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Vodafone: multa AGCOM di 87.000 euro per mancanza di chiarezza informativa

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L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, AGCOM, ha emesso un’ordinanza di ingiunzione nei confronti di Vodafone Italia S.p.a. che, sulla base di diverse contestazioni da parte di utenti fissi e mobili, non avrebbe fornito in fase di sottoscrizione tutte le informazioni contrattuali necessarie, e in seguito avrebbe poi fatturato dei costi diversi da quelli attesi dagli utenti.

Lo ha reso noto AGCOM con la pubblicazione in data odierna (27 Marzo 2019) sul sito ufficiale dell’Autorità della delibera n. 40/19/CONS, datata 7 Febbraio 2019.

La sanzione inflitta dall’AGCOM a Vodafone ammonta a 87.000 euro, poiché l’operatore avrebbe violato le disposizioni previste dall’articolo 70 del D.lgs. 1° agosto 2003, n. 259 in combinato disposto con l’articolo 3, allegato A) della delibera n. 519/15/CONS. L’ordinanza dell’Autorità si basa su diverse contestazioni di utenti, sia di rete fissa che mobile, e sono riferite al periodo che va dal mese di Novembre 2017 ad Aprile 2018.

In tutti i casi all’operatore viene contestata la mancanza di trasparenza su alcune informazioni contrattuali in fase di attivazione, come la comunicazione carente del costo di attivazione dell’offerta o del versamento del deposito cauzionale, oppure attivazione di offerte con condizioni contrattuali difformi da quelle previste. Inoltre viene citato anche un caso di informazioni non veritiere rilasciate da un call center partner dell’operatore.

Uno delle contestazioni riguarda il caso di un utente che avrebbe ricevuto un SMS per attivare l’offerta di rete mobile denominata Special 1000. In questo caso, l’utente lamenta la mancata comunicazione, sia nel messaggio ricevuto che in fase di attivazione in negozio, dell’addebito del costo di attivazione pari a 9,49 euro.

Vodafone si è difesa affermando che la mancanza della comunicazione del costo di attivazione all’interno dell’SMS è dovuta al fatto che questo rappresenta un “primo punto di contatto del cliente”, il quale viene invitato a recarsi presso un punto vendita dove verrebbe poi informato, sia prima che durante la sottoscrizione del contratto (così come sarebbe successo all’utente in questione, secondo la difesa dell’operatore, della presenza del costo di attivazione).

In realtà, come rilevato dall’Autorità, è emerso che oltre alla mancanza di informazioni nel messaggio, il costo di attivazione non era menzionato neanche nei documenti firmati dall’utente ad Ottobre 2018, mentre è stato inoltre accertato che nella dealer station del negoziante Vodafone i costi dell’offerta selezionata erano diversi da quella prospettata tramite SMS.

Vodafone, dal canto suo, ha comunque proceduto a stornare l’importo contestato come operazione di caring nei confronti del cliente.

Un altro caso riguarda un utente che proceduto ad attivare l’offerta convergente fisso-mobile denominata Vodafone One, che secondo quanto si aspettava l’utente dopo aver preso visione del sito dell’operatore, non prevedeva costi di attivazione. In realtà, come contestato dal cliente, sono stati poi addebitati 29 euro di costi di attivazione, di cui 19 euro per la rete fissa e 10 euro per l’utenza mobile.

Vodafone si è difesa affermando che, data la presa visione del sito dell’operatore, l’utente avrebbe dovuto essere a conoscenza del costo, ma che in ogni caso avrebbe potuto chiedere maggiori informazioni tramite i canali di assistenza (call center, messaggistica istantanea con consulente e assistente digitale TOBi) o consultare le brochure delle offerte presenti nei punti vendita Vodafone (dove l’offerta in questione è stata attivata).

