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TIM: il TAR riduce di 500.000 euro la sanzione in tema di recesso nei contratti a distanza

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Il TAR del Lazio ha parzialmente accolto il ricorso di TIM contro l’Antitrust per una sanzione del valore di 2 milioni di euro, irrogata come esito di un procedimento con cui l’operatore è stato condannato per la violazione degli articoli 49, 50, 51 e 57 del Codice del Consumo, sui contratti a distanza. L’azienda è adesso riuscita a ottenere un serio alleggerimento della sanzione.

I fatti risalgono al Luglio del 2017, data in cui l’Antitrust ha accertato tali violazioni, dopo aver richiesto il parere dell’AGCOM ai sensi dell’articolo 27, comma 6, del Codice del Consumo.

Nello specifico, a TIM sono state irrogate tre sanzioni, per 650.000 euro, 800.000 euro e 550.000 euro per le condotte poste in essere nella commercializzazione di servizi di telefonia fissa voce e dati, consistenti nell’aver omesso di fornire tutte le informazioni necessarie ai clienti, soprattutto in termini di diritto di recesso e dei costi a esso collegati.

Si evidenzia che l’Antitrust aveva nello stesso periodo concluso procedimenti identici anche nei confronti di Vodafone, Wind e Fastweb, che avevano portato a sanzioni di ammontare diverso.

TIM ha però deciso di fare ricorso al TAR in quanto, secondo l’azienda, il provvedimento sarebbe illegittimo, essendo stato raggiunto in violazione dei principi di imparzialità, buon andamento, buona amministrazione, proporzionalità e leale cooperazione.

L’Antitrust avrebbe infatti rigettato gli impegni presentati da TIM nel corso del procedimento, sconfinando inoltre per esercizio di potere regolatorio per una questione che, secondo l’azienda, era di competenza dell’Autorità di settore, ovvero l’AGCOM.

Secondo TIM, insomma, la sanzione era ingiusta e contraria ai principi di proporzionalità e adeguatezza.

In merito al primo motivo di ricorso sul rigetto degli impegni e sulla mancata attivazione dell’istituto della moral suasion, il TAR ha ritenuto le osservazioni di TIM infondate, poiché il comportamento mantenuto dall’Autorità resta limitato alla sua sfera di discrezionalità.

Anche la doglianza sulla competenza dell’AGCM rispetto all’AGCOM è infondata, in quanto le sanzioni sono state irrogate in relazione al mancato rispetto degli obblighi di protezione del consumatore stabiliti dalla direttiva europea 2011/83 e recepiti dagli articoli 49 e successivi del Codice.

Stesso discorso per la doglianza con cui è stata sostenuta l’illegittimità del provvedimento per difetto soggettivo, e in cui TIM affermava che le condotte poste in essere erano legittime e conformi alla regolazione del settore.

Ad essere in parte condiviso è stato l’ultimo motivo di impugnazione, con cui TIM ha contestato l’attività di quantificazione della sanzione, definita ingiusta, irragionevole e non proporzionale ai fatti accertati e alle conseguenze degli stessi.

Nello specifico, il TAR ha reputato irrilevante l’assenza di segnalazioni e la spontanea implementazione degli impegni nonostante il loro rigetto da parte dell’Antitrust. Tuttavia, sul fronte degli effetti pratici della condotta di TIM, il TAR evidenzia che gli stessi concorrono a definire la gravità per certi versi limitata, che si dovrebbe riflettere sulla sanzione.

A ciò si aggiunge il fatto che la normativa, entrata in vigore del 2014, secondo il TAR presenta alcune incertezze interpretative che potrebbero aver avuto il loro rilievo nella condotta di TIM.

Per queste ragioni, il TAR ha deciso di accogliere la domanda di riduzione della sanzione, con un taglio del 25%, che rappresenterebbe l’incidenza sulla sanzione dei fattori sopra riportati. Così, la sanzione nei confronti di TIM è scesa da 2 milioni di euro a 1,5 milioni di euro per la violazione degli articoli 49, 50, 51 e 57 del Codice del Consumo.

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Pubblicato da
Alberto Ferrante

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