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NO 5G, Associazione Nazionale Comuni Italiani invita a rispettare le competenze amministrative

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Anche l’ANCI, l’Associazione Nazionale Comuni Italiani, è intervenuta sul dibattito in merito alle richieste di installazione delle antenne 5G. L’Associazione ha deciso di fornire agli enti alcune informazioni sulla nuova tecnologia di rete per supportarli nello svolgimento delle loro competenze amministrative.

Come noto, recentemente gli operatori hanno iniziato a richiedere al Governo una semplificazione amministrativa che possa permettere alle aziende di sviluppare agevolmente la copertura di rete 5G, ritenuta un asset di interesse nazionale, dopo aver investito importanti capitali nell’asta delle frequenze di due anni fa.

Recentemente, anche Aldo Bisio, AD di Vodafone, ha condiviso la sua posizione in merito nel corso di una videoconferenza alla Luiss Business School, mentre WindTre ha chiesto in Senato una semplificazione delle procedure autorizzative, valutando lo stop alle installazioni da parte di 200 comuni italiani come un aggravarsi del digital divide in Italia. Della stessa idea anche Benedetto Levi di Iliad, che ha parlato di provvedimenti locali ingiustificati.

Nella sua nota informativa rivolta a tutti i Comuni italiani, l’ANCI ha descritto la tecnologia di rete di quinta generazione, che si basa sull’evoluzione delle tecnologie preesistenti, come il 4G LTE, per fornire velocità più elevate e latenze di pochi millisecondi in grado di abilitare nuove soluzioni IoT per i business e le pubbliche amministrazioni.

L’ANCI ha descritto anche il contesto italiano in termini di limiti alle esposizioni elettromagnetiche. Di seguito il commento dell’associazione:

“È bene sottolineare che, come le altre tecnologie, anche il 5G sia sottoposto al rispetto di norme di riferimento molto precise e rigorose. Per quanto riguarda i limiti di esposizione della popolazione, la principale fonte normativa è la Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea del 12 Luglio 1999, che definisce i livelli di riferimento per i campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”.

I limiti indicati dalla Raccomandazione europea, come noto, derivano da studi scientifici dell’ICNIRP, pubblicati nel 1998 e aggiornati fino al Marzo del 2020.

L’associazione ha anche citato la recente risposta della Commissaria UE alla salute, Stella Kyriakidou, sui limiti all’esposizione: secondo le fonti riportate, infatti, si prevede che l’esposizione del 5G non sia particolarmente dissimile da quella del 4G, sempre al di sotto dei limiti imposti in Europa. Limiti che, si ricorda, sono di gran lunga superiori a quelli scelti dall’Italia.

Nella sua nota, l’associazione ha anche fornito ai Comuni italiani alcuni chiarimenti sui temi più caldi del momento, citando alcune notizie che circolano attraverso i social media e che spesso non sono sostenute da fonti ufficiali.

Ad esempio, con riferimento alle sperimentazioni 5G in Italia, l’ANCI ha ricordato che non esistono sperimentazioni che coinvolgono i piccoli Comuni, in quanto le sperimentazioni sono state avviate tramite un programma pubblico composto da 5 progetti nelle città di Bari, L’Aquila, Matera, Milano e Prato.

Esiste invece un elenco di 120 piccoli comuni in cui gli operatori sono obbligati a fornire copertura utilizzando le frequenze in banda 700 MHz, dunque non prima del 1° Luglio 2022, quando le stesse saranno definitivamente sbloccate.

La misura dell’AGCOM con la sua delibera 231/18/CONS, continua l’ANCI, è stata presa per tutelare i territori in questione, considerati come in profondo digital divide e dunque a rischio in termini di copertura.

Sul fronte dei rischi per la salute, l’ANCI ha riportato i dati degli studi dell’IARC secondo cui non vi sia nessuna evidenza conclusiva rispetto al fatto che l’esposizione ai campi elettromagnetici possa causare il cancro negli esseri umani e negli animali.

Con riferimento infine alle fake news delle ultime settimane su una stretta correlazione tra il 5G e il Coronavirus, l’Associazione ha ricordato che, come affermato dalla Commissione Europea, non esiste alcun collegamento tra i due fenomeni.

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Si ricorda che l’ordinamento italiano considera le infrastrutture di comunicazione mobile, e dunque anche il 5G, come opere di pubblica utilità, ai sensi dell’articolo 90, comma 1, del Codice delle Comunicazioni Elettroniche. Per questa ragione, sempre ai sensi del Codice, ne è garantita la distribuzione in tutto il territorio nazionale, in quanto assimilate alle opere di cosiddetta “urbanizzazione primaria”.

In Italia, l’installazione delle infrastrutture, ferme restando le norme sopra citate, resta comunque subordinata al rilascio di specifiche autorizzazioni da parte degli enti locali o alla segnalazione certificata di inizio attività, nel rispetto dei limiti di esposizione, determinati solo dallo Stato.

La competenza dei Comuni in materia di installazione è da rintracciare nell’articolo 8, Comma 6, della Legge n. 36/2001 che recita: “I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”.

A tal proposito, l’ANCI ricorda che in passato è stata segnalata dall’AGCM la presenza, in alcuni regolamenti comunali, di limiti alle emissioni diversi da quelli statali e fissati in modo ingiustificato. Tali determinazioni superano le competenze degli enti locali, che come sopra accennato possono solo limitarsi a minimizzare le esposizioni nelle loro aree di interesse, nel rispetto dei limiti sanciti dal Governo.

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