L’Autorità ha però rilevato che, nel periodo in cui l’utente ha attivato l’offerta (Ottobre 2017), il sito web non riportava, né in evidenza né nei dettagli, la presenza del costo di attivazione. Inoltre, le brochure dell’epoca riportavano, scritto in minuscolo, il costo di attivazione della rete mobile, mentre quello della rete fissa era riportato solo nella sezione “Per saperne di più” e non nella scheda principale.

L’operatore, sempre come azione di caring, ha comunque proceduto a rimborsare il cliente dei 29 euro contestati.

Altro caso particolare riguarda un cliente di rete fissa con TeleTu che avrebbe ricevuto informazioni non veritiere da parte di un operatore di un call center, che lo avrebbe convinto a passare a Vodafone poiché se l’utente non avesse effettuato questo passaggio, “avrebbe subito l’interruzione del servizio perché TeleTu non poteva più erogare il servizio”.

Vodafone ha affermato di aver bloccato, in via preliminare, la procedura di migrazione in seguito alla segnalazione dell’utente, il quale è effettivamente rimasto attivo con TeleTu senza costi aggiuntivi. Per quanto riguarda la condotta dell’operatore del call center, Vodafone dichiara di aver diffidato formalmente il partner, nonostante si sia trattata della condotta errata di un singolo dipendente e che il passaggio avrebbe comunque comportato un miglioramento tecnologico all’utente (passaggio da ADSL a Fibra).

AGCOM ha preso atto che Vodafone ha sanzionato il suo partner e che l’utente sia rimasto con il suo operatore di provenienza senza interruzione del servizio.

Dall’ascolto dei file audio, è emersa la condotta non conforme dell’operatore del call center, che ha dichiarato che la chiamata era stata effettuata “solamente per confermarLe che il servizio passa sotto completa copertura Vodafone”, e all’affermazione di non interesse da parte del cliente avrebbe insistito che non si trattasse di un’offerta commerciale, e che in ogni caso l’utente avrebbe dovuto cambiare gestore entro poche ore altrimenti sarebbe rimasto senza servizio telefonico.

Due utenti hanno lamentato la presenza di un costo per “deposito contrattuale” addebitato in seguito a un cambio tariffario di un rapporto già in essere con Vodafone Italia. Tale costo, secondo quanto dichiarato dai due utenti, non sarebbe stato evidenziato nel corso della descrizione dell’offerta.

Nello specifico, uno dei due clienti ha variato il suo piano tariffario presso un punto vendita Vodafone, certo di non incorrere in nessun costo di deposito cauzionale, che sarebbe previsto nel caso in cui si scelga come modalità di pagamento il bollettino di conto corrente postale. Tale costo, secondo l’utente mai menzionato nella descrizione dell’offerta, è stato poi inserito nella prima fattura da parte di Vodafone. L’azienda ha però ricordato che ciò è previsto dalle condizioni generali di contratto per tutti i contratti in abbonamento in cui viene selezionato il bollettino postale come metodo di pagamento.

La fatturazione sarebbe dunque regolare secondo Vodafone, soprattutto considerando che per l’attivazione di una SIM dati con domiciliazione bancaria nel 2011, l’utente aveva effettivamente versato il deposito cauzionale di 50 euro. Così facendo, il cliente avrebbe dimostrato di essere a conoscenza di tale voce di costo.

Tuttavia, il deposito addebitato all’utente era pari a 250 euro, dunque ben superiore alla cifra fissata. Vodafone aveva infatti conteggiato, per quello che è stato definito come un errore del sistema di fatturazione, anche i costi per la medesima causale previsti per l’attivazione di una vecchia SIM dati in abbonamento (risalente al Luglio del 2010) e per l’attivazione di una linea fissa con offerta Vodafone Internet e Telefono Senza Limiti Plus. Il sistema non avrebbe infatti rilevato tali modifiche a tempo debito, per poi computarle solamente in occasione della richiesta di variazione del piano tariffario, addebitandone il corrispettivo deposito cauzionale.

