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Antitrust sulla separazione della rete di TIM: necessarie nuove garanzie e regolamentazioni

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Nella gionata di oggi, 16 Settembre 2019, l’Antitrust ha divulgato la sua analisi coordinata con l’AGCOM sul progetto di separazione volontaria della rete fissa di accesso di TIM.

La valutazione dell’AGCOM è stata già resa nota e ha tendenzialmente ritenuto la separazione volontaria priva di conseguenze per la concorrenza nei settori rilevanti oggetto d’esame.

L’Antitrust concorda a tal proposito con l’AGCOM, ricordando che il progetto di separazione legale di TIM lascia immutati i problemi competitivi causati dal potere di mercato dell’operatore, che comunque deterrà il controllo totalitario della società a cui verrà attribuita la rete anche dopo la separazione volontaria.

Inoltre, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha ritenuto di poter condividere la definizione dei mercati rilevanti proposta dall’AGCOM, che distingue il livello nazionale da quello subnazionale, considerando il Comune di Milano come un mercato geografico separato per le sue caratteristiche concorrenziali.

Con riferimento invece all’inclusione delle tecnologie FWA (Fixed Wireless Access), l’autorità “auspica un’analisi approfondita della sostituibilità tra servizi NGA di rete fissa e servizi FWA, posto che quest’ultima potrebbe essere limitata a particolari circostanze ed aree geografiche”.

In tal senso, viene anche suggerita una valutazione del contesto competitivo per imporre eventuali misure regolamentari sui servizi offerti attraverso tale tecnologia.

Nella sua analisi, l’AGCOM ha ritenuto che Flash Fiber possa essere considerato come uno dei possibili concorrenti attivi. In tal senso, l’Antitrust fa notare che “tra gli impegni resi vincolanti dall’Autorità vi è l’obbligo per Flash Fiber di rendere disponibile per gli operatori terzi interessati un numero minimo di fibre spente che non ecceda il limite del 20% del fatturato totale di Flash Fiber”.

Diversamente, Flash Fiber diventerebbe un’impresa a pieno titolo, di tipo concentrativo, dunque per l’AGCM l’azienda non può essere considerata come un soggetto in grado di costituire un’effettiva pressione concorrenziale nei confronti di TIM.

Inoltre, l’AGCOM aveva individuato diverse opzioni per rilevare il differente livello di potere di mercato di TIM nei cosiddetti Comuni contendibili. L’opzione che origina il maggior numero di aree oggetto di deregolamentazione prevede che vengano coperte almeno il 60% delle linee con una rete FTTH alternativa.

Sulla proporzione del 60% l’AGCM è concorde, ma evidenzia che, dato tale livello di copertura, la pressione competitiva dovrebbe essere generata da più di due soggetti detentori di rete fisse NGA in concorrenza tra loro.

Per queste ragioni, l’Antitrust auspica che la valutazione della pressione concorrenziale venga effettuata tenendo conto di tutti gli operatori dotati di reti FTTx, indipendentemente dalle architetture di rete e dal mix tecnologico scelto.

Con riferimento agli obblighi di controllo delle condizioni economiche praticate, l’AGCM ha rilevato che molti servizi wholesale di accesso alla rete fissa di TIM non sono soggetti a un meccanismo di programmazione pluriennale dei prezzi massimi, in quanto vale ancora l’approvazione delle offerte di riferimento su base annuale.

Per l’Antitrust, non applicare una regolamentazione pluriennale potrebbe determinare delle serie distorsioni della concorrenza, poiché la base annuale non permetterebbe agli operatori di programmare l’acquisizione degli input e degli investimenti necessari, e limiterebbe le strategie commerciali di lungo periodo.

Inoltre, la valutazione annuale ex post rischierebbe di avvantaggiare TIM, che dispone di maggiori informazioni sull’intero mercato rispetto agli altri operatori. Per questo ragione, l’Autorità auspica che i prezzi dei servizi oggetto di regolamentazione vengano regolamentati solamente “pro futuro” e per una data che non sia inferiore a tre anni, senza effetti retroattivi e senza possibilità di modifiche dei prezzi prima della data di scadenza del periodo di efficacia regolamentare.

Per finire, con riferimento al cosiddetto decommissioning (vale a dire la chiusura delle centrali locali di TIM, ossia lo spegnimento volontario della rete in rame nelle aree che raggiungono una significativa copertura in fibra) l’Antitrust ritiene che ciò possa contribuire a incrementare l’efficienza produttiva di TIM, innescando dei processi competitivi virtuosi.

Occorre però, prosegue l’AGCM, considerare che il processo di decommissioning deve garantire la transizione verso reti NGA in tempi più rapidi, ma non va utilizzato da TIM per spiazzare gli investimenti dei concorrenti e aumentare i loro costi. In altri termini, la chiusura delle centrali necessità di garanzie di disponibilità dei servizi NGA in sostituzione nel 100% delle linee nell’area interessata dalla chiusura. E in tal senso le reti FWA non sarebbero ancora in grado di garantire le medesime prestazioni, dunque dovrebbero essere impiegate da TIM “solo in ipotesi residuali e solo al fine di assicurare la piena copertura dei servizi NGA”.

Al riguardo, le tempistiche di comunicazione e di effettiva chiusura delle centrali dovranno essere proporzionate rispetto al numero delle linee servite per tutelare gli operatori. L’impatto delle tempistiche scelte sugli operatori avrà inoltre importanti ripercussioni strategiche e l’Antitrust ritiene che, come per gli altri servizi regolamentati, debbano essere previste delle penali a danno di TIM in caso di mancato rispetto dei termini dell’annuncio e dell’effettiva chiusura delle centrali.

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Pubblicato da
Alberto Ferrante

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