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TIM multata di quasi 28 milioni di euro dal Garante Privacy: migliaia le chiamate indesiderate

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Il Garante per la Privacy ha irrogato una sanzione di 27.802.946 euro a TIM poiché sono state accertate diverse violazioni in attività di marketing, come ad esempio le migliaia di chiamate indesiderate a non clienti e le irregolarità nel trattamento dei dati con TIM Party.

Lo ha reso noto l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali con un comunicato stampa pubblicato il 1° Febbraio 2020 sul suo sito ufficiale, insieme alla pubblicazione del testo completo del provvedimento sanzionatorio, datato 15 Gennaio 2020.

L’annuncio di questa nuova sanzione segue quindi a distanza di appena un giorno quella ingente comminata dall’Antitrust sulla fatturazione a 28 giorni, che nel caso di TIM ammonta a circa 114 milioni di euro.

L’Autorità Garante per la Privacy ha invece accertato numerosi trattamenti illeciti di dati legati all’attività di marketing da parte di TIM, le cui violazioni avrebbero interessato nel complesso alcuni milioni di persone.

Il Garante della Privacy sottolinea come dal Gennaio del 2017 ai primi mesi del 2019 sono pervenute centinaia di segnalazioni relative, in particolare, alla ricezione di chiamate promozionali indesiderate effettuate senza consenso o nonostante l’iscrizione delle utenze telefoniche nel Registro pubblico delle opposizioni, oppure ancora malgrado il fatto che le persone contattate avessero espresso alla società la volontà di non ricevere telefonate promozionali.

Irregolarità nel trattamento dei dati venivano lamentate anche nell’ambito dell’offerta di concorsi a premi e nella modulistica sottoposta agli utenti da TIM.

Dalla complessa attività istruttoria che ne è derivata, svolta anche con il contributo del Nucleo Speciale Tutela Privacy e Frodi Tecnologiche della Guardia di Finanza, sono emerse “numerose e gravi violazioni della disciplina in materia di protezione dei dati personali”.

Secondo l’Autorità TIM avrebbe dimostrato di “non avere sufficiente contezza di fondamentali aspetti dei trattamenti di dati effettuati (accountability)”.

Tra le milioni di telefonate promozionali effettuate in sei mesi nei confronti di “non clienti”, l’Autorità ha accertato che le società di call center incaricate da TIM hanno, in molti casi, contattato gli interessati senza il loro consenso.

Dall’istruttoria è emerso come una persona è stata addirittura contatta telefonicamente 155 volte in un mese. Inoltre, in circa duecentomila casi, sono state contattate anche numerazioni “fuori lista”, cioè non presenti negli elenchi delle persone contattabili di TIM.

Sono state rilevate poi altre condotte illecite da parte dell’operatore, come l’assenza di controllo da parte della società sull’operato di alcuni call center, l’errata gestione e il mancato aggiornamento delle black list dove vengono registrate le persone che non vogliono ricevere pubblicità, l’acquisizione obbligata del consenso a fini promozionali per poter aderire al programma TIM Party con i suoi sconti e premi.

Il Garante della Privacy ha poi accertato che TIM, nella gestione di alcune app destinate alla clientela, avrebbe fornito informazioni non corrette e non trasparenti sul trattamento dei dati e sarebbero state anche adottate modalità di acquisizione del consenso non valide. In alcuni casi è stata utilizzata modulistica cartacea con richiesta di un unico consenso per diverse finalità, inclusa quella di marketing.

Secondo l’Autorità inoltre la “gestione dei ‘data breach’ non è risultata efficiente”, così come inadeguate sono risultate l’implementazione e la gestione da parte della società dei sistemi che trattano dati personali (con violazione del principio di privacy by design). Disallineamenti sono emersi tra le black list di TIM e quelle dei call center incaricati, così come per le registrazioni audio dei contratti stipulati telefonicamente (verbal order).

Le utenze di clienti di altri operatori, detenute da TIM in quanto gestore delle reti, sono state conservate per un tempo superiore ai limiti di legge e inserite, senza il consenso degli interessati, in alcune campagne promozionali.

Oltre alla sanzione, l’Autorità Garante ha imposto a TIM 20 misure correttive, tra divieti e prescrizioni. In particolare, ha vietato a TIM l’uso dei dati a fini di marketing di chi aveva espresso ai call center il proprio diniego a ricevere telefonate promozionali, dei soggetti presenti in black list e dei “non clienti” che non avevano dato il consenso.

La società di telecomunicazioni non potrà più utilizzare neanche i dati della clientela raccolti tramite le app MyTIM, TIMPersonal e TIM Smart Kid per finalità diverse dall’erogazione dei servizi senza un consenso libero e specifico.

Fra le prescrizioni, il Garante ha ingiunto a TIM di verificare la consistenza delle black list utilizzate e di acquisire tempestivamente quelle eventualmente formate dai call center per riversarle nella propria black list.

Il Garante ha imposto a TIM di rivedere il programma TIM Party e consentire l’accesso dei clienti a sconti e concorsi a premi eliminando il consenso obbligato al marketing. L’azienda dovrà anche verificare la procedura per l’attivazione di tutte le app, e specificare sempre, “con linguaggio chiaro e comprensibile”, i trattamenti svolti con l’indicazione delle finalità perseguite e delle modalità di trattamento utilizzate, nonché acquisire un valido consenso.

TIM dovrà inoltre implementare le misure tecniche ed organizzative relative alla gestione delle istanze di esercizio dei diritti degli interessati e “rafforzare le misure volte ad assicurare la qualità, l’esattezza e il tempestivo aggiornamento dei dati personali trattati dai diversi sistemi della società”.

Le misure e le implementazioni richieste dovranno essere introdotte e comunicate all’Autorità in tempi stabiliti, mentre il pagamento della sanzione da quasi 28 milioni di euro dovrà essere effettuato entro trenta giorni dalla notifica del provvedimento.

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