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Tim, l’AD Labriola: “Crisi ricavi? O adeguiamo i prezzi o impoveriremo l’Italia”

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Anche l’amministratore delegato e direttore generale di Tim, Pietro Labriola, ha preso parte all’ultimo Forum nazionale delle telecomunicazioni in Italia, dal titolo “Connessi per l’Italia – Persone, infrastrutture e servizi per il futuro del Paese”, organizzato da Assotelecomunicazioni-Asstel in collaborazione con l’Università LUISS Guido Carli e tenutosi lo scorso 6 novembre 2024.

Tra le numerose conferenze di giornata, Pietro Labriola ha partecipato all’incontro dal titolo “Infrastrutture e connessioni per la crescita”. Interpellato da Alessio Viola, giornalista di Sky TG24 e moderatore ufficiale dell’evento, l’AD e DG di Tim ha rilasciato le seguenti dichiarazioni:

Confermo a Beppe (Giuseppe Gola, AD di Open Fiber ndr.) che ci sono. Sono qua quindi non vado via. Non vado da nessuna parte, sono contento di quello che faccio. Prima mi sembra Saccone (Riccardo, segretario generale SLC – CGIL, “Sindacato Lavoratori della Comunicazione” e “Confederazione Generale Italiana del Lavoro”, ndr.) parlava di autocoscienza.

Mai come oggi, noi ci troviamo in un contesto nel quale ce ne fosse uno in questa sala che non sta ripetendo le stesse cose, ovvero che siamo alla fermata del bus, però non riusciamo più a ripartire. Lo dobbiamo dire chiaramente. E quando io vedo anche delle parti sociali come i sindacati, che debbo dire, debbo testimoniare, è dal 2022 che hanno affiancato le aziende, quando a quel tempo c’è il Ministero dello Sviluppo Economico, per dire che il settore non poteva andare avanti così.

Quindi, noi siamo arrivati alla fine di un percorso nel quale le cose devono cambiare. Parlavamo di autocoscienza e della necessità di evitare che poi qualcuno di noi, strumentalmente, da un lato dica una cosa e dall’altra si muova un’altra direzione. Eh oggi ci siamo organizzati in maniera differente? Io faccio un preambolo e ciascuno dei miei colleghi esporrà un problema oggettivo sul quale abbiamo bisogno di risposte.

Vista la presenza di tanti studenti e siccome io ogni giorno leggo sui giornali l’ultimo scienziato di turno che ci spiega come far tornare il conto economico degli operatori, ve lo leggo io. “Top line, ricavi”. Potete fare quello che volete. Avete visto i numeri che ha mostrato Massimo Sarmi?

Se in Germania l’ARPU (Average Revenue Per User, in italiano “ricavi medi per utente”, ndr.) del mobile è 30 euro e il costo dei fattori produttivi tra l’Italia e la Germania non cambia, vuol dire che questi qua c’hanno 20 euro di ARPU e di margine in più per ogni cliente.

Quindi, gli operatori tedeschi hanno una capacità di investire nel sistema Paese completamente differente dalla nostra.

In merito alla crisi dei ricavi, Labriola ha continuato il proprio intervento indicando una possibile soluzione, già adottata con ottimi risultati in altri Paesi:

Qualcuno dice che è colpa nostra perché abbiamo abbassato i prezzi: “gli abbiamo accelerato la competizione”. Ora senza nulla togliere a tutti i colleghi e gli amici, ma quando qualche anno fa c’è stata la fusione Wind Tre, aveva come obiettivo quello di portare a tre operatori il mercato perché vi fate un calcolo e, sulla base dei costi e dei CAPEX (dal inglese CAPital EXpenditure, in italiano “spese in conto capitale”, ndr.) che un operatore deve gestire, stare sotto il 20-25% di quota di mercato non è sostenibile economicamente.

Questo non è un atto di accusa verso Walter (Walter Renna, AD Fastweb, ndr.) o verso Levi (Benedetto Levi, AD Iliad Italia, ndr.).

Loro fanno il loro dovere. È chi definisce la regolamentazione e le logiche, chi accetta un livello di competizione e di liberismo sino agli estremi. Eh, dopo deve prendersene anche le responsabilità! Ricordo a tutti che senza reti di telecomunicazioni la digitalizzazione non esiste.

