Asstel, il nuovo volto del lavoro post pandemia: un modello ibrido abilitato dal digitale e dal 5G
Nella cornice della Milano Digital Week, si è tenuto oggi 26 Maggio 2020 l’evento “Il nuovo volto del lavoro: tra 5G e nuove competenze” al quale ha partecipato anche Asstel.
Il tema principale è stato quello della crisi che apre le porte ad alcune importanti opportunità digitali da cogliere per il mondo del lavoro e per l’istruzione, grazie alle infrastrutture tecnologiche e alle reti di nuova generazione come il 5G.
Asstel è stata rappresentata dal Direttore Generale Laura di Raimondo, che ha discusso su diversi temi legati anche alla formazione e alle necessità di apprendimento di nuovi strumenti e soft skills.
Laura Di Raimondo ha parlato della necessità di costruire una visione progressiva per i prossimi mesi e i prossimi anni. Il digitale, è noto, sta cambiando la vita di studenti e lavoratori grazie a un’accelerazione che ha permesso a tutti di comprendere in maniera concreta il suo ruolo strategico nella quotidianità.
Come ripetuto a più riprese, l’infrastruttura degli operatori ha permesso a tutti di continuare a operare da remoto, ponendo un nuovo accento sull’importanza della digitalizzazione nel Paese. Secondo Di Raimondo, adesso, il lascito dell’epidemia dovrà essere la creazione di un modello ibrido, in cui l’obiettivo sarà quello di mantenere una relazione tra fisico e virtuale nella scuola, nell’università e nel lavoro.
Di seguito il commento del Direttore Generale di Asstel:
“In questa fase ci siamo ritrovati tutti studenti, tutti abbiamo avuto la consapevolezza che continuiamo a imparare ad imparare, che vale sia a lavoro che per gli studenti. Tutti abbiamo dovuto rifare leva sulla nostra capacità di resilienza, sulle nostre soft skills che stanno diventando sempre strategiche. Ci troviamo in un banco, abbiamo bisogno di maestri e abbiamo bisogno di coltivare quelle che sono le nostre competenze e potenzialità”.
Per Di Raimondo è importante ripartire dall’accelerazione del digitale, per scoprire spazi fisici nuovi e avere concretezza delle potenzialità che ci sono in nuovi settori come IA e IoT, su cui occorre accompagnare i talenti dei più giovani e trasformare le skills di chi è già inserito nel mondo del lavoro.
Il lavoro sta cambiando e continuerà a cambiare, con le aziende che offrono nuovi mestieri già basati su un modello organizzativo profondamente diverso. Secondo Asstel, sarà necessario intercettare questi nuovi paradigmi e superare il notorio ritardo italiano rispetto agli altri Paesi europei per preparare i più giovani alle nuove opportunità lavorative.
Accompagnare i giovani nel massimo impiego delle loro potenzialità non significa però abbandonare chi lavora con modelli diversi e a rischio obsolescenza: lo scopo dovrà essere infatti quello di coinvolgere tutti i lavoratori investendo in “un’onda lunga”, accompagnando le competenze tecniche e digitali con una formazione continua e certificata, che dovrebbe diventare a tutti gli effetti un diritto fondamentale del lavoratore.
Il discorso di Asstel riguarda chiaramente anche il settore pubblico, in cui sarà fondamentale una collaborazione solida e continua tra pubblico e privato. A tal proposito, l’Assessore di Milano alla Trasformazione Digitale, Roberta Cocco, ha ricordato che attualmente circa il 50% dei dipendenti comunali lavora da remoto grazie alle collaborazioni con importanti realtà private.
In assenza di una spinta sul digitale da parte delle aziende private, infatti, il Comune non avrebbe avuto la possibilità di sfruttare appieno la sua base tecnologica che ha permesso di proseguire le attività da remoto, continuando a erogare i servizi indispensabili della PA.
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L’evento “Il nuovo volto del lavoro: tra 5G e nuove competenze” si è concluso con una riflessione dei partecipanti sulla necessità di continuare a imparare e a mettersi in gioco nel mondo del lavoro, a prescindere dall’età o dall’esperienza nel ruolo.
Secondo Laura Di Raimondo è necessario riuscire a costruire una nuova “cultura ai tempi del digitale”, piuttosto che una semplice cultura digitale. Per non rimanere indietro occorrerà però rimodulare numerosi paradigmi per adattarli a una visione di smart working non più estremizzata come quella vissuta in queste fasi di contagio.
L’approccio attuale, nato dalla pressante necessità di proseguire le attività nonostante l’epidemia, dovrebbe definirsi più propriamente remote working, mentre smart working significa creare una nuova leadership diffusa, basata anche su un passaggio di responsabilità:
“Non si fa smart working se dai al dipendente un laptop e un telefono e lo mandi a casa. Occorre farlo lavorare in team, dargli la capacità di assumersi responsabilità”.
Per il Direttore Generale di Asstel, infatti, lo smart working normalizzato (e dunque figlio del modello ibrido sopra citato) non potrà esistere senza una nuova leadership secondo cui l’attività svolta fuori dall’ufficio contemplerà anche una maggiore responsabilità nella vita lavorativa quotidiana e un confronto costante in logica di team.
Infine, è stato ricordato il ruolo fondamentale della persona, dell’individuo, nell’attraversare una rivoluzione digitale che non va rincorsa ma guidata tramite una visione strategica accelerata.
In tal senso, cambiare paradigma significherà soprattutto cambiare approccio e mentalità. E a tal proposito, Laura Di Raimondo ha ricordato come, in un periodo tanto delicato, siano circolate sul web numerose fake news sul 5G in grado di rallentare questo percorso di cambiamento che, puntando su una dimensione corale, parte sempre e comunque dal singolo individuo.
Come evidenziato da Marzia Minozzi, Responsabile Regolamentazione e Normativa di Assotelecomunicazioni – Asstel in una recente intervista a MondoMobileWeb, le fake news in questione rappresentano delle “narrazioni distorte” in grado di influenzare in maniera significativa l’opinione pubblica e rallentare lo sviluppo della rete e di conseguenza la competitività del Sistema Paese.
Anche i principali operatori nelle loro audizioni al Senato hanno discusso sul fenomeno delle fake news, evidenziando come le stesse siano totalmente prive di fondamento e rischino di spingere le Amministrazioni Comunali a vietare il 5G nei loro territori, come evidenziato anche da Benedetto Levi, AD di Iliad.
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