rimasti stabili gli investimenti nell’infrastruttura di rete fissa, a fronte di un calo naturale di quelli nel mobile, per il venir meno dei costi sostenuti per le frequenze 5G.
Di pari passo alla flessione dei ricavi, anche le spese delle famiglie stanno continuando a decrescere, con un calo medio del -3,8% ascrivibile prevalentemente al comparto di rete mobile, che come noto ha subito un netto calo degli ARPU negli ultimi anni.
Le contrazioni, sottolinea l’AGCOM, sono determinate prevalentemente da un effetto di prezzo (in contrazione) che va a vantaggio dei consumatori finali, e non da un effetto di quantità.
Chiaramente, tale contesto colpisce anche l’occupazione nel settore, che continua a essere oggetto di processi di riorganizzazione e razionalizzazione degli addetti, per una riduzione complessiva di circa 2000 unità. A fronte della riduzione del perimetro occupazionale per i principali operatori, si mostrano incrementi per Iliad nel mobile, Open Fiber nel fisso e in misura ridotta anche per Eolo e Linkem.
In termini di suddivisione degli introiti, come noto i ricavi da servizi voce sono stati già sorpassati nel 2016 dai servizi dati. La clientela residenziale nel complesso tra fisso e mobile ha visto un calo della spesa da 16,56 miliardi di euro a 15,27 miliardi di euro nel 2019, mentre la clientela affari ha incrementato la sua spesa da 8,81 miliardi a 9,14 miliardi di euro.
In basso un grafico sui livelli di spesa (in base percentuale) complessiva degli utenti per operatore. Come è possibile notare, TIM nel 2019 ha subito un calo sensibile, a favore essenzialmente di Fastweb, Iliad e altri operatori.
Nel complesso, nella banda larga l’AGCOM stima che i ricavi medi mensili vadano dai 19 euro al mese (30 Mbit/s solitamente) ai 40 euro al mese (oltre 100 Mbps) per un valore medio totale di circa 28,4 euro al mese, in lieve crescita. Crescono parallelamente anche gli accessi complessivi a internet, con le soluzioni DSL che hanno perso terreno in favore dell’FTTC. Crescono anche le linee FTTH e quelle FWA, che si attestano entrambe oltre il 7% del totale.
Analizzando lo scenario competitivo, TIM detiene il 55% delle linee in rame, il 45,1% delle linee in FTTC e l’11,1% di quelle in fibra FTTH. Senza considerare l’offerta wholesale, Fastweb riesce invece a trionfare nell’FTTH con il 36,5% degli accessi totali. Avvantaggiati, rispetto a TIM, anche Vodafone e WindTre grazie alla partnership con Open Fiber.
In basso il grafico sugli accessi.
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Passando adesso all’ARPU, vale a dire i ricavi medi unitari, nel 2019 come anticipato si sono ridotti i prezzi dei servizi di telefonia con l’intensificarsi della concorrenza nel mobile. Nel dettaglio, è rimasto sostanzialmente costante il livello dell’ARPU per l’acquisto dei terminali, mentre si sono contratti i ricavi per le componenti dei bundle.
Secondo quanto riportato, a livello di mercato, si sono leggermente ridotti i ricavi unitari per i servizi voce, a quota 2,27 centesimi di euro al minuto. Il ricavo del singolo SMS è invece leggermente salito a quota 4,61 centesimi di euro al minuto, mentre il crollo più netto è stato quello del traffico dati, passato dai 2,79 euro al Giga del 2018 a quota 1,51 euro al Giga nel 2019, come esposto in basso.
L’analisi dell’AGCOM si è concentrata prevalentemente sui principali operatori del segmento fisso e di quello mobile. Con riferimento invece agli operatori mobili virtuali (MVNO), nel complesso questi hanno incrementato il fatturato del +5,5%, con un giro di affari di circa 600 milioni di euro. Gli investimenti e il perimetro occupazionale non hanno invece mostrato variazioni di rilievo, con PosteMobile ancora al primo posto con il 38,8% della quota di mercato.
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