L’AGCOM ha oggi pubblicato un’interessante controversia di un privato contro TIM e Tiscali, per un caso di attivazione di servizi non richiesta. L’utente aveva infatti ricevuto delle fatture per servizi di rete fissa dopo aver venduto il suo immobile, da parte di un operatore diverso rispetto a quello con cui aveva cessato il contratto.
Il cliente in questione si era affidato ai servizi di Tiscali, prima di effettuare recesso il 30 Novembre 2017, per la necessità di vendere il suo immobile. Dopo del tempo, sono state recapitate, nell’appartamento ormai ceduto a terzi, diverse fatture di servizi TIM per un servizio voce e ADSL non richiesto e non sottoscritto.
Il cliente ha fatto reclamo ai gestori TIM e Tiscali, ma ha affermato di non aver ricevuto nessuna risposta. Per questa ragione, si è rivolto all’AGCOM per richiedere il rimborso degli importi non dovuti e la liquidazione dell’indennizzo per illecita migrazione e attivazione illecita.
TIM si è dapprima difesa affermando di essere totalmente estranea alla vicenda, in quanto “il preteso arbitrario rientro in TIM della linea in questione da OLO Tiscali non può che essere stato richiesto dal cliente, in conformità alla normativa regolamentare disciplinante la procedura di migrazione”.
Secondo quanto riportato, infatti, la procedura di cosiddetto rientro in TIM consta di tre fasi, ovvero la richiesta del cliente, la comunicazione preventiva e il provisionig tecnico, basandosi sulla fornitura di un codice di migrazione e di un codice segreto da parte di ogni operatore. Quindi, TIM ha ritenuto evidente che il rientro sia stato richiesto dall’utente finale.
Tuttavia, l’operatore ha poi affermato che la ragione della fatturazione potrebbe essere in alternativa ricercata nell’autogenerazione della procedura di rientro in TIM (una sorta di portabilità avviata in automatico) al momento dell’avvenuta cessazione effettuata da Tiscali. Ma anche in questo caso, TIM ha affermato di non ritenersi resposnabile, avendo effettuato due contatti con l’utente finale per verificare la richiesta di rientro, senza possibilità di rintracciarlo.
L’AGCOM ha però deciso di soddisfare la richiesta del rimborso degli importi non dovuti e della liquidazione dell’indennizzo per attivazione illecita da parte di TIM. Nello specifico, con riferimento al primo punto, l’Autorità ha evidenziato che l’inusuale fattispecie in questione si è configurata come una portabilità avvenuta senza una richiesta dell’istante, che necessita dunque dello storno e rimborso delle fatture emesse fino alla chiusura del ciclo di fatturazione.
Per quanto concerne invece la richiesta di indennizzo, TIM non sarebbe riuscita a fornire una prova sulle modalità di attivazione dell’utenza, dichiarando che potrebbe essersi verificata una procedura automatica di rientro (trattandosi di un’utenza nativa TIM). Il punto focale della questione sta però nel fatto che, senza essere riuscita a contattare l’istante, TIM ha proceduto ad attivare comunque il servizio di telefonia.
Per l’AGCOM, inoltre, il disagio causato al cliente è stato ancor più grave dato che l’immobile non era abitato
Per queste ragioni, l’Autorità ha applicato l’indennizzo di 5 euro al giorno per tutto il periodo considerato, per un totale di 635 euro, a cui si aggiungono 300 euro a titolo di indennizzo per la mancata risposta ai reclami.
Il soggetto istante ha anche presentato un altro procedimento contro Tiscali, concentrandosi sulla liquidazione di un indennizzo per eventuale illecita migrazione. Tuttavia, l’Autorità ha ritenuto che la richiesta non possa trovare accoglimento in quanto non è stata posta in essere, da parte di Tiscali, nessuna migrazione illegittima.
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