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Vodafone: parzialmente accolto un ricorso sulla ripartizione del costo netto del servizio universale

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Il TAR si è pronunciato nella giornata di ieri, 17 Giugno 2019, su un vecchio ricorso di Vodafone contro l’AGCOM  per l’annullamento della delibera 153/11/CIR del 2011 con cui si applicava il meccanismo di ripartizione e valutazione del costo netto per il Servizio Universale di rete fissa relativamente all’anno 2004.

L’allora Vodafone Omnitel NV chiedeva l’annullamento per diverse ragioni, come l’intervenuta prescrizione dell’obbligazione del contributo per il 2004, la violazione di legge e l’eccesso di potere per difetto di istruttoria in merito ai mancati controlli di AGCOM sulla qualità del Servizio Universale erogato.

Il TAR ha reputato il ricorso fondato solo in alcuni limiti. Nello specifico, il primo motivo esposto, vale a dire quello della prescrizione, è stato ritenuto infondato e dunque respinto. Si è ritenuto, infatti, che l’estinzione dell’obbligazione per prescrizione quinquennale sia impossibile da ravvisare in quanto le somme dovute per ripartizione del costo netto del Servizio Universale non costituiscono obbligazione periodica da pagarsi anno per anno, come invece aveva inteso l’operatore.

Il carattere di periodicità dell’obbligazione non si ravvisa in quanto la stessa sorge solo qualora l’Autorità ritenga che la fornitura del servizio universale possa comportare un onere ingiustificato per le imprese designate a fornire tale servizio.

Ad essere stati accolti, però, sono il terzo e il quarto motivo di doglianza di Vodafone, che consistevano nell’eccesso di potere per difetto di istruttoria.

Infatti, ricorda il TAR, in sede di iniquità dell’onere e di applicabilità del meccanismo di contribuzione, occorre che AGCOM fornisca una conveniente giustificazione che colleghi i dati ivi esposti, relativi alla crescita della telefonia mobile e alla diminuzione di quella fissa, con la conclusione che il gestore di rete mobile sia tenuto a partecipare al costo netto del servizio universale, ritenendo il Collegio che il solo andamento dei rispettivi volumi della telefonia fissa e mobile in Italia, sia in termini di linee attive che di spesa, non basti a giustificare l’esistenza di una pretesa sostituibilità tra tali servizi di comunicazione vocale”.

Nel caso specifico, a mancare era dunque una giustificazione per la necessità di partecipare al costo netto del servizio universale. L’AGCOM avrebbe inoltre valutato la concorrenzialità nel mercato, afferma il TAR, alla luce delle sole variazioni dei volumi della telefonia fissa e mobile.

Non è presente, nei paragrafi successivi della delibera impugnata (dal 39 al 52 nello specifico) nemmeno l’indicazione di un criterio scientifico e oggettivo che possa valutare il grado di sostituibilità tra telefonia fissa e mobile.

Su quese basi, per il TAR “non vi è dubbio che il mancato utilizzo univoco di una metodologia scientifica appropriata consente di riscontrare i vizi istruttori e motivazionali denunziati”.

Per questa ragione, ed entro questi limiti, il ricorso di Vodafone del 2012 è stato parzialmente accolto. Nello specifico, l’accoglimento del ricorso porta all’annullamento della delibera n. 153/11/CIR nella parte in cui si impone a Vodafone, per l’annualità considerata, la partecipazione al costo netto del servizio universale. Si specifica, però, che l’AGCOM potrà eventualmente decidere di rideterminare la sua delibera, conformandosi però alla pronuncia del TAR.

Per finire, è stato stabilito che le spese della lite saranno compensate integralmente tra le parti.

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