La questione dell’avvio di un progetto comune sulla rete digitale di telefonia fissa potrebbe presto giungere alla sua fase decisoria. Ieri 5 Febbraio 2019 l’argomento è stato intavolato per la prima volta durante un incontro tra gli amministratori delegati di Tim, Luigi Gubitosi, e di Open Fiber, Elisabetta Ripa.
Secondo quanto pubblicato da IlSole24Ore.com il vertice svoltosi nella sede di Corso Italia a Roma tra i due manager potrebbe inaugurare una serie di incontri volti a valutare “possibili sinergie e collaborazioni” tra le due società. L’obiettivo del colloquio sarebbero quelli “di identificare i team che lavoreranno insieme e fissare un’agenda”.
L’approccio della collaborazione era stato pronosticato e auspicato da più parti. Da quando gli ultimi governi hanno guardato ad Open Fiber come soggetto alternativo per l’innovazione dell’infrastruttura digitale, è emerso la questione della razionalizzazione degli investimenti nel settore. Nell’interesse generale del Paese così il dibattito si è concentrato sulla necessità di evitare le possibili duplicazioni che sarebbero sorte dallo sviluppo di due programmi di investimento differenti da parte di Tim e Open Fiber.
All’ipotesi di una programmazione congiunta, o perlomeno di un dialogo comune tra le parti, ha probabilmente contribuito la volontà di intervenire sugli investimenti di Tim, che inevitabilmente agisce secondo gli obiettivi di mercato e che detiene un particolare potere di mercato nel settore dell’infrastruttura digitale (l’argomento è stato trattato nel dettaglio dalla trasmissione “Report” di Rai Tre nella puntata “Gli Sfibrati”).
Ad Aprile 2018 Tim aveva proposto un progetto di separazione volontaria del complesso degli assets dedicati all’infrastruttura di rete fissa per convogliarli in una società separata controllata al 100% da Tim stessa. Sebbene tale cambiamento darebbe più spazio ad un più facile controllo e a una maggiore sostenibilità, l’Agcom ha tuttavia constatato come tale possibilità non apporti cambiamenti significativi sul potere di mercato di Tim.
Se l’obiettivo è quindi una maggiore libertà ai mezzi di accesso alla rete che l’ex monopolista attualmente possiede, l’avvio di una collaborazione tra le due parti appare quanto meno d’obbligo.
Sarebbe legittimo tuttavia chiedersi di quali collaborazioni e le sinergie Gubitosi e Ripa abbiano discusso durante l’incontro. Prese alla lettera le due parole metterebbero il progetto di fusione della rete ad una certa distanza.
Non si può certo dire di aver avuto indicazioni chiare delle intenzioni di ciascuno nelle ultime settimane: il Governo auspica un progetto di fusione, ma ha ribadito l’importanza della decisione di Tim nella questione; ugualmente sembra di ascoltare dalle dichiarazioni pubbliche di Open Fiber; in Tim invece ci sono due grandi fronti discordanti, con il socio di maggioranza di Vivendi che considera la rete un asset strategico per la società e con Elliott che non condivide il progetto della Netco controllata al 100%.
Sulla questione si è pronunciato anche l’amministratore delegato di Enel Francesco Statace. La società si spartisce con Cassa Depositi e Prestiti il capitale di Open Fiber. Il numero uno di Enel ha esortato Tim a fare chiarezza al suo interno.
In effetti l’apertura del dialogo con Open Fiber ha bisogno di un indirizzo ben preciso che potrebbe in caso di fusione comportare anche il ritiro del progetto di separazione volontaria attualmente valutato dell’Agcom.
Il piano industriale che Luigi Gubitosi presenterà al resto del Consiglio di Amministrazione il 21 Febbraio 2019 dovrà necessariamente fare riferimento a quello che succederà alla rete di Tim nel futuro vicino. Il momento che Tim sta attraversando d’altra parte non preannuncia serenità. Le intenzioni sulla rete e il dialogo con Open Fiber non possono di certo prescindere dalla revoca dei consiglieri di amministrazione inserito all’ordine del giorno dell’assemblea dei soci del 29 Marzo 2019.
Il timore, manifestato pubblicamente anche dal numero uno di Enel, è che se Vivendi avesse la meglio in quella circostanza i piani e gli interlocutori potrebbero cambiare, così come Elliott ha dimostrato di fare negli ultimi mesi giungendo alla sfiducia dell’ex amministratore delegato Amos Genish.
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