In questo periodo di pandemia, gli operatori di telecomunicazioni in Italia hanno sostenuto le attività da remoto della popolazione, in primis la teledidattica e lo smart working.
Tra fake news sul 5G e ordinanze di numerosi comuni, gli operatori stanno però pubblicamente segnalando diverse difficoltà nel procedere alla copertura del Paese.
Come già dichiarato anche in Senato da TIM, Vodafone, Iliad e WindTre, sono numerose le ordinanze dei Comuni italiani che hanno vietato l’installazione delle antenne, soprattutto 5G, invocando spesso il cosiddetto Principio di Precauzione.
Numerosi sindaci hanno dunque chiuso i loro territori alla copertura di rete degli operatori che, si ricorda, nell’installare le loro antenne svolgono un’opera assimilata ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria, per cui vale la normativa vigente in materia.
Equiparando infatti le infrastrutture di rete pubblica alle opere primarie, con il d.lgs. numero 259/2003 il Legislatore prevede che le stesse possano essere ubicate in qualsiasi parte del territorio, essendo compatibili con tutte le destinazioni urbanistiche secondo il principio basilare di capillarità degli impianti per la copertura di rete.
La competenza dei Comuni in materia di installazione è invece da rintracciare nell’articolo 8, Comma 6, della Legge n. 36/2001 che recita: “I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”. Il tutto, chiaramente, nel rispetto delle leggi fissate dal Governo per garantire la copertura.
Inoltre, gli operatori di rete due anni fa hanno acquisito i diritti d’uso delle frequenze 5G in un’asta che ha superato ogni record in Italia, raggiungendo i 6,5 miliardi di euro complessivi.
Anche in considerazione di questo importante investimento, gli operatori hanno chiesto al Governo una maggiore semplificazione delle procedure burocratiche per costruire la propria rete e fornire servizi sempre migliori.
A difendere la posizione delle aziende del settore è in prima linea Asstel Assotelecomunicazioni, l’associazione di categoria che, nel sistema di Confindustria, rappresenta proprio la filiera delle telecomunicazioni.
MondoMobileWeb ha intervistato Marzia Minozzi, Responsabile Regolamentazione e Normativa di Assotelecomunicazioni – Asstel, che ha risposto ad alcune domande sul tema.
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In queste settimane, contestualmente al diffondersi dell’epidemia, sono emerse nuove fake news su un possibile collegamento tra la rete 5G e il Coronavirus. Le ipotesi in questione stanno proliferando in questi giorni anche fuori dai confini nazionali e sembrerebbero essere accolte per plausibili da una quota rilevante della popolazione. Asstel sta monitorando l’evolversi della situazione e il suo impatto sull’opinione pubblica?
Asstel assiste come tutti alla proliferazione di notizie che definire fake news è ormai addirittura riduttivo: il legame tra Covid 19 e 5G è stato smentito da tutti gli organismi scientifici e sanitari deputati a farlo. La smentita di qualsiasi correlazione tra i due fenomeni è stata oggetto di comunicazioni della Commissione Europea, il Ministero della salute ha dedicato una pagina del proprio sito internet a combattere le fake news sul coronavirus, in cui esplicitamente dichiara falsa qualsiasi associazione con il 5G chiarendo che “Ad oggi, e dopo molte ricerche effettuate, nessun effetto negativo sulla salute è stato collegato in modo causale all’esposizione alle tecnologie wireless.” E tuttavia queste narrazioni distorte continuano a trovare ascolto presso l’opinione pubblica.
A riguardo, alcuni importanti fornitori di servizi online hanno deciso di bloccare alcuni contenuti per palese disinformazione. Qual è l’opinione di Asstel in merito? Come è possibile contrastare tale fenomeno?
Nonostante le esplicite prese di posizione degli organismi ufficiali, l’opinione pubblica viene continuamente fuorviata da informazioni non fondate ma ripetute sui social e sui canali di diffusione di contenuti generati dagli utenti, spesso con forme che non consentono alcuna azione legale verso coloro che le diffondono.L’azione di contrasto alle fake news responsabilmente intrapresa dai più importanti fornitori di servizi online è quindi assolutamente apprezzabile, perché risponde ad una esigenza reale di qualità dell’informazione, che non è più adeguatamente garantita dagli strumenti tradizionalmente utilizzati a questo scopo.