Successivamente, l’operatore ha comunque messo in atto nelle azioni di caring per ripristinare gratuitamente l’offerta sull’utenza mobile, disattivare la SIM in abbonamento ormai in disuso e stornare alcuni costi per recesso anticipato e per il traffico a consumo generato con il piano Vodafone 19.

Ma con riferimento alla consapevolezza dell’utente per via del deposito cauzionale già pagato in occasione della variazione di un vecchio piano tariffario, Vodafone non avrebbe provato quanto asserito e l’Autorità non può confermare che l’utente fosse al corrente dell’esistenza di quel costo.

Inoltre, affermando che un’anomalia del sistema ha portato a una fatturazione massiva dopo l’ultima variazione del piano tariffario, Vodafone ha implicitamente suggerito la possibilità che l’utente effettivamente non conoscesse tali costi e che questi siano stati appresi solo dopo la ricezione della fatturazione oggetto d’indagine.

Vodafone non avrebbe dunque “realizzato comportamenti conformi all’esecuzione degli oneri informativi non solo nell’ambito della fase precontrattuale collegata all’attivazione del servizio, ma anche in sede di esecuzione dei contratti”.

Il costo di 250 euro, infatti, non era stato accompagnato da una distinzione sugli importi che lo componevano.

Per quanto concerne le rimostranze del secondo utente, anche in questo caso è stato accertato che Vodafone ha variato un piano tariffario applicando un deposito cauzionale. L’utente ha lamentato che tale costo non sarebbe stato rappresentato nella descrizione dell’offerta. In questo caso, Vodafone ha ammesso che si è trattato di un errore del venditore e che l’omissione non è da riscontrare in una volontà della società di omettere l’informazione in questione. L’operatore, ammettendo la propria responsabilità, ha ricordato che i dettagli delle offerte sono descritti nelle Condizioni Generali di Contratto, consultabili e scaricabili dal sito ufficiale.

In questo caso, l’ascolto del Verbal Order ha potuto facilitare l’esame da parte dell’AGCOM. E in tal senso, è stato segnalato che l’addetto alla vendita non ha pronunciato le seguenti parole, alle quali il cliente avrebbe dovuto rispondere in maniera affermativa o negativa:

Per il pagamento le ricordiamo che ha scelto il bollettino postale e che troverà addebitato sul primo conto telefonico 50 euro come anticipo chiamate. Accetta queste condizioni?”

Un altro utente ha invece inoltrato una segnalazione all’Autorità in rappresentanza di un’azienda, affermando di aver aderito a un’offerta business denominata E.boxoffice+ presso un punto vendita, per attivare un servizio in fibra che riteneva essere caratterizzato da un costo mensile di 44,90, con fatturazione bimestrale per 89,80 euro. Le fatture però hanno superato l’importo ipotizzato dall’utente, raggiungendo i 140 euro circa e sfiorando, con la fattura di chiusura, i 600 euro.

In questo caso, Vodafone non è riuscita a reperire il contenuto dell’offerta in promozione presentata all’utente, in quanto il rapporto contrattuale con l’agenzia era cessato. Ma è stato allegato un prospetto informativo sull’offerta senza scontistica, ricordando ancora una volta che gli utenti hanno la possibilità di consultare i dettagli sulla pagina dedicata alla trasparenza tariffaria. Comunque, in questo caso, Vodafone ha emesso una nota di credito per l’intero importo insoluto, su richiesta del cliente.

Per l’AGCOM, però, l’argomentazione di Vodafone circa la presenza di un prospetto informativo “non rileva al fine della valutazione della condotta contestata. L’inserimento dei prospetti informativi sul sito web Vodafone dedicato alla Trasparenza Tariffaria è attività realizzata dall’operatore per eseguire le disposizioni previste dalla delibera n. 252/16/CONS”.

Diversa è invece la situazione segnalata da un altro cliente, il quale ha affermato che Vodafone ha imposto il pagamento di alcuni servizi usufruiti con addebito su conto corrente, sebbene fosse stato concordato di pagare con carta di credito prepagata.

