Chi immaginava che la decisione dello lo scorso 5 Aprile 2018 di rilevare una piccola quota societaria di Tim, da parte di Cassa Depositi e prestiti, rappresentasse un estemporaneo tentativo per stabilire un semplice avamposto dello Stato nel capitale della società, evidentemente non immaginava quello che sarebbe successo nel giro di un anno.
È notizia infatti della sera di giovedì 14 Febbraio 2019 che il Consiglio di Amministrazione della Cassa ha deliberato il rafforzamento della quota del 4,26% che attualmente possiede in Tim.
Secondo quanto ha fatto sapere in quelle ore IlSole24Ore la società controllata dalla mano pubblica tramite il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha fatto una scelta di lungo periodo, come si affermerebbe nella nota trasmessa dalla società:
“Tale investimento si pone in una logica di continuità con gli obiettivi strategici sottesi all’ingresso nel capitale di Tim deliberato dal consiglio di amministrazione lo scorso 5 aprile 2018, è coerente con la missione istituzionale di Cdp a supporto delle infrastrutture strategiche nazionali e vuole rappresentare un sostegno al percorso di sviluppo e di creazione di valore, avviato dalla società in un settore di primario interesse per il Paese”.
Nessun riferimento sembrerebbe essere stato fatto, almeno formalmente, ai possibili sviluppi che potrebbero caratterizzare la storia di Tim nei prossimi mesi. Si parla ovviamente di scenari a breve termine che ufficialmente CdP vuole ripudiare, ma che non sono estranei dal condizionare la società nel lungo periodo.
L’assemblea dei soci fissata per il 29 Marzo 2019, contiene all’ordine del giorno l’insidiosa votazione per la revoca dell’incarico a 5 componenti del Consiglio di Amministrazione appartenenti alla lista proposta dal secondo socio di maggioranza Elliott per il rinnovo dell’organo avvenuto solo poco più di nove mesi fa. L’atto di sfiducia, promosso dal socio di maggioranza Vivendi, chiamerà in causa anche Cassa Depositi e Prestiti, che incarna tra l’altro anche la strategia del potere pubblico per intervenire nel settore delle telecomunicazioni.
In effetti la creazione di Open Fiber, la società partecipata pariteticamente dalla Cassa e da Enel, e i suoi risultati, sono la dimostrazione dell’iniziativa del governo nel partecipare più direttamente agli investimenti nell’infrastruttura digitale. Quest’ultimo ha più volte manifestato la sua approvazione per il progetto di rete unica che eliminerebbe definitivamente qualsiasi duplicazione provocata dalla diversità delle logiche con cui Tim e Open Fiber operano, l’una più legata alla natura aziendale e l’altra più direttamente coinvolta nelle direttive delle istituzioni pubbliche.
Il binario costruito per affiancare quello imponente e lunghissimo di Tim potrebbe così ben presto intersecarlo. Il rafforzamento della partecipazione di CdP in Tim (di cui non è nota ancora l’entità) metterà ancora maggiormente in comune la storia e l’operato dell’ex monopolista e di Open Fiber. E questo avverrà a prescindere dal fatto che le due rotaie su cui queste due società fanno viaggiare il destino dell’innovazione digitale e tecnologica in Italia possano diventare un binario unico.
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