Il Consiglio di Stato ha rigettato l’appello del Sindaco di Pratola Serra, in provincia di Avellino, per un caso del 2016 legato all’installazione di un’antenna Vodafone. Il Comune in questione aveva revocato un permesso all’operatore per la realizzazione di un impianto, citando gli elevati rischi per la salute della collettività e l’esigenza di intervenire tempestivamente con una sospensione dei lavori. Evidentemente, il TAR e il Consiglio di Stato non sono dello stesso avviso.
L’intricata vicenda ha inizio il 17 Febbraio 2016, quando Vodafone e Hightel Towers richiedevano al comune di Pratola Serra il rilascio di un’autorizzazione per realizzare una stazione radio base condivisa che, nel caso specifico dell’operatore rosso, avrebbe diffuso i servizi di telefonia cellulare. Tale impianto, per via della duplice richiesta, veniva configurato come Multigestore.
A distanza di meno di un mese, il 10 Marzo 2016, venne richiesto a Vodafone e alla seconda società di integrare la documentazione già prodotta, ma la richiesta non fu riscontrata.
Così, Vodafone comunicò l’inizio dei suoi lavori, credendo di aver acquisito il titolo abilitativo per silentium, come descritto dall’articolo 87, comma 9, del Decreto legislativo 259/2003. Ma pochi giorni dopo, il Comune di Pratola Serra comunicò a entrambe le società l’annullamento del titolo assentito per silentium ipotizzando una serie di violazioni della normativa vigente e sottolineando come la stazione radio base fosse in contrasto con il regolamento comunale in quanto alta circa 28 metri.
Da quanto si evince leggendo la sentenza, nel piccolo paese di Pratola Serra (che conta meno di 4000 abitanti) stava nel frattempo emergendo un sentimento di apprensione nei confronti della questione: oltre trecento cittadini inviarono un esposto per evidenziare i possibili rischi gravi per la salute della collettività anche a causa di quella stazione radio base in via Conserva Colecchie.
Fu forse per questa ragione che il Sindaco di Pratola Serra decise di disporre la sospensione di tutti i procedimenti e di tutte le attività relative alla realizzazione di impianti di comunicazioni elettroniche nel comune. Secondo il primo cittadino del comune dell’avellinese, l’operatività degli impianti avrebbero potuto determinare dei problemi di carattere sanitario che spetta di norma al sindaco affrontare.
Così, ad Aprile del 2017 il Comune ingiunse alle società l’immediata sospensione dei lavori. Vodafone, però, non ci stava: secondo l’operatore, venivano a mancare tutti i presupposti che dimostrassero un serio pericolo per l’incolumità dei cittadini. Le deduzioni di Vodafone, articolate in diversi punti, sono state sufficienti a convincere il TAR, che ha accolto il ricorso.
Tuttavia, il Comune di Pratola Serra non si è arreso e ha fatto ricorso al Consiglio di Stato per riscontrare i presunti errori di cui la sentenza del TAR sarebbe viziata. Anche questa volta, però, l’esito è negativo.
Secondo il Comune, la sentenza non aveva colto la competenza d’urgenza del Sindaco in tema di salute collettiva, il quale aveva adottato la misura sospensiva per esigenze d’ordine pubblico. Secondo il Consiglio di Stato, il Comune avrebbe perseverato nell’enfatizzare i rischi per la cittadinanza, che non risulterebbero però legati alla singola stazione radio base in questione. Per l’Amministrazione di Pratola Serra, l’installazione di nuovi impianti avrebbe generato “laceranti tensioni sociali nella popolazione”, oltre a “forte preoccupazione per l’ordine pubblico, la pubblica incolumità e la sicurezza della comunità intera”.
Il Comune, dunque, ha basato il suo ricorso (come anche la sua difesa al TAR) sul rischio sanitario legato all’installazione di un nuovo impianto. Ma è proprio su questo aspetto che si poggia la sentenza del Consiglio di Stato che conferma la violazione messa in atto dal Sindaco. Infatti, è stato riscontrato che l’ARPA Campania aveva espresso un parere favorevole sull’impianto, che non venne mai revocato. Era il Comune di Pratola Serra a non avere gli strumenti per un’analisi tecnico-scientifica volta a conoscere i vari livelli d’inquinamento. Nonostante ciò, il Sindaco avrebbe preferito assumere misure impeditive senza chiedere un secondo intervento dell’ARPA competente per valutare il livello di rischio.
In altri termini, è stato accertato definitivamente che Pratola Serra non ha mai avuto modo di calcolare se un pericolo sanitario effettivamente vi fosse e, in caso di risposta affermativa, quale potesse essere il rischio di danni alla salute della collettività. Dunque, in assenza di situazioni di pericolo effettivo supportate da adeguate istruttorie, il potere di ordinanza sindacale urgente non troverebbe applicazione.
Per tutte queste ragioni, l’appello del Comune è stato respinto e le Amministrazioni sono state condannate a pagare, in solido, 6000 euro a Vodafone Italia, oltre ad IVA ed eventuali spese accessorie.
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