L’uso eccessivo del cellulare causa tumori? Confermata in Appello la sentenza del tribunale di Ivrea
Lo studio associato Ambrosio e Commodo ha reso noto che la Corte d’Appello di Torino ha confermato in secondo grado la sentenza del Tribunale di Ivrea sul caso del lavoratore che avrebbe sviluppato un tumore per via dell’utilizzo eccessivo del cellulare.
Gli avvocati di Roberto Romeo, a cui era stato diagnosticato un tumore benigno apparentemente legato all’utilizzo eccessivo del cellulare, hanno così commentato l’esito del secondo grado di giudizio:
“Una sentenza storica, come lo era stata quella di Ivrea, la prima al mondo a confermare il nesso causa-effetto tra il tumore al cervello e l’uso del cellulare. La nostra è una battaglia di sensibilizzazione sul tema. Manca informazione, eppure è una questione che interessa la salute dei cittadini”.
La Corte d’Appello di Torino ha dunque confermato la sentenza del Tribunale di Ivrea sulla causa promossa da Romeo contro INAIL, per la richiesta del riconoscimento della natura professionale del neurinoma dell’acustico destro.
In quell’occasione, il Tribunale di Ivrea aveva accertato che Romeo “a causa della sua attività lavorativa svolta come referente/coordinatore di altri dipendenti, abbia utilizzato in maniera abnorme telefoni cellulari nel periodo 1995/2010”.
Era stata inoltre ritenuta significativa l’evidenza del fatto che l’intervallo tra l’inizio della esposizione e la comparsa dei primi segni di neoplasia corrispondeva alla latenza di 15 anni che si osserva spesso nei tumori non epiteali, mentre secondo il Giudice costituiva un’ulteriore prova il fatto che il signor Romeo fosse destrimane e che la patologia fosse insorta proprio nella parte destra del capo del ricorrente.
Come risultato, la sentenza di Ivrea numero 96/2017 pubblicata il 21 Aprile 2017 accoglieva parzialmente le richieste del dipendente, dichiarandolo affetto da una malattia professionale con danno biologico permanente del 23% e condannando l’INAIL alla corresponsione del relativo beneficio oltre agli interessi legali.
Si evidenzia che, sebbene gli avvocati di Romeo evidenzino la mancanza di informazioni certe in merito, non mancano studi nazionali e internazionali sul tema, con lo scopo di chiarire se effettivamente l’utilizzo del telefono cellulare possa favorire l’insorgenza di tumori.
Già nella sentenza di Ivrea, il giudice del lavoro Luca Fadda aveva infatti citato le valutazione dell’IARC (che definiva i campi elettromagnetici ad alta frequenza come “cancerogeni possibili per l’uomo”) e lo studio Interphone che invece negava per certi versi una correlazione.
Nel mese di Agosto del 2019, inoltre, l’Istituto Superiore di Sanità ha presentato un repot sulle radiazioni delle radiofrequenze e sul loro collegamento con l’insorgenza di alcuni tipi di tumori.
Lo studio veniva pubblicato a breve distanza dalla lettera con cui Codacons invitava i sindaci italiani a vietare il 5G e sostanzialmente affermava che molti effetti negativi che si sospettava potessero derivare dall’esposizione non trovano alcun riscontro scientifico.
Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, infatti, l’unico effetto dell’esposizione alle radiofrequenze ad oggi accertato è quello di penetrazione che si traduce nella produzione di calore e dunque nel riscaldamento dei tessuti. Nessun riscontro scientifico invece per tutti i casi di meningiomi, gliomi, tumori delle ghiandole salivari, tumori dell’ipofisi e neurinomi acustici, ovvero proprio il tumore sviluppato dal dipendente che ha però visto confermata in appello la sentenza.
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