Il caso in questione è particolarmente curioso: l’operatore ha emesso fatture in cui era indicato l’addebito su conto corrente con indicazione dell’IBAN come metodo di pagamento, ma l’utente afferma di non aver mai fornito tali informazioni. Tuttavia, l’attivazione è avvenuta via web, dunque per Vodafone risulta impossibile ritenere che l’utente possa aver concluso il contratto senza inserire i dati richiesti per il conto corrente o la carta di credito non prepagata.

L’offerta in questione era la Giga In&Out, che prevede l’acquisto proprio per mezzo dei dati che l’utente ritiene di non avere mai fornito. Ancora una volta, però, l’azienda ha stornato l’importo con un’azione di caring.

Ma per l’Autorità vi è un aspetto di particolare rilevanza: anche in questo caso non si evincerebbe la chiarezza dell’informazione sulla modalità di pagamento da utilizzare per corrispondere il costo di attivazione.

Tra le informazioni inserite, infatti, nella “Guida all’ordine”, non figura una chiara informativa sul fatto che l’acquisto della SIM può avvenire con carta di credito prepagata, mentre le ricariche successive necessitano di una carta non prepagata o conto corrente. Dunque, anche in questo caso, l’utente non avrebbe ricevuto informazioni chiare sulle modalità di pagamento da scegliere.

Per finire, l’ultimo utente ha segnalato la sua esperienza con l’offerta Iperfibra Vodafone. Il cliente in questione ha telefonato al numero verde 800966167, indicato sul sito web dell’operatore, per ricevere informazioni sull’offerta in questione. Successivamente, nella stessa giornata, è stato contattato e ha aderito all’offerta per mezzo del web ordering, con l’aiuto dell’operatore telefonico.

L’offerta descritta dall’addetto alla vendita prevedeva un canone di 30 euro ogni quattro settimane, “per sempre”, anche dopo i primi 12 rinnovi. Inoltre, era garantita una velocità fino a 200 Mega, la consegna di un modem Power e un indirizzo IP statico.

Ma come risultato, Vodafone ha proceduto all’attivazione di IperFibra family 100 con costo di 35 euro dopo i primi 12 mesi, modem di modello Revolution e indirizzo IP dinamico.

Per l’operatore, in questo caso, l’utente ha proceduto autonomamente alla sottoscrizione, e non tramite verbal order. L’utente, però, avrebbe compreso tale differenza solo dopo il primo contatto avuto con la società. Alla richiesta di poter accedere alla registrazione vocale del consenso, infatti, l’azienda affermava che il contratto intestato era stato concluso in autonomia tramite email.

Il dubbio, che Vodafone non è riuscita a chiarire per mancanza di documentazioni, è che l’utente non abbia effettivamente concluso la procedura in autonomia. E’ infatti possibile che un addetto alla vendita abbia guidato l’acquisto, influenzandolo di fatto, senza informare su tutti i dettagli. Per questa ragione, dunque, l’AGCOM ritiene che la società non abbia fornito tutte le informazioni necessarie in sede di contratto.

Analizzando macroscopicamente i singoli casi fin qui esaminati, l’Autorità è giunta alla conclusione che sussistano effettivamente dei presupposti per l’applicazione di una sanzione amministrativa, ai sensi dell’articolo 98, comma 18, del decreto legislativo del 1° Agosto 2003.

La condotta di Vodafone è stata infatti giudicata non conforme al quadro regolamentare di riferimento, con violazioni di media entità e media durata, bilanciate però da puntuali azioni di caring quali rimborsi, storni o offerte.

Per questa ragione, l’AGCOM ha diffidato la società ad intraprendere ulteriori attività in violazione con le disposizioni richiamate, ingiungendo di pagare 87.000 euro come sanzione amministrativa. L’operatore potrà impugnare l’atto davanti al TAR del Lazio entro sessanta giorni dalla sua notifica.

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