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TIM, Vodafone e Wind Tre multate di oltre 2 milioni di euro per i costi di ricarica in ritardo

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AGCOM, Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, ha annunciato di aver inflitto complessivamente oltre 2 milioni di euro di multe a TIM, Vodafone e Wind Tre per aver introdotto dei costi in caso di esaurimento del credito su contratti prepagati.

Lo ha annunciato l’Autorità con un comunicato stampa rilasciato proprio oggi, 22 Gennaio 2020, in concomitanza con la pubblicazione sul proprio sito delle delibere 495/19/CONS (Vodafone), 496/19/CONS (TIM) e 497/19/CONS (Wind Tre), con tutti i dettagli dei singoli procedimenti.

Come ormai noto, da diversi mesi gli operatori Vodafone, TIM e Wind (il brand 3 non è coinvolto) hanno cominciato ad applicare una condotta in caso di esaurimento del credito residuo, con prosecuzione dei servizi e relativo addebito aggiuntivo, così descritta dall’AGCOM nel suo comunicato:

Se l’utente di un contratto prepagato esaurisce il proprio credito e non effettua una ricarica utile al rinnovo dell’offerta, gli operatori non bloccano più il traffico in uscita ma lo rendono disponibile pur in assenza di una volontà espressa dall’utente medesimo, addebitando un costo aggiuntivo ai clienti che, anche inconsapevolmente o involontariamente, fruiscono dei servizi voce, SMS e dati. Il costo del traffico erogato viene poi detratto dalla successiva ricarica.

È stata proprio questa modifica contrattuale che ha spinto il Consiglio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni a ritenerlo in contrasto con la normativa di settore, comminando 696 mila euro di multa ciascuno alle società TIM, Vodafone e Wind Tre, per un totale di oltre 2 milioni di euro complessivi.

Nel caso di Wind Tre, è stata inoltre sanzionata anche l’introduzione di un costo associato alla navigazione internet illimitata a 128Kb allorché sia stato esaurito il bundle dati associato all’offerta sottoscritta.

L’Autorità ha ritenuto che la condotta degli operatori non possa configurarsi come semplice esercizio dello jus variandi per il quale, in applicazione dell’art. 70, comma 4 del Codice delle comunicazioni elettroniche, non è necessaria l’accettazione da parte degli utenti essendo sufficiente la garanzia di un diritto di recesso dal contratto senza costi.

Come verificato dall’Autorità nel corso di “un’approfondita istruttoria avviata lo scorso mese di Luglio 2019”, gli operatori non si sono limitati, infatti, a modificare le originarie condizioni del contratto prepagato sottoscritto, ma vi hanno inserito un quid novi che, in quanto tale, doveva essere accettato dagli utenti.

La condotta menzionata è risultata inoltre in contrasto con quanto previsto dalla delibera n. 326/10/CONS, che obbliga gli operatori a far cessare immediatamente la connessione dati nel caso in cui il credito disponibile sia completamente esaurito e a riattivarla soltanto dopo aver ricevuto un’espressa manifestazione di volontà da parte dei clienti.

Con la decisione assunta, l’Autorità si pone in sintonia con quanto affermato in relazione allo jus variandi dal Consiglio di Stato nella recente sentenza n. 8024/2019, per il quale: “l’art. 70, comma 4, del Codice, non può applicarsi a qualsivoglia tipo di variazione del contenuto del contratto, dovendosi riconoscere in via ermeneutica due tipologie di limiti: in primo luogo, le modifiche unilaterali possono riguardare soltanto la variazione di condizioni già contemplate nel contratto; in secondo luogo, i mutamenti delle condizioni preesistenti non possono mai raggiungere il livello della novazione del preesistente rapporto obbligatorio”.

L’Autorità ha altresì accertato la violazione da parte di TIM, Vodafone e Wind Tre degli obblighi in materia di trasparenza delle informative rese in occasione di alcune variazioni delle condizioni economiche di offerte di rete mobile.

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