Non esiste! Possiamo parlare di quello che vogliamo, ma io per attivare un cliente come quello che mi dice Beppe, eh, io devo pagare 14-15 euro solo di costo della fibra, l’ARPU del cliente senza IVA è meno di 20 euro.

Debbo pagare una serie di cose… come faccio? Quando qualcuno, ripeto, la top line e lo ricordo nella maniera più stupida possibile, l’ARPU medio di un cliente è 10 euro.

Se questo cliente chiede, se noi riuscissimo a chiedere al cliente 1 euro in più al mese, 1 euro in più che è meno di un caffè, sapete cosa succederebbe? Il mio equity free cash flow, e quindi  probabilmente quello dei colleghi, crescerebbe di quasi il 25%, che vuol dire una ricapitalizzazione in borsa del 25%.

Quindi, sulla top line l’unica possibilità è o permettere quello che in altri paesi è stato concesso e qua non sto facendo atto di accusa nei confronti di nessuno, ma analizzo: in UK, l’autorità locale ha permesso il riadeguamento all’inflazione dei prezzi della telefonia e questo ha rimesso in ordine i numeri degli operatori inglesi.

Senza necessariamente riflettersi sulla qualità perché chi di voi ha l’esperienza di viaggiare in UK si trova una qualità molto peggiore della nostra. E quindi preparatevi: le nostre reti peggioreranno. Preparatevi!

Dall’Aula Magna “Mario Arcelli” della LUISS, l’AD e DG di Tim ha aggiunto le motivazioni per cui l’Italia appare indietro rispetto al mercato estero:

“Quindi, ricavi… per poter migliorare i ricavi, non possiamo dire: “Lanciamo il servizio con 5 euro in più per migliorare la qualità”. Ma fatevi una domanda: c’è qualcuno di voi che pagherebbe 5 euro in più?

Oggi c’è già una qualità di servizio molto elevata. Siamo troppi, non lo dico io, lo stanno dicendo a livello comunitario e l’unico modo per aumentare i ricavi è o prevedere degli adeguamenti del prezzo, considerando che, come vi mostrerò, io ho tutta la base costi che normativamente o per altri motivi si adegua all’inflazione. Quindi io debbo sopra abbassare i prezzi, sotto avere la spinta all’inflazione.

Come torna il conto? Considerando che siamo cinque operatori in Italia… cinque! Con un ARPU di 10 euro. Dopo se Massimo (Sarmi, presidente Asstel, ndr.)  rimanderà la chart o ve la distribuiamo, andate a vedere l’ARPU.

Scusate, ci sono le elezioni americane. Ricordo a tutti che negli Stati Uniti si pagano tra i 70 e gli 80 euro. La telefonia mobile. Qua 10. Dopodiché il costo del lavoro degli americani è molto più basso? Non mi sembra sia un paese emergente… non è particolarmente più alto, è allineato. Ericcson (indica Andrea Missori, Presidente e AD Ericsson Telecomunicazioni, ndr.) negli Stati Uniti vende a un prezzo differente all’Europa? No.

Le licenze software che dobbiamo comprare da Microsoft, da Oracle, dagli altri so più o meno le stesse dappertutto. Fatevi una domanda e vi date una risposta. Ecco perché altri paesi avranno un vantaggio competitivo nella costruzione di infrastrutture.

Ad aggravare ulteriormente la situazione, a detta di Labriola, emerge un particolare fattore a svantaggio degli operatori, evidenziato dal confronto con alcune aziende del settore energetico:

Andiamo a vedere poi la struttura dei costi. Costo del lavoro? Eh, io comprendo legittimamente il sindacato che vuole il rinnovo del contratto, però, dall’altra parte, se io riporto l’inflazione o l’adeguamento, sopra non c’ho battente. Quindi, siccome c’è qualcuno che ci vuole insegnare che le nostre società possono avere dei risultati migliori, andiamo ad analizzare i singoli punti.

Gli amici di CellNex o INWIT hanno tutti quanti contratti sulle antenne con adeguamento all’inflazione. Giusto, corretto, legittimo, non lo metto in dubbio: è per una struttura di costo che mi sale. L’energia. Non ricordo chi diceva prima che l’energia In Italia costa il 40% in più rispetto all’estero.

Quindi, quando mi dite costruite le reti 5G e aumentate le antenne… scusate, io aumento le antenne, aumento il costo dell’energia, ma nessuno di voi mi pagherà un centesimo in più? Dove li trovo?

