Telecomunicazioni

Telefonia: settore tlc contribuisce all’1,80% del PIL italiano. Con l’arrivo di Iliad ricavi in calo

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L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha pubblicato la sua Relazione Annuale del 2019, che, tra le altre cose, valuta anche il contesto economico e concorrenziale del mercato delle telecomunicazioni.

L’analisi dell’AGCOM è in certi casi globale e in altri distinta per settori. In generale, si evidenzia che il settore delle comunicazioni regolamentato dall’AGCOM comprende Telecomunicazioni, Media e Poste.

A livello globale, tale settore mostra ricavi totali di 53,7 miliardi di euro, sostenuti soprattutto dal comparto telecomunicazioni, che contribuisce con 31,58 miliardi (a seguire media con 15,09 e poste con 7,02).

Come comprensibile, le telecomunicazioni hanno sempre costituito la porzione principale dei ricavi della macroarea delle comunicazioni. Tuttavia, in un interessante grafico mostrato si evidenzia come oggi, nel 2018, i ricavi siano di gran lunga inferiori al periodo compreso tra il 2006 e il 2011. Nel 2007, ad esempio, il settore delle telecomunicazioni mostrava ricavi pr 46,17 miliardi di euro.

In basso, il grafico presentato. Per i media, l’AGCOM evidenzia che non sono stati considerati i ricavi derivanti da convenzioni e provvidenze, poiché di difficile computo. Inoltre, i dati presentati nella relazione annuale del 2019 si riferiscono al 2018. Ad oggi, il comparto delle comunicazioni costituisce il 3,06% del PIL italiano, mentre lo specifico settore delle telecomunicazioni incide per l’1,80%.

Concentrando adesso l’analisi solo nel settore delle telecomunicazioni, a livello globale i ricavi sono scesi del 2% nel 2018, mentre nello specifico la rete fissa ha subito un incremento dell’1,2% e la rete mobile un crollo del 5,3%. Ciò è dovuto, ricorda l’AGCOM, alla maggiore pressione competitiva dovuta anche all’ingresso di nuovi operatori.

Nel complesso, tutti i principali scenari nel mercato delle telecomunicazioni risultano influenzati dal nuovo contesto competitivo. Gli investimenti in infrastrutture degli operatori sono cresciuti nel 2018 del 17%, in aumento di ben 8,4 miliardi di euro, principalmente per supportare l’offerta di servizi ultrabroadband e per lo sviluppo della rete 5G e il completamento della rete 4G. Diminuiscono invece gli addetti impiegati: secondo quanto stimato, nel 2018 si è potuta osservare una flessione del 2,5%, pari a circa 1600 lavoratori.

Sempre in tema di investimenti, l’AGCOM fa notare che, per la prima volta nel periodo considerato, gli investimenti effettuati dagli operatori concorrenti di TIM, e in particolare da Fastweb, Open Fiber e Wind Tre, hanno superato di gran lunga quelli pianificati dall’incumbent.

Di contro, però, la spesa delle famiglie e delle imprese decresce del 2,9%, principalmente a causa della concorrenza nella rete mobile (-6,4%). La rete fissa invece regge con un +1%. In questo caso, l’AGCOM cita direttamente l’ingresso di Iliad:

“In linea con quanto mostrato per i ricavi, si osserva una crescita della spesa degli utenti per i servizi di rete fissa (+0,9%) e una riduzione (-6,4%) della spesa per i servizi di rete mobile, risultato quest’ultimo in parte determinato dall’entrata sul mercato di un nuovo operatore, Iliad, che ha generato, una ulteriore pressione concorrenziale sui prezzi retail e conseguentemente sui ricavi complessivi degli operatori di telefonia mobile”.

In basso, un grafico sulla spesa finale, in miliardi di euro, degli utenti consumer e business per la rete fissa e mobile.

Un interessante valore riportato riguarda i servizi dati: per la prima volta, l’Autorità ha rilevato un’interruzione nella crescita degli introiti derivanti da servizi dati, o, per la precisione, una vera e propria riduzione (seppur marginale) dei ricavi originati. A ciò si aggiunge il meno insolito calo dei ricavi dei servizi voce, che scendono a -9,8%. Entrambi i valori sono probabilmente da ricercare nelle offerte al ribasso degli operatori, che nel 2018 hanno sensibilmente aumentato i Giga offerti abbassando contestualmente i prezzi dei bundle. Nonostante ciò, però, gli introiti dei servizi dati superano comunque di circa 3,7 miliardi di euro quelli dei servizi voce.

Nel segmento fisso aumentano gli abbonati broadband di oltre mezzo milione, contestualmente agli accessi (cresciuti del 50%). Inoltre, i servizi di accesso in tecnologia FWA hanno mostrato una crescita dei ricavi superiore al 16%.

