Delle volte può bastare un banale errore di una persona sconosciuta che richiede la portabilità del numero, sbagliandolo, per causare l’interruzione improvvisa della propria linea: è quello che è successo ad un cliente TIM di linea fissa, che si è dovuto rivolgere ad AGCOM per risolvere la controversia.
La storia di questo cliente TIM di rete fissa, che coinvolge anche PosteMobile e indirettamente Vodafone, è emersa con la pubblicazione della delibera AGCOM n. 119/19/CIR, pubblicata oggi, 11 Novembre 2019, sul sito dell’Autorità ma risalente al 19 Settembre 2019.
Tutto comincia il 10 Marzo 2018, quando il cliente TIM in questione lamenta l’interruzione improvvisa della propria linea voce e internet di casa. Contattato il servizio clienti TIM, si scopre che sulla numerazione del cliente era in corso una procedura di portabilità del numero verso Vodafone.
In realtà, il cliente TIM non aveva mai richiesto alcuna portabilità verso altro operatore. La conferma arriva anche dalla stessa Vodafone, a cui non risultava alcuna utenza intestata al cliente in questione.
Il 18 Aprile 2018 interviene il CORECOM Campania, che con provvedimento d’urgenza dispone la riattivazione della linea con TIM.
In occasione di questo provvedimento TIM mostrava le schermate di sistema che confermavano l’avvenuta portabilità in Vodafone, e si richiedeva quindi il codice di migrazione affinché TIM potesse riattivare la linea.
Tuttavia, Vodafone ribadiva la propria totale estraneità alla vicenda, evidenziando però che in realtà la numerazione in questione era stata passata a PosteMobile. Quest’ultima, però, dichiarava che l’utenza “non risultava censita”.
Durante questa fase di stallo, in cui la situazione era ancora poco chiara e non si capiva di chi fosse la colpa, TIM ha comunque provveduto a chiudere il contratto e ad inviare al proprio cliente una fattura di ben 542,05 euro, poiché sono stati addebitati in un’unica soluzione il costo di “un cordless, modem e televisore per i quali era prevista la rateizzazione“.
A Settembre 2018 il cliente decide di fare istanza direttamente ad AGCOM, Autorità per le Garanzia nelle Comunicazioni, e nel frattempo la numerazione di cui era titolare da 15 anni era andata perduta.
Sulla base dei fatti appena esposti, il cliente TIM aveva fatto le seguenti richieste ad AGCOM: la corresponsione dell’indennizzo per interruzione dei servizi, voce ed adsl; la corresponsione dell’indennizzo per attivazione di servizi non richiesti; la corresponsione dell’indennizzo per mancata risposta ai reclami scritti; la corresponsione dell’indennizzo per perdita della numerazione; lo storno delle fatture; il rimborso delle spese di procedura.
AGCOM a questo punto ha provveduto a sentire le posizioni dei tre operatori coinvolti nella procedura in questione per districare la situazione.
In primis, Vodafone dichiarava che “la numerazione oggetto del contenzioso risulta transitata su rete Vodafone su richiesta del gestore PosteMobile“, mostrando come la richiesta fosse stata fatta proprio dall’operatore di PostePay S.p.A..
Si scopre quindi che Vodafone era stata chiamata in causa solo per via del fatto che PosteMobile è un operatore virtuale di rete mobile che per il servizio di telefonia fissa (PosteMobile Casa) utilizza una SIM su rete Vodafone inserita all’interno del telefono di casa.
Chiamata quindi a rispondere di quanto successo, PostePay S.p.A. ha dichiarato che il cliente non era mai stato in PosteMobile.
L’operatore virtuale chiarisce quindi che tutto è successo per colpa di un soggetto terzo, diverso dal cliente TIM, che ha richiesto l’attivazione di un contratto PosteMobile Casa, sbagliando però il numero per il quale richiedere la portabilità, il quale coincideva con quello dell’utenza TIM oggetto della controversia.
Il cliente che ha inserito il numero errato per la portabilità, una volta resosi conto dell’errore aveva informato PosteMobile richiedendo l’annullamento del contratto e la conseguente chiusura della linea, avvenuta l’8 Giugno 2018.
PostePay ha quindi chiarito di non avere alcuna responsabilità in quanto operatore recipient, mentre sarebbe dovuto essere l’operatore donating, ossia TIM, ad effettuare i dovuti controlli sulla corrispondenza anagrafica e sui dati inseriti, rifiutando di conseguenza la portabilità.
TIM dal canto suo non ha depositato memorie, ma dichiarava che per legge era obbligata a lavorare la procedura di portabilità richiesta da Vodafone, e che una volta ricevuta la disposizione del CORECOM attendeva il codice di migrazione da parte di Vodafone.
L’Autorità, preso atto della situazione appena raccontata, ha dichiarato del tutto estranea Vodafone.
Si è quindi giunti alla conclusione che probabilmente, per un mero errore materiale da parte del soggetto terzo al momento dell’inserimento, è stata effettuata la portabilità del numero (intestato al cliente oggetto della controversia) da TIM a PosteMobile.
Poiché AGCOM ha accertato che TIM non ha dato evidenza di aver effettuato le dovute attività di controllo e di non aver dato alcun seguito al reclamo pervenuto, l’Autorità ha accolto le richieste del cliente in merito al risarcimento per interruzione del servizio e per perdita del numero, obbligando TIM a corrispondere 1.500 euro al cliente.
Infine, l’Autorità ha respinto quasi tutte le altre richieste del cliente, eccetto per lo storno delle fatture, per cui TIM è tenuta a rimborsare tutti gli importi per servizi telefonici addebitati dalla data di chiusura della linea, ossia dal 12 Marzo 2018.
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