Allora scusate se ho zittito la platea con un approccio duro, ma noi dobbiamo uscire fuori di metafora! È pieno di gente che ci vuole spiegare come far tornare il conto economico, ma se siamo in cinque che facciamo difficoltà, poi ognuno di loro, giustamente, perché siamo aziende con degli azionisti dirà loro che ognuno di noi è un po’ meglio dell’altro, ma il fatto che tutti i nostri azionisti non sono particolarmente contenti in Italia del fatto che se loro mettono 1 euro hanno un adeguato remunerazione del capitale è un dato oggettivo.

Quindi noi progressivamente impoveriremo il paese se non troviamo una soluzione.

Poi possiamo parlare anche di asimmetria delle regole, non possiamo fare il cherry picking, ovvero togliamo il roaming. Sì, però allora, se a livello europeo togliamo il roaming, mi togliete il 40% di costo dell’energia e mi riportate i limiti elettromagnetici e mi ridate l’adeguamento all’inflazione.

Non è che possiamo fare l’inviluppo delle sfortune perché questo è il risultato.

Il nostro è il secondo paese come prezzi più bassi al mondo del mobile; siamo il paese europeo con i prezzi più bassi; siamo l’unico caso europeo nel quale l’FTTH (Fiber To The Home, ndr.) costa come l’FTTC (Fiber To The Cabinet, ndr.), che è un assurdo perché io devo mettere 1000 euro per avere un Delta ARPU zero.

Allora, ora i colleghi affronteranno i singoli temi, però partiamo da questi presupposti logici: oggi è complesso gestire un operatore di Telecomunicazioni in Italia per N fattori che vanno dalla linea di ricavi su tutta la parte della struttura dei costi.

Infine, l’AD e DG di Tim Pietro Labriola ha voluto concludere il suo intervento con un esempio per spiegare come mai le altre “utilities” non stanno vivendo un momento di “crisi aperta” come il settore delle telecomunicazioni:

Termino con un esempio e qua parlo anche con Laura (Di Raimondo, Direttore Asstel, ndr.) di memorie storiche. Io mi ero appena laureato quando è stato deciso che il settore delle telecomunicazioni sarebbe stato liberalizzato e io amo paragonare quel momento a un film di Netflix, nel quale una famiglia c’ha due figli gemelli monozigote. Non eterozigote, perché potrebbero essere differenti, monozigote: noi e le altre utilities.

Sceglietene uno a caso: gas, energia… a noi ci hanno mandato la scuola pubblica o un tipo di scuola agli altri un’altra scuola. Ok? 30 anni dopo, guardate le utility, non mi sembra che ci siano dichiarazioni di aperte crisi, generazione di cassa a gogo e noi in grande difficoltà… perché? Perché questo era un business infrastrutturale dove tu dovevi investire per mettere e costruire delle reti che siano fisse o siano mobili e, comunque, anche coloro i quali non costruiscono il last mile io, lui, lui, Gianluca (Corti, AD Wind Tre, ndr.)… noi costruiamo e investiamo tanto!

Giusto per chiarire un concetto, se Netflix trasforma tutti i film in 8k, io spendo un miliardo sul backbone (router backbone, ndr.)

Poi mi guardo verso i sindacati dico: “Oh, devo andare a recuperare un miliardo”. In altri settori che scelta è stata fatta?Tu investi. Non ti preoccupare perché è un business long-term.

Non ti preoccupare che quando verrà definito il prezzo verso il cliente finale, quel prezzo, il cosiddetto modello RAB (Regulatory Asset Base, ndr.), ti permetterà di recuperare quella remunerazione sul capitale necessaria per continuare a investire a 10 a 20 anni.

E quindi, i due gemelli, uno l’hanno mandato ad una scuola, uno all’altra e noi siamo il gemello a cui è andato un po’ peggio.

Al medesimo frangente della giornata dedicata all’assetto delle telecomunicazioni e al futuro del settore, sono intervenute altre figure. Assieme ai già menzionati Giuseppe Gola, Andrea MissoriWalter Renna, Benedetto Levi e Gianluca Corti, completa la lista Sabrina Casalta (dal 15 novembre 2024 AD ad interim di Vodafone).

A cura di Ruggero Gambino

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