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Open Fiber alla Camera: e se il futuro del 5G in Italia si costruisse su un’infrastruttura comune?

Anche Open Fiber ha preso parte all’Audizione sulla nuova rete 5G alla Commissione Trasporti della Camera, a cui hanno partecipato l’AD Elisabetta Ripa e il Presidente Franco Bassanini, oggi 29 Gennaio 2019.

Dopo una breve premessa in cui i rappresentati dell’operatore wholesale ricordano gli scopi di Open Fiber in Italia e i suoi obiettivi futuri, si inizia a riflettere sulla rete di nuova generazione e sulla sostenibilità economica del suo sviluppo nel territorio italiano.

Elisabetta Ripa, AD di Open Fiber

A riguardo, le parole di Franco Bassanini forniscono un nuovo spunto di riflessione. Nel ricordare i modelli di costruzione delle infrastrutture sia per il mercato fisso che per quello mobile, si fa notare che nel primo caso la concorrenza è latente, mentre per il mobile ogni operatore punta a costruire la sua rete, garantendo una grande competizione infrastrutturale.

Ma la rete di nuova generazione si baserà su un’infrastruttura nuova, ragion per cui la prassi potrebbe essere soggetta a importanti mutamenti. Entra adesso in gioco il tema caldo dei vincoli alle emissioni elettromagnetiche. In Italia, come noto, essi sono ben più bassi rispetto alla media europea, e anche nel corso delle altre audizioni alla Camera gli operatori hanno invitato a rivedere le norme a riguardo. Nel caso in cui non si dovesse puntare a un sensibile innalzamento di tali vincoli, il prezzo da pagare potrebbe essere uno sviluppo lento o inadeguato della nuova tecnologia.

Secondo Bassanini, dunque, nel momento in cui gli operatori decideranno di investire nella creazione delle nuove infrastrutture, si ritroveranno a moltiplicare il numero di torri, così da non superare il divieto imposto. Ma ciò costituirebbe un investimento senza dubbio gravoso, che andrebbe sommandosi ai grandi capitali posti sul tavolo del MISE per l’assegnazione delle frequenze, che ha raccolto oltre 6,5 miliardi di euro.

A questo punto della riflessione, Bassanini suggerisce dunque la possibilità che gli operatori decidano di non investire nella creazione della rete, preferendo invece appoggiarsi a un’infrastruttura preesistente costruita da Open Fiber e venduta con le medesime meccaniche wholesale della rete FTTH. Secondo i rappresentanti dell’azienda, ciò potrebbe convenire agli operatori sia per garantirsi un’efficienza in termini di costi, ma anche per sfruttare le forti sinergie che deriverebbero da una rete sia FTTH che 5G.

La domanda più importante che emerge dall’incontro di oggi, 29 Gennaio 2019, è dunque la seguente:  “Il futuro del 5G passa ancora attraverso un modello di competizione infrastrutturale o evolverà verso un’infrastruttura comune?”

E secondo Bassanini, la seconda ipotesi sarebbe la più intelligente per gli operatori italiani, che si affiderebbero a un soggetto “puramente infrastrutturale” e soprattutto in grado di avviare investimenti di lungo termine, fattore garantito dal profilo dell’azionariato.

Open Fiber 5G rete
Franco Bassanini, Presidente di Open Fiber

Terminata la riflessione del Presidente, si apre la fase dedicata alle domande e alle risposte. In primo luogo, con riferimento al piano industriale di Open Fiber, Elisabetta Ripa sottolinea che l’azienda poggia sul ritardo importante e per certi versi drammatico di cui l’Italia è protagonista, sia nella digitalizzazione che nell’effettiva diffusione e penetrazione delle infrastrutture. Stando ai dati riportati dall’AD, l’Italia è l’unico dei grandi Paesi europei in cui non vi è competizione nella fibra. Il risultato è una velocità media molto più ridotta, pari a circa 9 Mbps, contro i 15 degli altri paesi. La prima conseguenza di tale contesto competitivo viene enunciata senza mezzi termini: “gli italiani vanno più lenti del resto degli europei”.

In seguito, Elisabetta Ripa ricorda i recenti risultati raggiunti da Open Fiber, ribadendo che nel 2019 verranno aperti altri 2000 cantieri. Alla base dell’attività dell’operatore wholesale vi è chiaramente una forte collaborazione con tutte le entità locali che devono autorizzare le opere in tempi bravi. Risulta dunque fondamentale la collaborazione con i comuni e con le regioni.

In tal senso, però, l’eterogenea velocità di risposta può determinare alcuni rallentamenti nei lavori.

Sul quesito relativo alla rete unica, Elisabetta Ripa sottolinea come l’obiettivo chiaro da tenere sempre a mente sia quello di sviluppare la banda larga senza duplicare gli investimenti. Tuttavia, se ciò è indubbiamente vero, stando a quanto affermato dai rappresentanti dell’azienda è altrettanto innegabile che “il solo operatore che sta realizzando una rete significativa in fibra è Open Fiber”. 

In altri termini, Elisabetta Ripa reputa tale rischio, un rischio “prospettico“, sulla base del fatto che attualmente Open Fiber non si trova a competere con nessun operatore, in particolare nelle aree C e D, che costituiscono il 40% circa del territorio italiano.

Tuttavia, superata questa considerazione, viene sottolineato che delle forme di collaborazione potrebbero certamente accelerare lo sviluppo. Ma riguardo alla fattibilità del progetto, Ripa ricorda che si tratta di una scelta societaria alla quale lei non può che essere estranea.

Per finire, come prevedibile, viene posta anche una domanda sulla sicurezza dell’infrastruttura di Open Fiber, alludendo indirettamente anche al caso Huawei. La risposta è chiara e concisa: l’infrastruttura di Open Fiber è di tipo passivo. Ciò significa che gli obblighi giuridici ricadono sui clienti, ovvero sugli operatori che la utilizzano per vendere i propri servizi.

Nonostante ciò, come la maggior parte delle aziende del settore, Open Fiber ha da sempre attuato una politica di diversificazione dei fornitori, in ogni ambito d’azione. Per esempio, per la rete di trasporto si fa affidamento a Huawei, ma anche a Cisco, mentre per l’accesso ci si appoggia alle tecnologie di ZTE e di Nokia. Ma Elisabetta Ripa non può negare l’importanza della tecnologia cinese all’interno dei sistemi di costi delle aziende di telecomunicazioni.

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