Reti 5G

Summit tra Cina e UE: la tutela della sicurezza delle reti 5G non è un attacco diretto a Huawei

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Si è tenuto a Bruxelles il Summit tra la Cina e l’Unione  Europea, per discutere delle partnership strategiche e degli accordi multilaterali tra i diversi Paesi. Un tema di estrema rilevanza, come atteso, è stato quello delle tecnologie cinesi per il 5G.

Nel corso del Summit, infatti, Jean-Claude Juncker, Presidente della Commissione Europea, ha sottolineato la necessità di applicare delle leggi internazionali di cyber security e a tutela della proprietà intellettuale. Anche nel corso dell’incontro di oggi, 9 Aprile 2019, si è riconosciuto l’elevato valore strategico delle reti 5G per i futuri sviluppi economici e sociali dei Paesi appartenenti all’Unione.

Si è ricordata la raccomandazione già fatta in data 26 Marzo 2019, quando la Commissione Europea ha suggerito ai singoli Stati membri delle iniziative e delle misure da seguire per assicurare un elevato livello di cibersicurezza delle reti.

A livello nazionale, entro Giugno 2019, i Paesi membri dovrebbero completare la valutazione dei rischi delle infrastrutture di rete 5G, aggiornando i requisiti di sicurezza vigenti ed escludendo, dove necessario e solo per ragioni di sicurezza nazionale, le imprese che non rispettano il quadro giuridico del singolo Paese.

A livello comunitario, invece, gli Stati dovrebbero avviare degli scambi di informazioni completando una sorta di valutazione dei rischi coordinata entro Ottobre del 2019. Sulla base di quanto raccolto, si potrà approcciare una strategia per attenuare eventuali rischi per mezzo di obblighi di certificazione, test, controlli e identificazione dei fornitori meno sicuri.

Nonostante ciò, Juncker ha reso noto che l’Unione Europea non sta designando alcun fornitore o venditore specifico proveniente dalla Cina. Lo scopo delle recenti interazioni tra i Paesi membri è quello di far sì che l’innovazione alla base delle reti di quinta generazione possa procedere di pari passo con la sicurezza nazionale e della collettività.

Come ha affermato anche il Primo Ministro cinese, Li Keqiang, non si è dunque fatto in alcun modo riferimento diretto ai rapporti tra l’Unione Europea e Huawei; attualmente, ha aggiunto il Primo Ministro, occorre mantenere nei confronti della Cina una presunzione d’innocenza, così da gestire le relazioni multilaterali con la massima equità.

Il nuovo approccio europeo sulla sicurezza, che prevede alcune misure di attenuazione dei rischi da attivare entro la fine dell’anno, non attaccherebbe dunque direttamente la Cina e il suo massimo pilastro nel settore delle telecomunicazioni, ma mira a istituire delle regole universali.

Ma la stretta di Washington su Huawei sembra non allentarsi: secondo il South China Morning Post, le nuove iniziative europee per l’aggiornamento delle regole a tutela della cybersecurity sarebbero il risultato della pressione esercitata dagli Stati Uniti.

Per il momento, però, è necessario ricordare che nessun Paese europeo si è apertamente schierato contro Huawei. È tuttavia indubbio che l’influenza statunitense sulle principali economie possa limitare l’autonomia decisionale: la Germania ha per certi versi accolto il suggerimento della Casa Bianca, fissando degli standard di sicurezza molto elevati, che sono stati considerati dagli USA come l’approccio perfetto contro i rischi legati alle nuove infrastrutture.

La situazione italiana, non solo sul fronte della sicurezza, sembrerebbe invece meno solida: inCities Consulting ha stilato un rapporto denominato Europe 5G Readiness Index, che analizza i Paesi più preparati per l’arrivo della rete di quinta generazione sulla base di diversi fattori, tra cui gli investimenti, le regolamentazioni, la domanda e il livello di competizione nel mercato.

Un grafico di InCities Consulting che mostra l’italia (blu) in relazione alla media dei paesi europei

Finlandia, Svezia, Svizzera e Danimarca occupano le prime quattro posizioni. La Germania e la Francia sono rispettivamente all’ottavo posto e all’undicesimo posto. Bisogna scendere alla ventunesima posizione per trovare l’Italia, che in termini di regolamentazione raggiunge valori ben più bassi della media.

Un recente passo in avanti è pero rappresentato dal nuovo decreto 22, che ha esteso lo strumento del Golden Power anche alla nuova tecnologia 5G, proprio per ragioni di sicurezza nazionale.

Con il termine Golden Power si intende l’insieme di strumenti volto a salvaguardare le imprese operanti in ambiti strategici dai rischi per la sicurezza nazionale. L’estensione ha fatto sì che costituiscano attività di rilevanza strategica anche i servizi di comunicazione elettronica a banda larga basati sulla tecnologia 5G. Così facendo, il governo potrà valutare la pericolosità di determinati contratti stipulati dai principali attori dell’industria delle telecomunicazione, esercitando il suo potere di veto sulla base di criteri oggettivi e non discriminatori.

Anche in questo caso, però, non si è mai fatto alcun riferimento esplicito a Huawei. Dal canto suo, per preservare i rapporti con l’Unione, l’azienda cinese, che resta ancora un partner chiave per l’Italia e per l’Europa, ha recentemente aperto un centro di sicurezza per collaborare con i Governi europei. Il centro di Cyber Security di Bruxelles permetterà all’azienda di coinvolgere le istituzioni europee e gli altri player del settore, così da bilanciare lo sviluppo tecnologico con la richiesta di una maggiore sicurezza.

Un piccolo passo nella giusta direzione da parte di un gigante che sembra ormai conscio di rivestire un ruolo chiave per lo sviluppo futuro dell’Unione Europea: perché come ha recentemente affermato il suo fondatore, il mondo non può abbandonare Huawei.

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Pubblicato da
Alberto Ferrante

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