Ormai due anni fa, gli operatori hanno acquisito il diritto di utilizzare le frequenze 5G in un’asta conclusa con una somma totale delle offerte superiore ai 6,5 miliardi di euro. Adesso, con l’accelerazione delle richieste di installazione, molti comuni hanno annunciato ordinanze per vietare il 5G nel loro territorio. Quali sono secondo Asstel gli strumenti efficaci per superare questo stallo?
Le ordinanze a cui si fa riferimento sono state adottate già da più di 350 comuni e, se confermate, impediranno a circa 4 milioni di italiani di utilizzare le migliori tecnologie disponibili di telecomunicazioni mobili: un esito inaccettabile innanzi tutto sotto il profilo dell’interesse pubblico e della coesione territoriale. Invece di pensare a politiche per il superamento del digital divide, alcuni amministratori locali ipotecano il futuro delle proprie comunità per assecondare le richieste di minoranze rumorose frutto proprio di quei fenomeni di disinformazione cui abbiamo fatto riferimento in precedenza. Riteniamo che simili ordinanze siano illegittime. Oltre a ledere i diritti degli Operatori, pregiudicano la piena affermazione della cittadinanza digitale per le popolazioni coinvolte. Uno strumento per superare tale situazione potrà quindi essere quello dei ricorsi amministrativi, con il risultato che la costruzione della nuova rete sarà più costosa e lenta. L’auspicio in realtà è che gli stessi amministratori comunali possano tornare sui propri passi alla luce delle crescenti prese di posizione non solo delle autorità e di una continua divulgazione delle conoscenze scientifiche accumulate sul tema degli effetti biologici dell’esposizione alle radiofrequenze. Sotto il primo punto, facciamo riferimento, ad esempio, dalla recente nota informativa prodotta dall’ANCI nazionale sulla tecnologia 5G, cui auspichiamo seguano iniziative di comunicazione anche da parte del Governo, nelle sue diverse articolazioni; sotto il secondo aspetto, ci sembra che abbia ricevuto pochissima attenzione da parte della stampa e dell’opinione pubblica la pubblicazione delle Linee Guida internazionali per la protezione dalle radiofrequenze non ionizzanti, che costituisce il punto di sintesi della comunità scientifica internazionale della miriade di studi effettuati negli ultimi decenni su questo tema. Le Linee Guida internazionali tengono conto di tutti gli effetti sanitari riscontrati nella letteratura scientifica e definiscono limiti massimi di esposizione della popolazione adeguati a garantire la tutela della salute. È importante quindi sottolineare che la preoccupazione sulla tutela della salute è considerata nello sviluppo della tecnologia “a monte” del processo: la progettazione della rete avviene partendo dall’esigenza di rispettare le normative di limitazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici. Questo è ancora più vero in Italia, dato che la nostra normativa nazionale abbatte i pur cautelativi limiti internazionali di 100 volte (da 10 W/mq a 0, 1 W/mq).
A riguardo, come noto le frequenze a 700 MHz costituiscono una risorsa fondamentale per il 5G, precedentemente impiegata in televisione. Il passaggio delle frequenze dalla TV alla telefonia rappresenta dunque un salto importante per lo sviluppo del 5G. A che punto è il processo?
La liberazione delle frequenze in questione, attualmente in uso al digitale terrestre, è attesa per il Giugno 2022. È fondamentale che entro tale data – già posticipata rispetto al termine del 2020 stabilito a livello europeo – gli Operatori dispongano delle frequenze già pagate e che siano già risolti eventuali problemi interferenziali. Fino ad oggi Governo, Agcom, Fub e in generale tutte le istituzioni coinvolte, hanno mostrato di aver chiare le iniziative necessarie a consentire il rispetto delle tempistiche previste dalla roadmap. Siamo quindi fiduciosi che non ci saranno slittamenti, in quanto non esiste alcuna forma di ristoro idonea a compensare gli operatori privati e l’intero sistema paese dal danno e dalla perdita di opportunità conseguente ad eventuali ritardi nel rilascio delle frequenze già assegnate alle telco.
