Wind Tre: il TAR annulla l’aumento del contributo imposto dal MISE per le frequenze di H3G

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Il TAR ha accolto il ricorso di Wind Tre per l’annullamento dell’aumento del contributo da pagare per le frequenze opzionate di H3G, imposto dal Ministero dello Sviluppo Economico. Si conclude così una  vicenda iniziata diversi anni fa.

In seguito alla fusione tra la società H3G e Wind Telecomunicazioni, Wind Tre è entrata nel mercato come operatore congiunto ed è stata costretta a una maggiorazione del 30% dell’importo del contributo annuo per l’utilizzo dei due blocchi di frequenze in banda 1800 MHz opzionata che erano stati assegnati in origine alla società H3G.

La rideterminazione prevedeva dunque un pagamento annuo pari a 22.514.453 euro, invece di 17.318.810 euro, con un incremento superiore ai 5 milioni di euro l’anno.

Il provvedimento era stato adottato dal MISE previo parere conforme da parte dell’AGCOM.

Per quanto concerne i blocchi da 1800 MHz, la sentenza del TAR pubblicata oggi, 11 Febbraio 2019, ricorda che secondo il principio dello spectrum parity emerso dalla delibera 541/08/CONS, l’Autorità poteva concedere all’operatore nuovo entrante (ovvero H3G) un’opzione per l’assegnazione di un quantum di frequenze fino a 10 MHz in  tale banda, a parità di condizioni con altri operatori esistenti ancora privi di quella banda.

Successivamente,  con la Manovra di Stabilità per il 2011, si è previsto che l’AGCOM avviasse le procedure per l’assegnazione dei diritti d’uso di frequenze LTE con l’utilizzo della banda a 800 MHz. A quell’epoca, 45 MHz della banda a 1800 MHz erano assegnati ai grandi gestori italiani, ovvero TIM, Wind e Vodafone, per uso esclusivo con tecnologia GSM e la durata dei diritti presentava scadenze comprese tra l’anno 2015 e l’anno 2018.

In occasione dell’asta LTE, essendo dunque rimasti disponibili 25 MHz per il piano di assegnazione a 1800 MHz, l’Autorità si era impegnata a disciplinare sia l’assegnazione della banda disponibile a 1800 MHz, che l’eventuale refarming.

Ma la banda 1800 MHz soggetta al refarming, ovvero al passaggio alla nuova tecnologia LTE, era soggetta alla corresponsione di un contributo annuale a partire dalla data in cui veniva effettuato il cambio di tecnologia. I contributi di durata, anche per la banda opzionata di H3G, sono stati fissati secondo un valore predeterminato corrispondente al valore minimo posto alla base delle aste LTE.

Tornando ad epoche più recenti, il Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2017, ha attribuito agli operatori in possesso di diritti d’uso delle frequenze della telefonia mobile in banda 900 MHz e 1800 MHz, in scadenza il 30 Giugno 2018, la facoltà di presentare istanza per l’autorizzazione al cambio di tecnologia e per la proroga dei diritti d’uso fino al 31 Dicembre 2029, con pagamento in un’unica soluzione dei contributi per il loro utilizzo, maggiorati del 30%.

E l’incremento ha riguardato anche il contributo di Wind Tre, subentrata a H3G, per l’uso delle frequenze in banda 1800 MHz. L’aumento è stato ritenuto praticabile per via delle disposizioni contenute nella legge di Bilancio 2017, portando la somma a carico di Wind Tre a incrementare di oltre 5 milioni di euro.

Ma l’operatore ha fatto ricorso al TAR per verificare l’assenza di una fonte legislativa a fondamento dell’operata maggiorazione del contributo per i diritti d’uso delle frequenze in banda opzionata, segnalando anche un’erronea interpretazione dell’articolo 1 della legge n. 232 del 2016 e un difetto nella determinazione del contributo maggiorato.

Il ricorso è stato accolto in quanto l’incremento non si sarebbe dovuto applicare anche alla banda opzionata. Il fulcro alla base della decisione del TAR è molto chiaro: le bande soggetto ad aumento, infatti, erano quelle attribuite dal 1° Luglio 2017, ma le bande opzionate di H3G vennero assegnate già nel 2012 e prevedevano scadenza 2029.

E, altro aspetto di grande rilevanza, le bande assegnate nel 2012 erano estranee a ogni problematica legata all’autorizzazione al mutamento di tecnologia, in quanto, in base alla delibera AGCOM, erano state autorizzate all’uso in neutraltà tecnologica, e dunque anche LTE.

L’aumento dunque non avrebbe alla base alcuna giustificazione economica o tecnologica, in quanto all’incremento economico cospicuo non corrisponde alcun beneficio che non sia già intrinsecamente presente nelle frequenze in mano a Wind Tre. E per questa ragione, il ricorso al TAR è stato accettato, nonostante la ferma opposizione di TIM e Vodafone.

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