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TAR conferma il controllo di fatto che Vivendi esercitava in TIM. La comunicazione Consob era corretta

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Il TAR ha pronunciato la sua sentenza sul ricorso di Vivendi contro la Consob per la comunicazione esercitata sulla partecipazione di controllo “di fatto” del Gruppo francese in TIM. L’esito dell’esame vede il rigetto totale del ricorso di Vivendi: la comunicazione di Consob è stata legittima.

Vivendi aveva richiesto al TAR l’annullamento della comunicazione e del conseguente provvedimento del 13 Settembre 2017, in cui la Commissione nazionale per le società e la Borsa aveva provato il controllo di fatto di Vivendi su TIM, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile e dell’articolo 93 del TUF.

In quanto socio di maggioranza che adottava costantemente comportamenti tipici di un soggetto controllante, Vivendi avrebbe dovuto inviare la notifica del controllo esercitato su TIM.

Il dubbio controllo di Vivendi veniva provato, secondo la Consob, dall’adozione di alcune iniziative di massima rilevanza, come la risoluzione del contratto di Flavio Cattaneo, la proposta di nomina di Amos Genish e il mancato coinvolgimento del CdA nella cessione delle quote di TIM in Persidera.

Tali azioni, nel configurare quantomeno un controllo di fatto, avrebbero dovuto esporre il Gruppo francese all’esercizio dei poteri speciali che la legge conferisce allo Stato per la tutela dei settori strategici dell’economia, che coinvolgono anche quello delle telecomunicazioni.

Secondo Vivendi, però, la Consob avrebbe violato il principio generale della tipicità dei poteri e degli atti amministrativi e le norme che disciplinano la partecipazione al procedimento amministrativo.

Più in generale, Vivendi ritiene che le evidenze presentate dalla Consob, prima tra tutte la maggioranza dei Consiglieri conseguita dalla società nell’assemblea TIM del 4 Maggio 2017, sarebbero insufficienti rispetto al paradigma normativo di riferimento. Inoltre, secondo Vivendi non è rinvenibile nell’ordinamento attuale alcuna norma che conferisca alla Commissione il potere di accertare unilateralmente la sussistenza di una fattispecie di controllo civilistico nei rapporti intercorrenti tra i soci.

Il TAR ha tuttavia ritenuto infondato il ricorso di Vivendi, respingendolo integralmente. Per il Tribunale Amministrativo, infatti, la tesi di Vivendi si poggia su un assunto errato, poiché vengono fatti coincidere i requisiti del controllo di fatto con la mera disponibilità di voti sufficienti per prevalere in assemblea.

il Gruppo francese non avrebbe considerato che a pesare particolarmente sulla legittima valutazione della Consob non sia stato solamente l’esito dell’assemblea di rinnovo del CdA, ma l’intera serie di circostanze che portò in tempo rapido Vivendi ad esercitare una posizione di dominio di fatto, nonostante fosse priva di una forza di voto tale da prevalere “in modo autonomo” in assemblea.

Vivendi, sostiene il TAR, avrebbe avuto la ragionevole certezza di riuscire a nominare la maggioranza degli amministratori e dunque gestire l’attività di TIM per tre anni per via di alcune circostanze particolarmente fortunate, come la rilevante frammentazione dell’azionariato, la presenza di un flottante superiore al 50% del capitale e la prassi degli investitori istituzionali di presentare delle liste corte di minoranza.

Per tutte queste ragioni, la nozione di “influenza dominante” utilizzata dalla Consob nella sua comunicazione risulta “logicamente condivisibile e adeguatamente supportata dall’analisi della prassi degli investitori registratasi nelle società quotate ad alta capitalizzazione”.

In altri termini, il TAR ha rigettato definitivamente la definizione di Vivendi secondo cui la partecipazione dominante sia esclusivamente quella caratterizzata da un’influenza tale da garantire sempre e comunque un successo in assemblea senza l’appoggio di azionisti terzi. Al contrario, la condizione di fatto raggiunta nel tempo da Vivendi permetteva appunto di soddisfare tali requisiti di “signoria assoluta” dell’assemblea anche senza una partecipazione azionaria di prevalenza, e dunque si configurava come una situazione di controllo.

Tenendo conto della novità delle questioni sollevate, il Tribunale Amministrativo ha però deciso di compensare integralmente le spese di lite tra le due parti in causa.

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