Telefonia: dopo la rete unica il futuro di Wind Tre richiede la nascita di un brand unico?

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Nato nel 2016 dalla fusione di H3G S.p.A. e Wind Telecomunicazioni S.p.A., l’operatore congiunto Wind Tre è oggi uno dei più rilevanti player del settore delle telecomunicazioni in Italia. Fino ad ora l’azienda ha sempre mantenuto i suoi due brand ben distinti per il mercato consumer. Ma nel prossimo futuro la situazione potrebbe cambiare?

Con la fusione del 31 Dicembre del 2016, il mercato italiano ha dato il benvenuto al più grande player del settore. Ma la joint venture tra Wind e Tre ha anche aperto le porte allo sbarco di Iliad in Italia: nel Settembre del 2016 Wind Tre e Iliad hanno infatti concluso un accordo per la cessione di alcuni assets, approvato dalla Commissione Europea.

Un anno e mezzo dopo, il 29 Maggio 2018, Iliad ha fatto ufficialmente il suo ingresso in Italia con un’offerta lancio che coniugava un bundle particolarmente generoso a un prezzo molto aggressivo. Gli operatori hanno immediatamente risposto con offerte operator attack altrettanto competitive, contribuendo di fatto ad abbassare l’ARPU dell’intero segmento mobile.

Nello specifico, TIM e Vodafone sono riusciti a imporre i loro secondi brand “semivirtuali”, Kena Mobile e ho. mobile, che hanno permesso di limitare i danni dopo l’inatteso terremoto di portabilità. Per Wind Tre, invece, la situazione è risultata sin dal principio più complessa.

Se la perdita in termini di ARPU non è stata più grave di quella degli altri concorrenti, per quanto concerne invece le portabilità l’operatore è stato indubbiamente il più colpito. Come descritto in un approfondimento dedicato di MondoMobileWeb, analizzando la distribuzione in percentuale delle linee in ingresso e in uscita per tutto il 2018, si nota che l’operatore ha registrato, nell’ultimo Osservatorio, un saldo negativo pari a 1.718.000 unità, contro le 651.000 unità di Vodafone e le 90.000 unità di TIM. Nel complesso, in un anno, le linee in ingresso sono crollate di dieci punti percentuali, passando dal 32,6% del totale (contando Wind Tre, TIM, Vodafone, Iliad e MVNO) al 22,6%.

Si specifica però che il declino in termini di base clienti era iniziato già prima dell’arrivo di Iliad in Italia: nel Dicembre del 2017, le SIM complessive di Wind Tre mostravano una variazione percentuale negativa pari al -1,9%, mentre tutti gli altri operatori (virtuali compresi) erano in lieve crescita. Situazione identica nel primo trimestre del 2018. Wind Tre, partito con una quota di mercato del 33% circa dopo la fusione (in termini di SIM complessive), è sceso al 31,2% prima dell’ingresso di Iliad.

Jeffrey Hedberg, CEO di Wind Tre

Oggi l’effetto Iliad può considerarsi superato? È questa la domanda che molti lettori si pongono negli ultimi tempi, soprattutto considerando le recenti rimodulazioni e l’incremento degli ARPU, generato anche da una riduzione delle portabilità totali.

Qualora il terremoto fosse davvero terminato, gli operatori potrebbero adesso riorganizzare il proprio business, puntando a cavalcare la nuova ondata di “razionalità” del mercato, come la definirebbe l’Amministratore Delegato di TIM, Luigi Gubitosi.

Per Wind Tre, la riorganizzazione passa per gli investimenti nella rete. Come noto, nel Settembre del 2018 la holding cinese CK Hutchison ha rilevato la quota di Veon, diventando proprietaria al 100% dell’operatore italiano e promettendo un maggiore impegno nel processo di consolidamento dei due brand. Lo scopo dell’operatore, già comunicato alle organizzazioni sindacali, è quello di “adottare l’ottica del cliente” per modellare la sua attività, con lo scopo di migliorare costantemente i servizi offerti.

L’azienda punterà su dei nuovi processi automatizzati, con lo scopo di ridurre i costi e le tempistiche. Nel complesso, si prevede un investimento di circa 1 miliardo di euro (dunque almeno pari a quello del 2018) per lo sviluppo della rete, con l’intenzione di realizzare circa 1500 nuovi siti. Tale sforzo, però, andrà controbilanciato da una forte riduzione del debito.

In primo luogo, Wind Tre starebbe meditando la vendita o societarizzazione di un ramo d’azienda, con maggioranza e controllo operativo: si tratta del cosiddetto Progetto PISA, ancora non confermato. Secondariamente, con l’idea di integrare maggiormente i processi tra i due brand, l’operatore starebbe valutando la possibilità di ridurre la duplicazione di figure di responsabilità, avvicinandole ai vertici aziendali.