Fake News a parte, le reti degli operatori stanno permettendo in questo periodo di gestire una mole non indifferente di traffico dati per le attività lavorative e scolastiche degli italiani. Se il 5G fosse stato già uno standard, come si sarebbe affrontata un’epidemia di tale portata?
Gli investimenti fatti sulla tecnologia sono di lungo termine, utilissimi nelle emergenze, ma non solo. La rete 5G è la tecnologia abilitante dell’Internet of Things, che utilizzata nei diversi settori assicura la possibilità di remotizzare in modo più spinto e riorganizzare in maniera più efficiente e sostenibile attività come, per esempio, la manifattura, la logistica, la sanità. Proprio nella sanità in questi due mesi, nell’ambito delle sperimentazioni tecniche sul 5G, sono state avviate 108 iniziative di telemedicina, di cui 38 proprio per il Covid, come il triage da remoto o l’assistenza al paziente in terapia sub intensiva. A queste si sono aggiunte altre 70 iniziative di telemedicina per pazienti con patologie croniche come il diabete e le cardiopatie. Nella scuola il 5g potrà significare una didattica più ricca, in grado di cogliere le potenzialità degli strumenti digitali, venendo incontro alla cultura dei nativi digitali; nel mondo del lavoro, oltre ad ampliare le possibilità di formazione, sarà la tecnologia su cui promuovere la crescita qualitativa e quantitativa dello smart working.
L’AGCOM ha parlato di una “emergenza reti” in cui gli operatori sono chiamati a mostrare resilienza per permettere a tutti i clienti di utilizzare la loro rete in questo periodo. Qual è il parere di Asstel sullo sforzo che gli operatori stanno compiendo in queste settimane? La situazione continuerà a rimanere gestibile?
Le reti hanno mostrato di reggere all’enorme aumento di traffico dovuto al trasferimento di tutte le nostre attività online a causa delle misure di distanziamento fisico. Abbiamo registrato aumenti dell’ordine di grandezza del 70% del traffico sulle reti fisse e del 40% del traffico sulle reti mobili. Tutto questo è stato possibile grazie a uno sforzo straordinario degli operatori. L’impressione è che si sia verificato un impressionante aumento innescato dal lock-down che si è poi stabilizzato nel tempo, quindi ci attendiamo che la situazione non vari ulteriormente in modo significativo nel prossimo futuro.
Anche Asstel evidenzia che le ordinanze di divieto di installazione sono state adottate già da oltre 350 Comuni, mettendo a rischio lo sviluppo della rete per circa 4 milioni di italiani.
Secondo Marzia Minozzi, si tratta di una scelta, da parte delle Amministrazioni Comunali, che rischia di “ipotecare il futuro delle comunità”.
Come noto, gran parte delle ordinanze con cui i Comuni vietano lo sviluppo della rete nei loro territori sono supportate dall’incertezza sui rischi per la salute che scaturirebbero dal 5G.
A tal proposito, anche l’ANCI, l’Associazione Nazionale Comuni Italiani, è intervenuta sul dibattito in merito alle richieste di installazione delle antenne 5G, fornendo agli enti alcune informazioni sulla nuova tecnologia di rete per supportarli nello svolgimento delle loro competenze amministrative.
Sul fronte dei rischi per la salute, l’ANCI ha riportato i dati degli studi dell’IARC secondo cui non vi sia nessuna evidenza conclusiva rispetto al fatto che l’esposizione ai campi elettromagnetici possa causare il cancro negli esseri umani e negli animali. Stesso discorso per le fake news sulla stretta correlazione tra 5G e Coronavirus, totalmente infondate.
Intervista di MondoMobileWeb. Tutti i diritti sono riservati.
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