Anche i ricavi da servizi wholesale tornano a salire, del 2% circa, principalmente grazie all’operatore wholesale only Open Fiber e grazie alla rete TIM che ha mostrato un aumento di circa 117.000 accessi complessivi.

Sempre restando nel fisso, si notano importanti mutamenti nella composizione delle tecnologie utilizzate per la fornitura dei servizi di connettività su rete fissa.

Gli accessi in rame, che nel 2013 costituivano il 96% del totale, a fine 2018 costituiscono il 58%, mentre quelli in tecnologia FTTC ora superano il 31% e l’FWA è cresciuto di 4,1 punti percentuali, con una customer base di 1,2 milioni di linee. Anche la componente totalmente in fibra, dunque in tecnologia FTTH, è cresciuta raggiungendo il 4,2% del totale. In basso, un grafico dedicato.

I consumi unitari di traffico dati su rete fissa sono pari a circa 110 Giga al mese per ogni abbonato, a causa della crescente fruizione di contenuti di video online, che interessano particolarmente ai più giovani: il 94,4% delle famiglie in cui vi è almeno un soggetto minorenne dispongono infatti di una connessione a banda larga, mentre solo 31% delle famiglie composte da ultrasessantacinquenni ha un’offerta di rete fissa o mobile con traffico dati incluso.

Ancora, oltre metà della popolazione di età superiore ai sei anni si connette giornalmente a internet, mentre nella banda compresa tra i 15 e i 24 anni la percentuale sfiora la totalità. Ad ogni modo, anche le coorti composte da soggetti più anziani mostrano un sensibile aumento: nel 2018, infatti, il 39,3% delle persone con età compresa tra i 65 e i 74 anni ha utilizzato internet

Nel segmento mobile, il primo elemento che si evince è la già citata sostituzione del servizio di comunicazione vocale tradizionale con i metodi alternativi legati alle piattaforme online. Anche per questa ragione, si amplia il divario tra le SIM che utilizzato solo i servizi voce e quelle impiegate anche per l’accesso alla rete. Inoltre, il traffico medio mensile delle SIM che effettuano solamente traffico dati è cresciuto del 55,6% rispetto al 2017 e del 396% rispetto al 2013, come riporta il grafico in basso.

Analizzando adesso l’ARPU, si nota che i ricavi medi unitari per SIM e per utente sono scesi rispettivamente del 4,5% e del 6,4%, in particolare nella loro componente voce. Cresce invece la spesa per i terminali.

In basso, un doppio grafico con i ricavi medi per SIM e per utente in euro all’anno. Come è possibile notare, a guidare l’ARPU è il traffico dati, nonostante la recente flessione sopra citata.: secondo quanto riportato, infatti, i ricavi da servizi voce sono in media di 2,49 centesimi al minuto, i ricavi per gli SMS sono di 3,94 centesimi a messaggio e i ricavi per traffico dati sono di 1,87 euro per ogni Gigabyte.

Prima di analizzare le portabilità, l’AGCOM espone le quote di mercato degli operatori, che corrispondono a quelle dell’ultimo Osservatorio. TIM risulta in testa nel 2018, in crescita dell’1,4%, seguita da Vodafone e Wind Tre che perdono rispetto al 2017 rispettivamente lo 0,7% e il 2%. Al quarto posto Iliad con lo 0,8% di crescita.

Invece, òe quote di mercato degli operatori virtuali sono, nel complesso, pari a 568 milioni di euro. Rispetto al 2017 PosteMobile ha subito un calo del 3,5%, pur restando il virtuale con la maggior quota di mercato (il 39,2% del totale). E’ cresciuto invece Fastweb (+5%) e Coop Italia (+1,3%), mentre Tiscali ha mantenuto la sua posizione con una riduzione della quota di mercato dello 0,5% rispetto al 2017.

Passando alle portabilità, quello presentato è l’indice di movimentazione dinamica, che è dato dal rapporto tra la somma algebrica delle linee acquisite e di quelle dismesse (al numeratore) e la base clienti media al netto delle sim M2M (al denominatore).

Secondo questo indice, la movimentazione in entrata e in uscita è aumentata sensibilmente, raggiungendo in media il valore del 72,1% rispetto all’anno precedente: secondo i dati ottenuti, le portabilità sono infatti cresciute di 17 milioni rispetto al 2017. In basso, alcuni grafici sull’argomento.

Per finire, si cita un ultimo interessante trend rilevato dall’Autorità nell’analisi di quest’anno. Secondo i dati riportati, le SIM M2M (Machine to Machine) dal 2011 a fine 2018 sono più che quadruplicate, sfiorando circa 21 milioni di unità. Il trend risulta in accelerazione anno su anno e l’Autorità ritiene che attualmente circa l’80% delle SIM di questo tipo si concentri nella mobilità e nelle utility; a ricoprire un posto di rilievo, infatti sembra ancora essere il segmento delle auto connesse. E con l’avvento del 5G i valori potrebbero mutare sensibilmente.

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