Inoltre, già da mesi diverse indiscrezioni di stampa fanno riferimento a una possibile vendita di parte delle torri dell’azienda. Se ciò accadesse, Cellnex potrebbe essere interessata all’operazione.

Tanti dubbi e indiscrezioni, dunque, a fronte di poche certezze. È chiaro però che a distanza di oltre due anni il processo di integrazione di Wind e 3 non è ancora terminato e i sindacati ritengono che tale ritardo possa pregiudicare anche lo sviluppo del 5G, nonostante l’azienda si sia aggiudicata delle frequenze preziose nel corso dell’asta italiana.

Anche per quanto concerne l’unificazione delle due reti, l’operatore ha dovuto affrontare diverse difficoltà, spesso non imputabili alla gestione del management. Si ricorda, infatti, che il partner strategico ZTE, impiegato nella realizzazione della rete unica e nel miglioramento infrastrutturale, ha dovuto interrompere i lavori in seguito al ban da parte del Dipartimento del Commerio degli Stati Uniti.

Solo dopo la revoca del ban, nel Luglio del 2018, Wind Tre e ZTE hanno annunciato il proseguimento della partnership per la modernizzazione della rete. Tuttavia, durante l’assenza del colosso cinese, l’azienda aveva firmato degli accordi anche con Ericsson. Così, nella scorsa estate, Wind Tre si è ritrovata a modernizzare la sua rete con due partner in campo.

Gli sforzi profusi starebbero iniziando a dare i loro primi frutti: attualmente, sono 36 le province coperte dalla rete unica di Wind Tre, definita Super Rete 4.5G. In tali aree in cui i lavori sono stati ufficialmente dichiarati conclusi, l’operatore promette di raggiungere una velocità di navigazione fino a 1 Gigabit al secondo.

Le attuali province in cui è possibile navigare in 4.5G sono: Siracusa, Ragusa, Agrigento, Caltanissetta, Enna, Catanzaro, Vibo Valentia, Crotone, Cosenza, Carbonia Iglesias, Caserta, Brindisi, Bari, Barletta Andria Trani, Terni, Teramo, Ascoli Piceno, Fermo, Macerata, Rimini, Pisa, Prato, Bologna, Modena, Padova, Trieste, Venezia, Monza e Della Brianza, Milano, Verbano Cusio Ossola, Varese, Novara, Biella, Vercelli, Asti ed Alessandria.

Alla luce di quanto espresso, si potrebbe argomentare che probabilmente Wind Tre sarà costretto ad affrontare sfide più urgenti e complesse di quelle della concorrenza, con lo scopo di mantenere (e possibilmente rafforzare) la sua posizione di rilievo in vista dell’arrivo del 5G. Nonostante tutto, infatti, Wind Tre resta ancora l’operatore con il maggior numero di SIM Human, pari al 32,8% del totale, sebbene in calo del 2,5% rispetto a due anni fa (fonti AGCOM).

In tal senso, guardando alla nuova strategia a più riprese annunciata, non andrebbe esclusa la possibilità che Wind Tre stia riflettendo sulla creazione di un brand unico.

Ad oggi, l’azienda ha infatti continuato a mantenere due brand separati, ma guardando alle offerte, ai prezzi e ai servizi forniti, Wind e Tre sono due brand perfettamente paragonabili.

Nella primavera del 2017, l’allora CEO di Wind Tre, Maximo Ibarra, aveva sottolineato la scelta di continuare a operare nel mercato con due brand separati. Secondo la distinzione effettuata dall’Amministratore Delegato, Wind sarebbe stato orientato alle famiglie e alla convergenza fisso-mobile, mentre Tre era il brand dedicato ai millennials e alla digital innovation. Si ricorda invece che per le aziende, invece, Wind Tre a partire dalla fusione ha operato con un solo marchio, chiamato Wind Tre Business.

La distinzione di Maximo Ibarra era e resta valida, ma adesso Wind Tre è controllato al 100% da CK Hutchison, ovvero da H3G. Non è dunque da escludere uno scenario in cui, terminata l’unificazione della rete, l’azienda decida di creare un nuovo brand, o proseguire la sua attività con uno solo dei due, inglobando l’altro. Guardando esclusivamente alla compagine sociale, in uno scenario così ipotizzato, Tre dovrebbe sopravvivere a Wind.

In alternativa, Wind Tre potrebbe seguire il modello di TIM e Vodafone per affidare a uno dei due brand il compito di agire come operatore “di sbarramento”, posizionato su un segmento di prezzo più basso e tale da scongiurare il rischio di cannibalizzazione.

Si evidenzia che quanto fin qui ipotizzato costituisce solamente una riflessione che parte da poche certezze per arrampicarsi su delle prospettive future ancora tutte da scoprire. Il futuro del mercato delle telecomunicazioni dipenderà, tra le altre cose, dalla rivoluzione del 5G, dall’andamento dei prezzi e dall’eventuale ingresso di nuovi attori.

Editoriale

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