Il TAR del Lazio si è espresso sui due ricorsi di Vodafone e Wind Tre per l’annullamento della delibera AGCOM numero 487/18/CONS sulle linee guida per la dismissione e trasferimento dell’utenza nei contratti telefonici. I ricorsi sono stati dichiarati inammissibili.
La delibera in questione prevedeva appunto delle linee guida, volte a “fornire un orientamento agli operatori di telefonia, di reti televisive e di comunicazione elettronica” per quanto concerne la dismissione e il trasferimento nei contratti di adesione, vale a dire quelli predisposti unilateralmente da un solo contraente (gli operatori nel caso specifico) e che possono solo essere accettati o rifiutati integralmente dall’altro contraente (gli utenti).
Nel lungo allegato alla delibera, l’Autorità si concentrava sulle disposizioni in merito al recesso e al trasferimento delle utenze, per tentare di semplificare e rendere omogenea la disciplina a vantaggio della libertà di scelta dei clienti.
Venivano quindi contemplati il pagamento delle rate residue dopo la cessazione del servizio, la restituzione degli sconti, i costi di dismissione e in generale tutte le clausole principali che regolano il trasferimento di un’utenza.
Vodafone e Wind Tre hanno richiesto l’annullamento della delibera in questione, considerata palesemente illegittima in quanto incide anche sull’assetto previgente, con “una indebita ingerenza nell’autonomia contrattuale del gestore”.
Nel caso specifico di Vodafone, l’operatore rosso si è concentrato sulla parte in cui si prevede la durata della rateizzazione dei servizi a non più di ventiquattro mesi. Alla data del ricorso, Vodafone sosteneva che tale previsione avrebbe avuto “un impatto estremamente rilevante” nei suoi confronti, ponendola di fronte alla scelta di interrompere la riscossione ai 24 mesi rinunciando a parte del corrispettivo o aumentare il costo della singola rata per ottenere un recupero in 24 mesi invece che in 36 o 48 mesi.
Per Wind Tre, invece, il ricorso è più ampio e l’azienda ha richiesto l’annullamento della delibera in quanto l’applicazione a tutti i casi di recesso esercitato dopo l’entrata in vigore delle linee guida (e quindi anche ai contratti già in essere) risulterebbe in contrasto con il principio di irretroattività e con diverse altre disposizioni.
L’operatore si sofferma anche sul punto 5 delle linee guida che sancisce come le spese di recesso per dismissione o trasferimento non possono eccedere il valore minimo tra il valore del contratto e i costi realmente sostenuti, anche se giustificati. Tale interpretazione, secondo Wind Tre, sarebbe in contrasto con la ratio della norma che dovrebbe garantire il recupero da parte dell’operatore dei costi sopportati per dismettere o trasferire la linea telefonica.
Infine, Wind Tre ha anche ritenuto illegittimo il contenuto della delibera che fa riferimento alla necessità di garantire il proseguimento della formula rateale nel caso in cui al contratto cessato siano abbinati prodotti o servizi acquistati a rate.
Per l’azienda, l’obbligo di pagamento delle rate in un’unica soluzione non costituisce una penale per il recesso anticipato del cliente e dunque non sarebbe legittima la scelta dell’Autorità di offrire anche la possibilità di continuare la rateizzazione per garantire la libertà dell’utente di recedere dal contratto.
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Il TAR ha valutato i ricorsi di Vodafone e Wind Tre e le memorie difensive dell’AGCOM, che evidenziava come l’atto in questione, contenendo esclusivamente Linee guida, non fosse considerabile come di tipo regolamentare. Tale eccezione di inammissibilità proposta dall’AGCOM è stata accolta dal TAR, che ha deciso di respingere i ricorsi con la seguente motivazione:
“In virtù del ritenuto difetto di attualità della lesione e dell’assenza di un concreto pregiudizio il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse”.
Più nel dettaglio, il TAR ha confermato che le linee guida della delibera AGCOM numero 487/18/CONS costituiscono un atto non regolamentare con cui l’Autorità ha inteso chiarire la portata applicativa degli adempimenti stabiliti dalla normativa del decreto legge n. 7/2007, il cosiddetto Decreto Bersani, recante “misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese”.
In altri termini, sono state fornite agli operatori delle indicazioni sul corretto modo di adempiere agli obblighi previsti dalla normativa, su cui l’AGCOM ha poteri di vigilanza.
Per questa ragione, quindi, le linee guida contestate da Vodafone e Wind Tre, allo stato attuale, non presentano secondo il TAR “profili di immediata lesività” che invece potranno verificarsi (e dunque essere discussi in sede di ricorso) all’esito di eventuali procedimenti di adozione di provvedimenti conseguenti, siano essi di tipo spiccatamente regolatorio oppure sanzionatori.
Riassumendo, quindi, poiché le linee guida non sono dotate di un contenuto lesivo diretto, le stesse potranno essere oggetto di impugnazione solo insieme all’atto specifico che “incida in maniera puntuale e concreta sulla posizione giuridica degl destinatario”, ovvero degli operatori.
Così, non avendo ancora l’AGCOM esercitato di fatto i suoi poteri amministrativi in materia, il TAR ha definito le impugnazioni di Vodafone e Wind Tre volte ad anticipare la soglia di tutela delle società, e dunque ancora non ammissibili.
Si evidenzia che, comunque, gli operatori si sono già adeguati da tempo alle linee guida dell’AGCOM, applicando costi ad hoc oppure seguendo alla lettera la delibera. È anche il caso di Vodafone e Wind Tre; quest’ultima ha proprio negli scorsi giorni aggiornato la tabella dei costi di disattivazione per la rete fissa, seguendo proprio le disposizioni dell’Autorità.
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