AGCOM, Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, ha inflitto delle multe complessivamente per 2,76 milioni di euro agli operatori TIM, Wind Tre e Fastweb per questioni inerenti al diritto di recesso degli utenti, in particolare per quanto riguarda le modalità e i canali da cui è possibile richiederlo.
Lo ha reso noto l’Autorità con la pubblicazione sul suo sito web ufficiale delle delibere n. 193/19/CONS (TIM), 194/19/CONS (Wind Tre) e 195/19/CONS (Fastweb), avvenuta ieri, 24 Giugno 2019. Tutte le delibere sono datate 22 Maggio 2019.
La decisione dell’AGCOM di applicare queste sanzioni pecuniarie scaturisce, in tutti i casi, dall’inottemperanza alle diffide impartite lo scorso anno con le delibere 37/18/CONS (TIM), 40/18/CONS (Wind Tre) e 38/18/CONS (Fastweb), che riguardavano in particolare le modalità informative sul diritto di recesso in seguito al ritorno della fatturazione mensile.
In tutti i casi, i fattori comuni che hanno portato all’apertura del procedimento da parte di AGCOM risultano essere principalmente le modalità con cui sono stati informati i clienti del passaggio alla fatturazione mensile, i canali disponibili per effettuare la richiesta di recesso e l’aver continuato a richiedere, anche dopo il recesso, i costi relativi al modem incluso con le offerte di rete fissa.
Per quanto riguarda TIM, in particolare, è stato contestato l’illegittimo addebito delle rate residue del modem in vendita abbinata con la rete fissa in seguito a modifica unilaterale del contratto, mentre l’operatore, come sostenuto anche nelle sue deduzioni, ritiene che i modem acquistati in vendita abbinata debbano considerarsi un normale contratto d’acquisto, e dunque bisognerebbe comunque continuare a pagarli.
Sebbene l’operatore sostenga anche che il cliente poteva “scegliere liberamente” di acquistare in un’unica soluzione o in 48 rate il modem in vendita abbinata, AGCOM sottolinea invece come nel 2018 l’apparato era incluso obbligatoriamente e non era inoltre possibile utilizzare liberamente la propria linea con modem diversi da quello fornito dall’operatore, visto che prima del regolamento sul modem libero non venivano fornite tutte le configurazioni necessarie.
Inoltre, in caso di passaggio ad altro operatore, il modem di proprietà dell’operatore non sarebbe stato utilizzabile su altre linee, e anche gli altri principali operatori di rete fissa obbligavano all’acquisto e all’utilizzo del proprio modem.
In più, già nella diffida contenuta nella delibera 37/18/CONS, l’AGCOM aveva stabilito che “qualora nell’offerta sottoscritta dagli utenti siano previsti canoni legati alla fornitura di un modem o decoder da parte dell’operatore per la fruizione dei servizi erogati, in caso di recesso per modifica unilaterale del contratto non possano continuare a vincolare l’utente“.
Sulla possibilità di usare i modem acquistati obbligatoriamente con TIM con altri operatori, AGCOM sottolinea come l’operatore ha provveduto, a partire dal 28 Febbraio 2019, ad avviare le attività di sblocco dei modem per l’utilizzo con tutti gli altri operatori.
Altra contestazione riguarda la possibilità di richiedere il recesso solo nei negozi diretti TIM e non in tutti, mentre la normativa richiede che si possa effettuare il recesso negli stessi canali e con la stessa facilità con cui si può effettuare l’attivazione di un servizio, quindi anche nei negozi non diretti TIM (cosiddetti negozi sociali e monobrand – Centri TIM).
In questo caso l’Autorità riconosce che TIM ha manifestato l’intenzione di ampliare a molti altri punti vendita la possibilità della richiesta di recesso, ma solo in caso di modifica unilaterale del contratto.
Per tutti questi motivi, AGCOM ha comminato una multa pari 1.200.000 euro a TIM per non aver rispettato gli obblighi sul diritto di recesso.
Situazione analoga ha coinvolto Wind Tre, che allo stesso modo di TIM prevedeva il pagamento delle rate residue del modem in seguito a modifica unilaterale di contratto e non ha permesso la richiesta di recesso da tutti i punti vendita, ma solo nei “negozi di proprietà”.
Per quanto riguarda il modem, nonostante anche Wind Tre considera la vendita di un modem a rate abbinato ad un’offerta di rete fissa come un regolare contratto di vendita, a differenza di TIM, in seguito alla diffida Wind Tre ha deciso, “in via del tutto eccezionale”, di stornare gli importi residui del modem degli utenti impattati in particolare dalla modifica unilaterale riguardante il ripristino della fatturazione mensile.
AGCOM sottolinea comunque che questo provvedimento dell’operatore è stato preso solo in seguito alla diffida, e dunque ha in qualche modo frenato il diritto di recesso degli utenti poiché avrebbero dovuto continuare a pagare gli importi dovuti. Sebbene rimangono le contestazioni fatte anche a TIM, Wind Tre precisa che i suoi modem erano comunque utilizzabili con altri operatori previa opportuna configurazione.
Per quanto riguarda il recesso tramite tutti i suoi negozi, Wind Tre ritiene che la sua procedura per la richiesta di recesso valida solo nei “negozi di proprietà” sia corretta e che imporre l’obbligo a tutti i suoi Dealers di accettare le richieste di recesso non sarebbe “materialmente e giuridicamente possibile”.
In realtà, anche in questo caso, AGCOM ricorda che la normativa vigente vuole che così come nei punti vendita si possa richiedere l’attivazione di un contratto, con la stessa facilità deve essere possibile richiedere il recesso.
Per i suddetti motivi, l’Autorità ha comminato una multa di importo pari a 1.200.000 euro a Wind Tre.
Più “morbida” invece la situazione di Fastweb, che non viene coinvolta dalle questioni relative alle rate residue dei modem, ma a cui viene invece contestata la possibilità di effettuare il recesso solo in alcuni punti vendita (Flagship store) e non in tutti.
A questo proposito, l’operatore ritiene che la normativa non obblighi in alcun modo ad estendere questa possibilità a tutti i punti vendita, specie i multibrand, dato che questi vendono servizi di altri operatori, creando una situazione “irragionevole e idonea a provocare effetti distorsivi della concorrenza”.
Nonostante ciò, Fastweb ha comunque ritenuto opportuno estendere il diritto di recesso almeno in tutti i negozi monobrand e in franchising.
Nonostante AGCOM ritenga che invece la normativa comprende tutti i punti vendita, e che quindi Fastweb è sanzionabile, dato che l’operatore ha comunque provveduto ad estendere ad un numero maggiore di punti vendita la possibilità del diritto di recesso, ha valutato come “lieve” l’entità della violazione.
Anche per questo motivo, la sanzione pecuniaria inflitta da AGCOM a Fastweb è pari a 360.000 euro.
Gli operatori hanno tempo 60 giorni dalla notifica dell’atto per ricorre al TAR del Lazio contro le multe inflitte dall’Autorità.
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