WindTre Rete Fissa

TAR: respinto il ricorso di Wind Tre sul caso della pubblicità per l’interruzione del canone TIM

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Il TAR del Lazio si è espresso su un ricorso di Wind Tre contro l’AGCM per l’annullamento di una sanzione dell’Autorità di 165.000 euro per pubblicità ingannevole, risalente al 2009.

Nel procedimento in questione, che aveva visto anche la partecipazione di TIM, l’AGCM aveva ritenuto che Wind avesse posto in essere una pratica commerciale in cui non si informavano i clienti finali sull’effettiva possibilità di interrompere il rapporto con TIM al momento del passaggio a Wind.

Alcuni spot delle offerte Wind di rete fissa presentavano infatti dei claims del tipo: “Non paghi più il canone Telecom” oppure “No Canone Telecom”, che secondo l’Autorità avrebbero fatto credere al cliente di poter procedere a un’interruzione immediata del pagamento in questione.

L’offerta di Wind prevedeva invece il successivo rimborso (peraltro in certi casi parziale) del costo del canone che comunque l’utente doveva continuare a versare.

Inoltre, nella fase di commercializzazione dei servizi, Wind non aveva chiarito se i clienti finali avrebbero avuto accesso ai servizi offerti in modalità ULL (Unbundling Local Loop, vale a dire tramite accesso disaggregato alla rete locale) o CPS (preselezione automatica del Carrier).

Si ricorda infatti che nel primo caso il cliente telefona utilizzando la rete di un altro operatore e quindi cessa definitivamente il suo contratto con lo stesso, mentre nel secondo caso si effettuano chiamate con l’operatore alternativo, ma sempre utilizzando la rete di TIM.

In altri termini, la pratica era considerata ingannevole in quanto ingenerava nel consumatore finale “la convinzione di poter accedere immediatamente alla nuova rete di Wind interrompendo subito e contestualmente ogni rapporto con Telecom”.

Wind aveva contestato la competenza dell’AGCM per carenza di potere e per violazione e falsa applicazione degli articoli dal 18 al 26 del Codice del Consumo. Con riferimento al rimborso, inoltre, l’azienda ha fatto notare che il canone per l’offerta Happy Italy era comunque inferiore a quello di TIM e dunque il rimborso non poteva essere che parziale.

Per l’azienda, dunque, i consumatori disponevano di tutte le informazioni adatte per valutare adeguatamente la convenienza dell’offerta promossa.

Il TAR, nella sua sentenza pubblicata il 19 Settembre 2019, fa notare che la fattispecie in questione torna in esame dopo la sospensione impropria del giudizio, in attesa della pronuncia della Corte di Giustizia UE su una questione analoga.

La Corte ha però affermato la prevalenza della disciplina di settore solo se sia individuabile un contrasto insanabile con quella del Codice del Consumo (nel caso italiano). Il contrasto, sottolinea la sentenza del TAR, non va inteso come mera difformità, ma come divergenza insuperabile. Inoltre, le conclusioni della Corte di Giustizia, secondo gli elementi richiamati dal TAR, sembrerebbero deporre per l’affermazione di una normativa per fattispecie, e non per settore.

Per questo motivo, la prima parte del ricorso di Wind non è stata accolta. Il collegio afferma infatti:

“In realtà l’impianto accusatorio dell’AGCM era ben chiaro dal contesto della motivazione integrale del provvedimento impugnato e non si incentrava solo sull’omissione o incompletezza delle informazioni tecniche fornite ma, essenzialmente, sulla struttura dei claims con i quali, nel sito internet e negli spot televisivi Wind agganciava l’attenzione del cliente finale”.

Secondo il TAR, dunque, il cuore della contestazione dell’AGCM era legato alla pubblicità ingannevole che induceva i clienti a ritenere di non dovere più pagare il canone TIM immediatamente all’atto della sottoscrizione del contratto con Wind.

In questo contesto, inoltre, sembrerebbe non assumere rilievo la difesa di Wind con cui l’azienda ricordava che il cliente finale aveva la possibilità di approfondire (sia tramite il numero verde che tramite il sito web) gli ulteriori termini dell’offerta.

Ciò è dovuto al fatto che la veridicità e completezza di un messaggio commerciale, sottolinea la sentenza, va valutata nell’ambito dello stesso contesto di comunicazione e non dopo che l’effetto promozionale è già avvenuto.

Per questa ragione, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha respinto il ricorso di Wind Tre contro la sentenza dell’AGCM. Si segnala tuttavia che permane dell’incertezza giurisprudenziale riguardo al primo motivo di ricorso, che ha spinto il TAR a stabilire eccezionalmente di compensare le spese della lite.

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